Un pio comitato napoletano ne sollecitava l’intervento contro il “confusionismo attuale creato da certi giornali”. Così don Alessandro Cavallanti, direttore dell’Unità Cattolica, nel 1911 prese carta e penna contro Antonio Fogazzaro, scrittore – citava – di cui “si fanno bandiera certi cattolici dalla coscienza prismatica”, rilevando che tutti i suoi romanzi (in cui spesso c’è “l’uomo che vuol fare il riformatore religioso”) sono pericolosissimi, specie per la gioventù. Non si salva nemmeno Piccolo mondo antico, che pure “è forse il romanzo più discretamente riuscito fra i tanti del Fogazzaro”. Naturalmente non si salva Il Santo, di cui scrisse (mettendone in guardia) il padre gesuita Cerasoli, mentre per il Berico esso è un miscuglio di rosminianesimo, americanismo, scuola larga e murrismo. Del resto, il senatore vicentino era un discepolo entusiasta di Rosmini, “per le sue origini di famiglia – tiene a precisare don Cavallanti – e non certo per profondi studi”. 

In questa battaglia culturale il direttore dell’Unità Cattolica non era affatto solo. Già il padovano Giuseppe Sacchetti, nel 1906, rilevava come “l’odio di Fogazzaro contro il clericalismo [fosse] antico e profondo”, dove il termine “clericalismo” veniva allora – a differenza di oggi – inteso positivamente. E da papa Pio X giungeva l’invito (1910), rivolto a “quanti non si chiamano invano cattolici”, a combattere vigorosamente la letteratura modernistica.

Questa aveva un proprio centro propulsivo a Milano, dove, “in un certo palazzo di piazza San Sepolcro si tenevano – assicura Cavallanti – adunanze modernistiche colla partecipazione non solo di laici blasonati ma anche di preti, di frati e di… signorine”. Pochi anni più tardi, in quella stessa piazza milanese si sarebbe tenuta una più celebre adunanza: quella dei Fasci di combattimento, istituiti da Benito Mussolini con lo scopo di “porre in valore la vittoria italiana e propugnare gli ideali nazionali”. 

Ruggero Morghen