IL POPOLO

Editoriali

Sono trascorsi ottanta anni dall’ aprile del 1945. La Resistenza contribuì a evitare al nostro Paese l’ umiliazione di una lunga occupazione e della divisione territoriale. Il sangue di tanti giovani e madri e padri di famiglia fu il tributo generoso che consentì all’Italia di riscattarsi dal passato e imboccare il percorso della libertà e della credibilità nel consesso internazionale. Pagine struggenti di dolore non si possono cancellare. Molto si deve a De Gasperi e ai tanti esponenti democratici a fronteggiare chi intendeva continuare la lotta interna per una svolta autoritaria. I protagonisti della Resistenza sono stati molti e nessuno è stato il tutto.
L’Umanità intera piange Francesco, Vicario di Cristo come guida della Chiesa universale e Uomo profondamente buono e giusto, dono di Dio per tutti gli uomini di buona volontà in Terra.
Papa Francesco ha segnato indelebilmente le nostre esistenze con il suo amore purissimo per ogni uomo, a cominciare dai diseredati, dagli ultimi tra i sofferenti, e poi su fino al primo dei potenti del mondo; ha spalancato le porte della Chiesa, uscendo per primo fuori per le città e le vie del mondo ed esortando la Chiesa a fare lo stesso, per andare incontro ad ogni figlio: come il buon Padre che, scorgendolo da lontano, corre fuori dalla sua Casa con le braccia protese verso il proprio figlio.
L’abbiamo ascoltato con simpatia umana e molta sufficienza, per dodici anni. Predicava pace, tolleranza, fraternità e carità verso tutti gli esseri viventi e per il nostro pianeta. In verità, lo abbiamo udito ma non ascoltato. La sua morte improvvisa, dopo una lunga degenza che si sperava felicemente conclusa, stata una triste sorpresa per tutti. Stava male, ma fino al giorno prima si era affacciato a S. Pietro a salutare la folla dei fedeli. Fino all’ultimo ha esercitato il suo magistero, fatto di parole semplici per farsi capire da tutti, non solo dai teologi, dagli intellettuali, dai Capi di Stato. Troppo semplice, quasi ovvio.
La scomparsa di un Pontefice è uno dei momenti in cui gran parte dell’umanità trattiene il respiro. La morte di Papa Francesco sta provocando un diffuso smarrimento che va al di là dei cattolici fino a comprendere vastissime realtà di confessioni e credo diverse. Si avverte un vuoto profondo. Il cordoglio di tantissimi capi di Stato e di governo, ma soprattutto di tantissimi cittadini è eloquente del travaglio del pianeta, tragicamente diviso.
La Pasqua è la ricorrenza più importante della Cristianità. Se Cristo non fosse Risorto le fondamenta del cristianesimo si sarebbero sfaldate. La rivoluzione cristiana ha dischiuso orizzonti dove il buio e’spazzato dalla luce della fede. Gli auguri che ci facciamo hanno senso se c’è una accoglienza vera del messaggio evangelico e non una consuetudine. Bisogna aprire i cuori alla solidarietà,alla fratellanza; al di là c’è il predominio della cinica violenza,un “cupio dissolvi” tra dissonanze e squilibri. La fede rischia di non essere vissuta e gli auguri una pratica abitudinaria. Il buio di un passato ,che ritenevamo tramontato,sembra ritornare e le conquista civili disperse dai venti impetuosi del cinismo insensato. Ecco perché l’impegno per un ritorno alla politica nasce dal desiderio di rendere partecipi i cittadini, perché i rapporti sociali siano favoriti in un clima armonico, che sospinga ai margini quanti non hanno né fede né cuore.
Non c’è che dire, questo è un momento difficile. Le borse tracollano, i commerci sono fermi, il futuro è decisamente molto incerto. Le mosse di Trump hanno spiazzato il mondo. La realtà brutale dell’espansionismo di Putin e dell’isolazionismo di Trump, due strumenti diversi dello stesso imperialismo, sono all’origine della grande preoccupazione nel resto del mondo. La risposta a Putin la conosciamo: una guerra sanguinosa che dura da più di tre anni e che le smargiassate pacifiste di Trump non sono ancora riuscite a fermare, come sta accadendo a Gaza, dove l’ineffabile para suddito americano, Netanyahu, persevera nel suo linguaggio di morte. La risposta del resto del mondo a Trump non la conosciamo ancora. Si parla, vagamente, di trattative ed eventualmente, di ritorsioni. Le trattative non servono a nulla. Le ritorsioni possono fare male.
Gli USA hanno bisogno di ridurre l’enorme debito pubblico attraverso politiche di contenimento, una rivisitazione di opzioni che reggono dalla fine del secondo conflitto bellico. Trump pensa a un abbassamento del valore del dollaro? Potrebbe essere una strada non percorribile: inflazione e recessione ne sarebbero le conseguenze. La presidenza USA punta tutto al rimescolamento generale per trovare spazi nuovi.
La recente sentenza francese aggiunge sconquasso non solo al sistema francese, già indebolito da un governo che non è in grado di governare con l’autorevolezza dei consensi, ma anche in Europa, dove alle ambiguità dell’Unione si assommano le incertezze di alcuni importanti governi europei. Al di là delle preoccupazioni politiche del momento, c’è una lotta fra i cosiddetti regimi destra e gli altri. La stessa nozione tradizionale di destra è parecchio confusa. Cos’è la destra? Un neonazismo, come profetizza Putin? Un nuovo corso filo trumpiano, come dicono molti? Cos’è, realmente, la destra?
Da giorni non riesco a darmi una risposta a una domanda. Seguendo gli organi di informazione le notizie su Trump, la guerra tra Russia e Ucraina, i magmi incandescenti mediorientali e dell’Africa occupano in grandissima parte i servizi della carta stampata e della televisione con i relativi approfondimenti, mentre lo spazio ai temi prettamente nazionali è ridotto. Se non ci fosse stato il ciclone Trump e i conflitti ormai su larga scala, allora le altre questioni prettamente di casa nostra avrebbero avuto l’attenzione del passato? Penso proprio di no, perché manca una elaborazione culturale e politica.
Tutti ce l’hanno con la Meloni: un obiettivo facile da colpire. Un’alleanza trasversale (ovviamente antifascista) che va dal truce Salvini all’avvocato del popolo Conte, passando per Calenda e Schlein e, ciliegina rossa, il sempre redivivo Mastro mestatore Renzi. Nessuno ha un’idea, divisi sul da farsi ma uniti nella critica. Qualunque scelta la Meloni sarà obbligata a fare, sarà sempre oggetto di critiche feroci. Se al Governo, invece, ci fosse la Schlein, sarebbe la stessa cosa. Cambierebbe solo il colore dei critici. Già, e la gente? Il popolo, da tutti osannato e richiamato ad ogni piè sospinto, dov’è? Tace, inebetito dalla televisione, dai giochi a premio e dalle canzonette, assunte a letteratura di altissimo livello. Il popolo tace, mugugna e paga, come sempre. Appunto: da “parassiti”.