IL POPOLO

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La bolla della sua elezione a vescovo di Trento porta la data del 12 febbraio 1963 ed è vergata da Papa Giovanni. “Spero solo di aver ricambiato almeno in parte tutto il bene che mi ha voluto”. Così diceva monsignor Alessandro Maria Gottardi, arcivescovo emerito di Trento, a Piergiorgio Franceschini che lo intervistava per “Vita Trentina” alla vigilia della beatificazione del Papa buono. Vincendo la riservatezza di un vincolo personale forte, anzi indelebile (così lo definiva l’intervistatore), il presule ormai 88enne rievocava il primo incontro con Roncalli nel 1953 a Venezia e “la gioia di avere un Patriarca allegro, paterno e buono”.
La recentissima “Dilexi te” di Leone XIV non è un’enciclica sociale ma un’esortazione apostolica, ossia – come chiarisce lo storico Roberto de Mattei – “un documento pastorale, che non definisce dei principi, ma esorta a un comportamento”. In essa non poteva certo mancare il manifesto programmatico del nuovo pontefice: quella dottrina sociale della Chiesa che ha condizionato la scelta stessa del suo nome pontificale (lo nota Nico Spuntoni parlando però, non senza malizia, di “ultimo documento di Francesco”).
Con la cerimonia solenne e grandiosa dell'11 ottobre 1962 si è aperto uno dei più importanti avvenimenti del secolo scorso presso il sepolcro del Beato Pietro nel giorno in cui — allora — il calendario faceva memoria della divina maternità di Maria. Si inaugurò dopo tre anni di preparazione e di preghiera. Infatti il 17 maggio 1959, festa di Pentecoste, venne costituita dal Papa Giovanni XXIII la Commissione ante-preparatoria, presieduta dal cardinale Domenico Tardini, Segretario di Stato.
Santo o no, - scrive Lia - “credo che lui sia già e resti egualmente un testimone di come si può vivere in modo esemplare la vita politica”. Due parole che usava spesso rappresentano bene la sua religiosità: “Provvidenza” e “Signore”. Egli invitava a sperare efficacemente, sulla scia del cieco di Bethsaida. La figlia ricorda anche la sua grande passione per il giornalismo, sin da giovanissimo. “Nel 1926 i suoi articoli sul Nuovo Trentino son scritti con la spada, non con la penna”. Non è mai riuscita a capire, Lia De Gasperi, perché il suo famoso babbo l’avessero chiamato Alcide. Lo apprendiamo da un libro da poco uscito: “Memorie di una figlia”, quasi un instant book (Lia è morta a maggio), ma curato, ma fatto bene. Impegnata nella Fuci e nel movimento di Rinascita cristiana, Cecilia De Gasperi (1930-2025) in famiglia veniva in effetti chiamata Lia.
Il 4 ottobre, giorno dedicato a San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, diventerà ufficialmente festa nazionale. Dopo quasi mezzo secolo, il 4 ottobre tornerà a essere ufficialmente un nuovo giorno festivo. Infatti, la ricorrenza di San Francesco come festa nazionale non è una novità assoluta: era già stata celebrata in Italia dal 1958 al 1977, quando diverse festività furono soppresse a causa delle misure di austerità. Ora, a quasi cinquant’anni di distanza, sembra esservi una reintroduzione che porterà con sé significati simbolici e spirituali profondi.
Nei giorni scorsi è venuto a mancare Mario Laganà deputato ed esponente della Democrazia Cristiana calabrese. Le esperienze consumate ti provocano immenso dolore e smarrimento quando scompaiono amici con i quali hai condiviso lunghi percorsi di impegno civile e politico. La morte di Mario mi ha colpito. Ho avvertito tutta la caducità della nostra condizione umana difronte il tempo che scorre e porta via amici cari, ma non i ricordi di una vita spesa non inutilmente. Di Mario Laganà serbo un caro ricordo.
Questo giornale ha più volte rievocato la cara figura di Gianni Baget Bozzo (1925-2009), l’acuto sacerdote e intellettuale ligure, esponente della Democrazia cristiana negli anni Cinquanta e storico del partito cattolico (“C'era una volta lo Scudo: viaggi nella storia”), che fu anche – e per due volte - europarlamentare. In realtà lo si è ricordato qui unicamente per la sua partecipazione, nel 1994, alla fondazione di Forza Italia, di cui redasse la Carta dei valori e che si occupò di radicare culturalmente nell'orizzonte del liberalismo popolare (ne scrisse nel 1997, naturalmente con introduzione di Berlusconi).
Tutti impegnati a seguire le drammatiche vicende delle guerre in Ucraina e a Gaza, stiamo dimenticando ciò che accade nel mondo dove è in atto un attacco alle comunità cristiane che non ha paragoni nella storia. L’amico Dr Gianfranco Trabuio, responsabile di WorldLab, il movimento veneziano interessato a progetti di economia solidale cristiana, denuncia questa situazione del silenzio dei media e mi invia questi dati fornitigli dalla sua amica Rocio D’Angelo del movimento citizengo
Nessuna figura - eccetto quella di Cavour - può essere accostata al ruolo che De Gasperi ebbe nella costruzione dell’Italia contemporanea. A lui, insieme a Luigi Einaudi - primo Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento - sarebbe toccato delineare la grammatica delle istituzioni della nuova democrazia. Protagonista indiscusso nella ricostruzione morale e materiale del Paese, De Gasperi lo fu potendosi avvalere del partito che aveva fondato, la Democrazia cristiana. Dopo la ubriacatura dittatoriale mascherata da nazionalismo in cui era caduta l’Italia, lo statista trentino si trovò ad avviare un nuovo ciclo della storia nazionale ed europea, con un assillo: unire il Paese, dopo una guerra che aveva profondamente diviso i territori e lacerato la sua gente, con la vicenda della cosiddetta Repubblica di Salò e, infine, con il calvario della revisione dei confini - quelli ottenuti con il conflitto 1915-18 - in conseguenza delle avventure belliche fasciste.
La libertà politica sarà il segno di distinzione del regime democratico; così come il rispetto del metodo della libertà sarà il segno di riconoscimento e l’impegno d’onore di tutti gli uomini veramente liberi». La Democrazia Cristiana di De Gasperi fu molto più di un partito: fu il motore della rinascita italiana dopo la Seconda guerra mondiale e il perno della conversione democratica di un Paese. Favorì l’incontro tra interessi economici contrastanti, contribuì alla formazione di una solida cultura costituzionale e sociale e al rinnovamento civile della Chiesa cattolica. Fu un partito «inatteso», fondato su un forte spirito unitario ma sostenuto da una profonda dialettica interna.