
IL POPOLO
Fondato nel 1923 da Giuseppe Donati

Le due uniche persone verso cui Luchino Visconti provò una vera e illimitata ammirazione – ha osservato Massimo Fini – sono la madre, idolo di gioventù, e Proust, amore di tutta una vita. Ma non ci sono solo la madre, Puccini e Proust tra i casti amori del regista. Ecco, infatti, un’intera regione: la Lombardia. “La mia aria lombarda – dichiarava infatti Visconti nel 1973, dopo la trombosi che l’aveva colpito l’anno prima – ha agevolato la ripresa del fisico in modo molto più rapido di un ritmo normale. E la permanenza a Cernobbio ha confermato quel che rappresenta, per me, la Lombardia per la vita fisica, al di là del grande apporto che Milano e la mia terra hanno offerto alla mia formazione spirituale, alla mia esistenza, al mio lavoro”.
Tutti siamo figli di una famiglia! Il volume è una riflessione a 360 gradi sul concetto di famiglia. Nella mi esperienza anche di psicoterapeuta spesso mi son sentito dire: “A noi (padre e madre) non ha insegnato nessuno a fare i genitori”! E fare i genitori oggi non è cosa facile. La famiglia è un’entità fondamentale nella struttura sociale, che agisce come nucleo primario per la trasmissione di valori e norme che guidano la convivenza umana. Il suo scopo essenziale è quello di fornire un ambiente sicuro e accogliente per tutti i suoi membri. Il volume può essere richiesto a www.gambinieditore.it, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Quando si diventa anziani, non si sta più attenti a certi dettagli. Pensavo di scrivere ad Alberto Faustini e invece dovevo rispondere ad Alberto… Folgheraiter. Pensavo di leggere Mimmo Franzinelli e invece avevo preso in biblioteca un libro di Antonio Scurati, che di lì a pochi giorni sarebbe diventato ancora più famoso di prima (per la vicenda, va da sé, di TeleMeloni). l suo libro, ora frettolosamente ristampato, s’intitola “Fascismo e populismo. Mussolini oggi” e si propone di raccontare la Storia, quella con la esse maiuscola, e di “raccontare il fascismo attraverso i fascisti – lo dico per i più giovani”. In effetti Scurati è perennemente alla ricerca di “nuove forme di narrazione democratica”, qualsiasi cosa questo significhi.
“Retrospettive”, il periodico culturale della Valle dei Laghi diretto dall’amico Mariano Bosetti, ricercatore storico e giornalista, ha dedicato il primo numero del 2024 ad alcune “figure dei nostri paesi più o meno note, che nel corso del tempo si sono dimenticate o quanto meno sono rimaste sconosciute alle giovani generazioni”.
Gli Archivi del Vittoriale ospitano – con riferimento al Pozzi, sansepolcrista e legionario fiumano - una lettera autografa di d’Annunzio ad Antonietta Treves. La missiva, sempre su carta recante il motto “Io ho quel che ho donato”. Il poeta aveva letto per la prima volta il motto inciso sulla pietra del camino di una casa nobiliare. In realtà il motto è la traduzione del verso di Rabirio “Hoc habeo quodcumque dedi”, ripreso da Seneca nel De beneficiis (VI, 3, 1) e diffuso nel XV secolo, spesso abbinato alla cornucopia quale simbolo di abbondanza.
“È una storia scomoda e controversa, che ancora divide” ha detto Federica Fanizza, già direttrice della biblioteca civica di Riva del Garda, presentando ad Arco i libri scritti da Edda Negri Mussolini sulla sua famiglia. Edda è figlia di Anna Maria, l’ultimogenita del Duce, ma il suo nome personale richiama quello della primogenita ed è – ha osservato ancora la Fanizza – forse più difficile da portare dello stesso cognome. Per quanto, pure quello! Quando si scoprì che Anna Maria era la figlia di Mussolini, fu licenziata in tronco. E lei, Edda, ha più paura adesso ad andare in giro che negli anni di piombo.
