IL POPOLO

Editoriali

Non si tratta di pietre, bastoni o di frecce. Siamo ancora lontani da una guerra post nucleare. I due monarchi in Siberia discutono di cose serie: razzi, missili, munizioni. Per ammazzare gente. Hanno deciso che i loro colleghi più grandi: terremoto e inondazioni, stanno facendo troppo poco e nei posti sbagliati. Ci penseranno loro a mettere a posto le cose e nei posti giusti. In fondo, per un ucraino, civile o militare che sia, morire per una bomba russa o nordcoreana, praticamente, è lo stesso. Se Putin ha bisogno degli armamenti nordcoreani vuol dire due cose: non glieli danno i Cinesi ed è alle strette con la produzione indigena.
Gli emigranti non sono regolari o irregolari. Che significa regolari? Nulla. Sono economici o politici? Una distinzione troppo sottile per quelli che vengono da regimi dove la gente muore di fame. Sono solo emigranti. Un Paese con quasi 60 milioni di abitanti, dove la popolazione invecchia, non si fanno più figli e l’industria si lamenta perché non trova braccia per lavorare, da un decennio si dibatte tra inutili Consigli europei, polemiche interne dove ci si sbrana sul nulla e l’emergenza. Questo è un Paese che vive nell’emergenza. Almeno da vent’anni.
No, così non va.Questo Paese è impotente, in tutti sensi. Cambiano i governi, si alterna la destra alla sinistra, ma la solfa è sempre la stessa: mancano i soldi, mancano le strutture, difettano le idee e quando ci sono, sono confuse. Siamo sempre all’emergenza e al piagnisteo: l’Europa deve aiutarci. Perché? L’Europa ci aiuta. In sette anni ha organizzato 48 vertici sull’immigrazione. Vi par poco? Di certo organizzarli è costato molto di più di un semplice intervento umanitario in uno dei tanti pseudo Stati africani per alleviare un po’ di miseria.
Mentre cresce tra le fila degli esponenti del centrodestra, sempre più insofferenti ai contrappesi che la nostra Costituzione interpone nell’esercizio delle attribuzioni istituzionali, una voglia irrefrenabile di smantellamento della parte centrale della Carta dedicata agli assetti e alle funzioni delle varie istituzioni, appare sempre più flebile, da un po’ di tempo, la preoccupazione verso un sempre più chiaro disegno costituzionale teso ad una riscrittura della Carta in direzione di un diverso assetto e peso decisionale delle funzioni istituzionali con conseguente alterazione del virtuoso bilanciamento, come delineato dai nostri costituenti con cui riuscirono a realizzare una ineguagliabile sintesi nell’equilibrio dei poteri imperniata sul ruolo centrale delle Camere.
In queste prime settimane di settembre stiamo assistendo a un crescente dinamismo da parte delle diverse forze politiche in vista del prossimo appuntamento elettorale tra maggio e giugno 2024 nel quale i diversi paesi dell’Ue saranno chiamati a rinnovare i rappresentanti del parlamento europeo. Tra le tante dichiarazioni incrociate e proposte non poteva non fare eco la recente sortita di Matteo Renzi con cui ha messo in campo una sua proposta di massima nell'intenzione di trovare dei partner per la proposizione di una lista comune di area centrista.
Oggi sembra esserci una generale omologazione nello stile e nei comportamenti istituzionali dei politici. Certo c’è sempre qualche eccezione. Ma a farla da padrone è oramai la politica strillata e i tanti funambolismi istituzionali che caratterizzano l’azione politica di molti rappresentanti del popolo. In questo scenario vien da chiedersi se ci sia mai stato un epoca in cui lo stile esprimeva coerentemente l’identità di un partito per compostezza, misura e rispetto dell’avversario.
C’è un’annosa questione che da tempo impensierisce il partito. La riappropriazione del proprio simbolo, o per meglio dire il suo uso spendibile nelle consultazioni elettorali. Stiamo parlando dello storico scudo crociato che da più di cinquant’anni ha caratterizzato e identificato il partito della Democrazia Cristiana. Ovviamente comporterà un litisconsorzio necessario, vale a dire citando tutte le sedicenti associazioni o partiti che pretendono di rappresentare la storica Democrazia Cristiana, con tutte le conseguenze in termini di tempi di risposta della giustizia. Mi auguro che questo tema, così cruciale per l’identità e il futuro del partito, possa trovare ampio spazio in un Consiglio Nazionale che - chiedo al Presidente Renato Grassi - di convocare, prima possibile.
Facciamo nostra, come DC, la proposta del cardinale Matteo Maria Zuppi per una “Camaldoli per l’Europa” e ridiamo forza propulsiva ai nostri contenuti programmatici. Con una suggestiva e appassionante prolusione, il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha aperto l’80’ anniversario del Codice di Camaldoli, che, come è noto, fu redatto in quel memorabile incontro da quanti ebbero il coraggio di pensare la rinascita del paese in un quadro di valori condivisi che assicurassero democrazia, sviluppo e progresso.
Il titolo introduce a considerare il fenomeno del trasformismo dei rappresentanti delle istituzioni, che non riguarda solo l’attuale sistema politico. Un genere vecchio di ben 150 anni: iniziò infatti con il governo Depretis. Ma che ha trovato la sua massima espressione in questo ultimo trentennio parlamentare. Ora comincia ad andare di moda il trasformismo dei partiti. Ci ha pensato Giorgia Meloni a inaugurare questa nuova tendenza. Il fatto è che questa tendenza ha finito per contagiare anche altre forze politiche. Così è tutto un fluttuare tra politiche annunciate e pratiche parlamentari.
Come la Vispa Teresa, tutti cercano Prigozhin e nessuno lo trova. È sparito. Ricercato come il peggior traditore, terrorista e ricattatore della storia russa, ma poi, sembra, graziato purché se ne andasse. Si diceva che fosse in Bielorussia. Così Lukashenko aveva dichiarato una settimana fa. In pratica ci deve essere stato un accordo con Putin. Prigozhin dovrebbe essere in Bielorussia. Invece no. Ieri lo stesso Lukashenko ha dichiarato pubblicamente che Prigozhin non ci è mai andato. Un mistero. Dov’è Prigozhin? Alcuni sostengono che potrebbe essere a S. Pietroburgo come a Mosca, ma sono semplici illazioni. Un fatto è certo: si muove come una farfalla e va dove vuole.