IL POPOLO

Politica



In Italia il nome del Partito popolare è associato indissolubilmente al nome di don Luigi Sturzo. Non si potrebbe infatti concepire tutto il decorso del popolarismo – rileva Gabriele De Rosa, “studioso oggi dimenticato erroneamente” (lamenta Claudio Siniscalchi, che con lui si laureò) – senza riferirsi alla figura dominante del prete di Caltagirone, alla sua azione e al suo pensiero politico. De Rosa lo ribadisce nel testo pubblicato nell’Universale Laterza, che conserva criteri e caratteristiche della prima edizione del suo “Partito popolare italiano”.
Mi vengono continuamente poste delle domande di amici sulla situazione politica economica e istituzionale del Paese. Si cercano chiarimenti alle convulsioni di un presente in cui percorsi, decisioni, comportamenti sono scarsamente illuminati da razionalità. Non ho risposte da dare. Vivo anche io la crisi dell’oggi. Allora non c’è spiegazione? No, alcune riflessioni si possono e si debbono fare se si ha la volontà di non fermarsi alla superficie degli accadimenti. La causa è quella più volte indicata nella crisi della politica, nel ribaltamento dei presidi costituzionali che hanno consentito alla nostra democrazia di rafforzarsi al servizio dello sviluppo.
L’elemento che con più decisione da il colore all'identità politica della Democrazia cristiana (Dc) sta proprio nella seconda metà del suo nome. Già i suoi fondatori si posero il problema di qualificare la cristianità del modello democratico che intendevano promuovere; un partito a-confessionale è ciò che vollero costruire già dalle prime riunioni clandestine tra il ‘43 e il ‘44, quando la guerra tra alleati da una parte e nazisiti e fascisti dall’altra ancora devastava il nostro Paese.
La riforma delle separazione delle carriere dei magistrati, il cui iter si è concluso l’altro giorno, ha interessato solo gli addetti ai lavori e una schiera di commentatori che hanno narrato senza approfondire. Il tema della giustizia non riguarda solo magistrati,governo e pezzi di movimenti,ma soprattutto i cittadini. Questa riforma non scioglie i nodi della lungaggine dei processi, di una giustizia denegata,ma opera a separare le carriere fra magistrati inquirenti e giudicanti.
Il governo Meloni è, dunque, giunto al terzo anno, diventando il terzo più longevo della storia repubblicana. Si sprecano gli elogi dai sostenitori della destra, mentre continua l’affannosa ricerca di unità del “campo largo”, che, anche oggi, si dividerà sulle mozioni in discussione per la guerra russo-ucraina. Credo che il modo più serio per una corretta valutazione sui risultati del governo sia partire dalla verifica dei dati della realtà effettuale, al di là dei giudizi propagandistici e ideologici della destra o della sinistra.
Le ultime tornate elettorali di due regioni, Calabria e Toscana, hanno confermato la crisi della politica. C’è una ripulsa di gran parte di elettori che diserta le urne. La fiducia verso le istituzioni di democrazia rappresentativa va attenuandosi inesorabilmente. Un processo di rifiuto di molti che considerano inutile votare nel momento in cui non ci sono più le garanzie per il coinvolgimento dei cittadini previste dalla Costituzione. Mi riferisco non solo ai Partiti ma alle multiforme associazioni espressioni di interessi. La partecipazione, i confronti e le elaborazioni delle idee non ci sono più.
Convinto della necessità di concorrere a costruire il centro nuovo della politica italiana, alternativo alla destra nazionalista e sovranista e alla sinistra senza identità, seguo con interesse il tentativo dell’On Giorgio Merlo, con il suo movimento-partito “ Scelta cristiano popolare”, di un’alleanza con Forza Italia. Interesse da me evidenziato con l’articolo di alcuni giorni fa: Con Forza Italia nel PPE (https://www.ilpopolo.cloud/politica/1892-con-forza-italia-nel-ppe.html), sottolineando la comune appartenenza alla storia e ai valori del Partito Popolare Europeo. Sino ad oggi, per la verità, non giungono segnali di interesse dal partito guidato dal ministro Taiani, che sembra ben fermo nella sua chiusa autoreferenzialità e nel ruolo ancillare della destra leghista-meloniana.
Pronunciare il nome del partito che, ininterrottamente per 50 anni, ha costituito la colonna portante della politica italiana suscita oggi emozioni variopinte: dalla diffidenza all'ammirazione, dall’astio alla nostalgia. Eppure il sondaggio svolto dal gruppo DemoS - Democrazia solidale nel 2024 fa emergere il dato incontrovertibile che quasi il 40% degli elettori italiani - fetta non trascurabile - accoglierebbe con favore una formazione politica cattolica dall'identità ben definita e determinata.
La realtà effettuale impone una seria riflessione sulle prospettive politiche possibili per un’area politica di ispirazione democratico cristiana e popolare, che intenda tornare all’impegno politico organizzativo con possibilità di espressione sul piano istituzionale ai diversi livelli, da quelli locali a quello nazionale. Fatto salva l’esigenza di una nostra ricomposizione politica e la condivisione di un programma politico ispirato ai valori della dottrina sociale cristiana e alla fedeltà ai principi costituzionali, a partire da quelli indicati dagli articoli 1,3 e 53, accanto a quelli degli articoli 49 e 54, un centro nuovo della politica italiana può nascere dalla confluenza delle diverse realtà che, a vario titolo, si riconoscono nel Partito Popolare Europeo
Con le elezioni regionali nellle Marche si è aperta la lunghissima stagione elettorale che si concluderà con le politiche del 2026. Vince il Centro destra, ma arretra sempre di più la politica. Assistiamo a un bipolarismo povero fra apparati senza emozioni in gara in un alternanza solo di potere, dove i leader hanno forza attrattiva con un volgo sempre più anonimo, privato degli strumenti per interloquire e partecipare. Quel centro moderato pensoso equilibrato in cui la ragione resiste agli estremismi incolti e pericolosi non c’è.