Intitolata a Federico Talami, autore di una puntigliosa cronaca amministrativa, la biblioteca civica di Abano Terme offre una conferenza di Mario Mancusi sugli affreschi di Villa Bugia e una riflessione a più voci su Giuseppe Ungaretti, “il nomade e l’eterno”, oltre ad un ciclo di film dedicati a Lauren Bacall. Ha curato però, in questi giorni, anche una breve ma partecipata presentazione del saggio di Francesco Jori su Marco Polo, sottotitolato “La vita è viaggio”. Pagine che ricostruiscono il percorso umano di Marco e propongono il ritratto di due delle maggiori potenze economiche dell’epoca. Francesco Jori ha presentato il messaggio di Marco Polo, “uomo non solo del suo tempo ma trasversale”, come l’incontro di due diversità. Quanto a Pietro d’Abano, esponente dell’umanesmo padovano qui ricordato con un istituto scolastico a lui dedicato e un monumento nel passeggio termale, egli parla del suo incontro con Marco veneziano avvenuto nel 1330.
Eccellente ed intensamente compianto” lo definisce Claudio Trezzani. “Barbadillo”, che si propone come laboratorio di idee nel mare del web, ricorda che Karl Evver (1964) è morto giovane e proprio nel giorno dell’anniversario della vittoria italiana nella Grande guerra, alla quale lui, che si diceva svizzero di origine, aveva dedicato un’opera d’arte: i suoi lavori, infatti, figurano nel catalogo di Saatchi. Ma Karl era anche fotografo, con scatti che vennero esposti all’Università Bocconi. L’anima, dunque, ora si è separata dal suo corpo, “questo vecchio e sciocco amico – scriveva Karl – con cui/in cui abito da così tanto tempo”. "C’era qualcosa in lui - rileva Elena Pontiggia - che amava nascondersi, a cominciare da quel Karl Evver che era un nome d’arte. Dietro la fisionomia tedesca si celava un’origine italianissima, anzi emiliano-lombarda: era nato a Piacenza nel 1964, sua madre era bergamasca e suo padre di Voghera”.
L’amico Francesco Zuin, bibliotecario in Abano, ci aiuta a ripercorrere la ricca bibliografia del compianto Luigi Urettini, che fu lungo esempio di serietà e passione di ricerca a noi tutti (come il canonico Bellicini lo fu di bontà e semplicità per d’Annunzio). Lo studioso trevigiano, scomparso nel’agosto del 2020, si occupò dunque del giovane Comisso e delle sue lettere a casa (1914-1920): ne scrisse per Francisci nel 1985 con prefazione di Silvio Guarnieri. Il volume, edito in occasione del 40° anniversario della morte di Comisso, raccoglie una decina di saggi apparsi in riviste di storia locale – come “Venetica” e “Terra d’Este” – o in atti di convegni. “Se non già una biografia – osserva Isnenghi – , si possono considerare materiali utili e passaggi necessari per una ricostruzione a tutto tondo”.
La pasta al pomodoro di Saba, i cannelloni del Vate, gli spaghetti freudiani di Luca Goldoni. Quel che più splende nella memoria dello scrittore Umberto Saba, ormai anziano, è un piatto di pasta al pomodoro che gli venne servita da Rocco Pesce. Si trattava di una minestra sontuosamente condita che al giovane triestino, che allora aveva appena vent’anni, apparve come una purpurea meraviglia. “Quel piatto – ancora vivamente ricorda – sembrava una bandiera trionfale”. Era semplicemente preparato all’uso meridionale ma il candido Umberto, rapito, pensò addirittura che fosse una nuova invenzione (l’ennesima) dell’Imaginifico: il Bianco immacolato signore di cui fu ospite nella memorabile settimana dannunziana della sua giovanezza.