di Ruggero Morghen



La Scuola Elisabettina di Rovereto, frequentata anche dall’editore Riccardo Maroni, e Fortunato Depero, suo “involontario iniziatore” all’arte nuova. “Questo giovanissimo trentino – ne scrisse il suo omonimo Umberto Boccioni – affronta con assoluta sincerità i problemi più ardui della plastica moderna”. Il riferimento è a Umberto Maganzini, ossia Trilluci, pittore parolibero e intuista di cui scrisse anche Mario Broglio commentando “L’esposizione romana di Depero” nel 1916, e naturalmente alla sua “dolorosa  esperienza futurista”, nell’alveo di un movimento che fu a suo avviso rivoluzionario nel campo dell’arte e invece reazionario sul piano politico. “Il mio futurismo – scriverà Maganzini nel 1962 – è stato sconosciuto a tutti”.

Al MAG di Riva ecco una conferenza in suo onore in compagnia di Federico Zanoner (il suo profilo FB ne offre una singolare foto da... prima comunione) e alcuni quadri di Trilluci esposti, tra cui quello “Studio per falciatore” del 1916 da cui il museo di Riva – allora civico – trasse anche una cartolina: e alcune son sopravvissute. Ah, c’erano pure Alberto Maganzini e Juan Agustin Mancebo Roca, docente universitario ed esperto di avanguardie e futurismo. 

Siamo, in effetti, al Museo Alto Garda, dove s’è appena inaugurata anche la mostra “Attraverso la lente. Storie, volti e memorie dall’archivio Armani”, nata da un’idea di Mauro Grazioli. All’insegna del motto dannunziano “Io ho quel che ho donato” ecco infatti sfilare ritratti singoli, più liberi, e di gruppo, piuttosto condizionati dai committenti (riprese frontali e schemi fissi), ma tutti donati al MAG dalla famiglia Armani in memoria del nonno Carlo. Che era nato a Riva nel 1898 - due anni dopo Adua e nell’anno stesso di Bava Beccaris a Milano - e s’era formato da Tonelli, riprendendone tutti gli stereotipi visivi sul Garda. Una bottega storica la loro, che compie giusto cent’anni: all’inaugurazione la rappresentava la nipote Lorenza, ora “nell’età dell’emozione” come ha tenuto a precisare lei stessa. Il catalogo realizzato per l’occasione rientra peraltro a pieno titolo nella collana che alla fotografia storica ha dedicato il MAG.

“Carlo Armani - ha detto il nuovo assessore alla cultura Stefania Pellegrini – è fotografo sensibile e attento, prezioso testimone della Resistenza”. “Di paesaggi ne abbiamo di altri – osserva dal canto suo il direttore Matteo Rapanà -, di ritratti pure, ma la Resistenza a Riva l’ha documentata fotograficamente soltanto lui”. Nessuna scelta ideologica dunque, tiene a precisare Matteo movendosi sorridendo da un gruppetto all’altro di visitatori con levità e velocità, quasi avesse assunto – da quando non c’è più Sgarbi – persino il dono dell’ubiquità.

Si registra infatti un cambio al vertice del Museo. “Con la nuova Giunta comunale di centrosinistra – informa il periodico “La Busa” - il primo a saltare è stato proprio Vittorio Sgarbi, che lascia il posto della presidenza alla rivana Alessandra Cattoi, figura di spicco nel panorama culturale italiano”. La nomina è stata ufficializzata con la pubblicazione del decreto all’albo pretorio del Comune di Riva del Garda. Insieme alla nuova presidente è stato rinnovato anche il Consiglio di amministrazione dell’ente museale, con l’ingresso di Alessandra Benacchio, Cinzia Franceschi, Samuele Diquigiovanni e Ruggero Morandi, quest’ultimo sindaco di Arco negli anni che furono.