
IL POPOLO
Fondato nel 1923 da Giuseppe Donati

Molti convengono che prima delle alleanze bisognerebbe discutere di programmi. Ho tentato di offrire alcune idee di programma, per la verità senza trovare, almeno sin qui, interlocutori disponibili. Alla fine, in quasi tutti, sembra prevalere il tema delle alleanze. Un tema scivoloso per il quale. all’interno della nostra area di ispirazione cattolico democratica e cristiano sociale, sopravvive la distinzione tra neocon e neodem che caratterizzò la stagione di egemonia ruiniana nella Chiesa italiana, elemento divisivo sul piano politico. Pienamente legittimati nella nostra iniziativa di partito si dovranno, quindi, mettere in campo una serie di azioni programmatiche e organizzative che mi propongo di presentare alla riunione della direzione nazionale del partito annunciata per il prossimo 23 luglio p.v.
Sorprende qualche commento alla sentenza del Tribunale di Roma sulla causa intentata da Cerenza e De Simone circa la validità dell'Assemblea che ha riattivato, per iniziativa di alcuni soci, il partito della Democrazia Cristiana, proprio quello fondato da Degasperi e altri nel 1943. La sentenza di questi giorni ha chiarito chi sia davvero il soggetto politico Democrazia Cristiana, riconoscendo la legittimità dell'Assemblea dei soci della DC. Ed è già un grosso successo rispetto a chi usa impropriamente la denominazione di Democrazia Cristiana.
Si è aperta la stagione dei convegni e degli incontri politici estivi, tanto più interessanti alla vigilia delle elezioni sempre più vicine. Si incontrano le correnti del PD, come quella del ministro Franceschini a Cortona e si annunciano incontri, in presenza fisica o virtuale via web, all’interno e tra i partiti, movimenti e associazioni delle diverse aree politiche. Azioni che, partendo dai territori, tentano di coinvolgere il maggior numero di adesioni di movimenti, gruppi, associazioni, in preparazione di un’assemblea costituente per la ricomposizione politica dei DC e Popolari, assolutamente indispensabile qualunque possa essere, alla fine, la legge elettorale con cui si voterà nel 2023, anche per scegliere una rinnovata classe dirigente coerente con la nostra migliore tradizione.
Chiusi i ballottaggi del 26 giugno. E’ vero, sono elezioni amministrative e non politiche, giustissimo; vince la persona in ogni caso rispetto a partiti, idee politiche, meno voli pindarici e più concretezza. Ma le elezioni del 2022 hanno inviato alcuni segnali che già in modo molto acuto e sensibile ha anticipato l’amico Ettore Bonalberti, ma anche amici del comitato civico popolare veneziano.
La sconfitta del centro destra è politica non numerica. Per i sostenitori di una cultura democristiana si impone una riflessione. Si è di fronte a un così grave risultato amministrativo che non può essere imputabile solo alla calura estiva, ma alla imposizione di candidati che vengono rifiutati al secondo turno perché non offrono garanzie a vasti strati di elettorato con un dissenso che si manifesta in un rifiuto della partecipazione al voto.
Continuare a rinviare, alle calende greche, il Congresso, ci costringe a fluttuare in un limbo senza via d’uscita. Forse è l’effetto inebriante dell’epopea siciliana, che però sconta già un non ben valutato effetto “alone” indotto dai virulenti attacchi mediatici a Cuffaro e per conseguenza al partito. Serve pertanto senza indugio un Consiglio nazionale che deliberi prima possibile la convocazione del Congresso nazionale. In questo quadro, senza questi ingredienti, saremo destinati a non esistere.
La ranocchia aveva una “visione del mondo”, il suo mondo, ma era ovviamente circoscritta a quel piccolo pozzo. Se fosse prevalsa la visione della kupamandika, senza i necessari scambi interculturali, avremmo avuto una diversa e assai più limitata storia scientifica, economica e culturale dell’umanità. Ecco, cerchiamo di guardare al di là dei nostri confini, non per perdere i nostri connotati storici di democratici cristiani, ma per aprirci alle novità e a ciò che la concreta realtà politica effettuale ci offre. Dalla relazione di Grassi, approvata all’unanimità, ripartiamo con l’entusiasmo e la determinazione dimostrata dal 2012 a oggi. Sì, cari amici: tirem innanz, come sempre da Liberi e Forti.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il punto di vista di “Noi di Centro” oppure “Punto al Centro” che, partendo dalla scissione del M5S insegna qualcosa. La domanda sorge spontanea: dove si collocheranno i dimaiani. Ma fra i lettiani e i contiani c’è ancora posto? E dove si metteranno fra i vari renziani, calendiani, totiani, tabacciani e forse i casiniani? Una chiosa finale: un augurio, un pericolo, un lancio spot maldestro… E se anche Berlusconi e molti dei suoi, fedelissimi e fedelissime, dicesse si al centro e non al centro destra….il neo gruppo “Insieme per il futuro” che farebbe? Resterebbe nel campetto o campo largo di sinistra con i vecchi compagni del M5S? Una ipotesi anche questa. Ma è tutta una altra storia…
Una breve analisi che intende mettere in particolare significanza una certa realtà del partito, affinché il dibattito che si svilupperà, a partire da questi giorni negli organi nazionali e nei precongressi, ci indirizzi a trovare nel migliore dei modi quel percorso virtuoso che ci consenta di offrire, in questo momento così importante per la vita democratica e il futuro del paese, all’Italia e all’Europa le soluzioni migliori per il raggiungimento degli obiettivi di Pace e di rispettosa convivenza tra i popoli. Sono comunque grato a tutti gli amici del partito. Senza quel contributo di idee, anche se alcune, talvolta, non trovano la mia condivisione, non si produrrebbe quella necessaria riflessione, ineludibile, in confronto alla sfida che, coraggiosamente, stiamo affrontando.
C’è da mesi un continuo refrain che sta impegnando due esimi esponenti di quella che fu la corrente di Donat Cattin: Giorgio Merlo e Ettore Bonalberti. Il loro teorema volto ad accentuare il mai sopito progetto di ricomposizione della diaspora democristiana, si pone nell’ottica di un unico obiettivo, ossia. formare una nuova entità politica di centro capace di bilanciare l’attuale polarizzazione del sistema politico attuale imperniato attorno alle due coalizioni di destra e di sinistra egemonizzate sempre più da metodi e contenuti che oscillano tra populismo e demagogie.