Una vera perla dell’Enciclica è il capitolo V, “La migliore politica” (154-197), quella posta al servizio del vero bene comune (cfr 154), che dovrebbe essere oggetto di attento studio da parte della nostra classe politica e di chi si interessa del bene comune e del governo della cosa pubblica. Una delle forme di carità più, preziose perché è al servizio del bene comune e conosce l'importanza delle persone, intesa come categoria aperta, disponibile al confronto e al dialogo.

Questo è, in un certo senso, il popolarismo indicato da Papa Francesco, che si contrappone a quel "populismo" che ignora la legittimità della nozione di "popolo", attirando consensi per sfruttarla al proprio servizio e favorendo l'egoismo per accrescerne la popolarità. Il Pontefice offre una profonda analisi del concetto di popolo, molto al di là della semplice somma di individui, ma una realtà veramente dinamica, fatto di legami sociali e culturali da svilupparsi con processi lenti e difficili in un progetto comune (158).

Ma la politica migliore è anche quella che tutela il lavoro, "dimensione inalienabile della vita sociale" e cerca di far sì che ognuno abbia la possibilità di sviluppare le proprie capacità. Il miglior aiuto per un povero, secondo il Papa, non è solo il denaro, che è un rimedio temporaneo, ma il fatto di permettergli di vivere una vita dignitosa attraverso il lavoro. La vera strategia per combattere la povertà non mira semplicemente a contenere o rendere innocui gli indigenti, ma a promuoverli dal punto di vista della solidarietà e della sussidiarietà.

È anche compito della politica trovare una soluzione a tutto ciò che viola i diritti umani fondamentali, come l'esclusione sociale; il traffico di organi, tessuti, armi e droga; sfruttamento sessuale; lavoro schiavo; terrorismo e criminalità organizzata. Forte è l'appello del Papa ad eliminare definitivamente la tratta, la "vergogna per l'umanità" e la fame, che è "criminale" perché il cibo è "un diritto inalienabile".

Due immagini sono presenti nel testo la locanda ed il ponte. La locanda del samaritano (165) infatti è paragonabile al servizio che la politica presenta alla carità del singolo samaritano. Come dirci che la carità quando è ben orientata e vissuta in pienezza, necessariamente ha bisogno di una locanda. Cioè di strutture giuridiche e sociali e politiche tali da rendere stabile l’operato caritativo e curativo, interpersonale per renderlo fecondo e attivo. Una locanda amata e efficace, viva e concreta! In un amore che integra e raduna (190). Una locanda che soprattutto il mondo giuridico può e deve costruire.  

 

C’è poi un’altra immagine, efficacissima, utilizzata per spiegare la necessità e bellezza della politica è quella del ponte, che il papa ci offre al numero 186, quando scrive: “È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica.

Sia il populismo, inteso come “strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere” (159), sia il liberalismo, che vede il popolo come “mera somma di interessi che coesistono” (163), distruggono la verità del popolo. Ciò che tiene insieme le diverse realtà, evitando polarizzazioni pericolose, è la carità, con la capacità di includere ogni cosa nella sua dedizione, rafforzando l’incontro fra le persone. La carità implica un cammino di trasformazione della storia che incorpora tutto: istituzioni, diritto, tecnica, esperienza, apporti professionali, analisi scientifica, procedimenti amministrativi.

L’amore verso il prossimo è infatti realista. Quindi, è necessario far crescere sia la spiritualità della fraternità sia l’organizzazione più efficiente, per risolvere i problemi: le due cose non si oppongono affatto. E questo senza immaginare che ci sia una ricetta economica che possa essere applicata ugualmente per tutti: anche la scienza più rigorosa può proporre percorsi e soluzioni differenti (cfr. 164-165).

Papa Francesco si sofferma sulle istituzioni internazionali, oggi indebolite, soprattutto perché la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica. Tra queste l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che va riformata per evitare che sia delegittimata e perché «possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di nazioni» (173). Essa ha come compito la promozione della sovranità del diritto, perché la giustizia è «requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale» (ivi).

In una linea di evidente continuità anche con il magistero di Benedetto XVI (Caritas in veritate, 67), il Santo Padre Francesco invita ad una profonda riforma delle Nazioni Unite, per superare il monopolio del potere in mano a pochi, dando a questa istituzione una identità di vera famiglia delle Nazioni, dove attraverso il principio del rispetto degli impegni presi (pacta sunt servanda), si possa vincere la tentazione di servirsi del diritto della forza, anzichè della forza del diritto per costruire la vera pace (174).

 

Papa Francesco si sofferma quindi lungamente sulla politica. Più volte il Pontefice si è lamentato di quanto essa sia sottomessa all’economia, e questa al paradigma efficientista della tecnocrazia. Al contrario, è la politica che deve avere una visione ampia in modo che l’economia sia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune (cfr 177; 17).

In sintesi quali sono per Papa Francesco le caratteristiche fondamentali di questa “miglior politica”? Essa si sostiene su tre princìpi grandi e insostituibili:

  1. Deve essere a servizio del vero bene comune (154)
  2. Deve riconoscere ogni essere umano come fratello o sorella
  3. Deve cercare una amicizia sociale che integri tutti (180)

Recuperando un concetto dell’insegnamento di Pio XI, Papa Francesco sostiene che la “carità politica” dovrebbe animare ogni attività volta al bene comune, cosi da offrire uno sguardo ampio sulla realtà e sui veri bisogni delle persone (cfr. 186-192), aiutando gli stessi politici ad interrogarsi sull’efficacia del loro servizio, al di là di ogni apparenza e “maquillage mediatico” (197).

Si tratta di quello che il Santo Padre Francesco chiama amore sociale (cfr. 186).

Questa carità politica presuppone la maturazione di un senso sociale in virtù del quale «ognuno è pienamente persona quando appartiene a un popolo, e al tempo stesso non c’è vero popolo senza rispetto per il volto di ogni persona» (182). Insomma: popolo e persona sono termini correlativi.

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