di Ettore Bonalberti

 

Il governo Meloni è, dunque, giunto al terzo anno, diventando il terzo più longevo della storia repubblicana. Si sprecano gli elogi dai sostenitori della destra, mentre continua l’affannosa ricerca di unità del “campo largo”, che, anche oggi, si dividerà sulle mozioni in discussione per la guerra russo-ucraina. Credo che il modo più serio per una corretta valutazione sui risultati del governo sia partire dalla verifica dei dati della realtà effettuale, al di là dei giudizi propagandistici e ideologici della destra o della sinistra.

Se i dati macroeconomici esposti, con comprensibile soddisfazione dal governo:  occupazione, riduzione dello spread, tenuta dei conti, sembrano volgere al bello, assai meno positivi sono quelli di ordine microeconomico che incidono sulle tasche dei cittadini. Solo nel comparto degli alimentari, secondo i dati dell’ ISTAT, gli italiani sopportano un costo all’anno di + 343 € per famiglia, considerando i seguenti aumenti: carne bovina,+ 7,3%: latticini,+ 6,6%:uova +7,1%; burro,+10,6%, agrumi,+ 13,3%; cioccolato,+ 11%, caffè,+ 22 %.

Se ricordiamo, poi, le promesse elettorali della maggioranza, riguardavano:

superamento della Legge Fornero ( Salvini: “ se non cancelliamo la Legge Fornero entro un anno, potete spennacchiarmi”); “ pensioni minime a 1000 euro per tutti”, diceva Taiani; “ Opzione Donna verrà rinnovata”, giurava Meloni nel programma di Fratelli d’Italia. Promesse di marinaio, nessuna delle quali è stata rispettata.

In definitiva, lo scarto tra il prima e il dopo voto è netto e del tutto negativo: dal NO all’euro al SI all’euro; dal NO  all’austerity al SI all’austerity; dal NO tasse al SI tasse; dal NO Draghi al SI all’agenda Draghi; dal NO Fornero, al SI al taglio delle pensioni; dal NO accise al SI accise; dal NO trivelle al SI trivelle; dal NO al MES al SI al MES; dal NO POS al SI POS, dal SI al blocco navale, al NO al blocco navale; dalla scelta sovranista, all’ambigua posizione europeista.

Quanto alle conclamate fortune in politica estera della premier, oltre alla posizione di netta subordinazione alle strategie trumpiane, continua una triplice versione della politica estera italiana, divisa tra l’europeismo netto di Taiani, il filo putinismo di Salvini e la posizione ambigua euro trumpiana, della Meloni. Un trilemma indecente che, nella prima repubblica, avrebbe condotto qualsiasi governo alle dimissioni.

Se esaminiamo, poi, il doppiogiochismo governativo sulla guerra in Medio Oriente, ricordiamo cosa diceva Meloni il 10 ottobre scorso: “ orgogliosi del contributo silenzioso ma costante dell’Italia all’accordo su Gaza”. In realtà le scelte del governo, nel merito, sono state: nessuna sanzione a Israele; NO al blocco delle vendite di armi a Netanyahu; NO al riconoscimento della Palestina, con una lieve retromarcia tardiva; voto contro il cessate il fuoco; NO all’arresto di Netanyahu. Insomma, una costante esibizione  della storica ambiguità e inaffidabilità italiana….

Un triennio, dunque, dal bilancio nettamente negativo, accompagnato da un progressivo distacco dei cittadini dalla politica, come confermato anche dalle ultime elezioni regionali, dove l’astensionismo ha superato il 51%, facendo diventare nettamente maggioritario il partito del non votanti. È su questo dato che tutte le forze politiche dovrebbero meditare, considerato che esso contiene tutta l’insoddisfazione, la frustrazione e la rabbia delle elettrici e degli elettori che, al di là della propaganda  e, in assenza dei partiti strumenti di rappresentanza politica, ora si limitano ad astenersi dal voto, ma, presto, potrebbero assumere forme più consistenti di reazione sociale e politica. 

Nella mia teoria dei quattro stati (casta, diversamente tutelati, terzo stato produttivo, quarto Non Stato) introducevo il cosiddetto “ NON STATO”, ossia l’insieme costituito dalle attività illegali e dalla cosiddetta “economia sommersa”. Proprio in questi giorni è emersa, grazie all’ISTAT, una valutazione quantitativa di tale area economico sociale, secondo cui: “l’economia sommersa e illegale è andata su di 15 miliardi nel 2023. Vale il 10,2% del Pil. Agricoltura, costruzioni e servizi le categorie più “irregolari” .

In un Paese in cui l’IRPEF è sostenuta in maggioranza prevalente da dipendenti privati e pubblici e dai pensionati, ossia da categorie fiscalmente controllabili all’origine delle loro entrate, con un terzo stato produttivo costretto a dedicare con le tasse, quasi sei mesi di contribuzione annua a sostegno dello Stato e di altri enti, è quasi fisiologico che, a parte le attività illegali incontrollate e difficilmente controllabili, molti ricorrano a quelle del cosiddetto “sommerso”.

Di qui la formazione di un’area di diseguaglianze e frustrazioni che, ancora adesso continuano a tradursi in una fuga dal voto, ma, che potrebbe ben presto deflagrare in una più seria rezione sociale. Dovrebbe partire da questi dati una riflessione politica, non solo del governo e dei partiti del “campo largo”, ma anche di quanti, eredi della tradizione democratico cristiana e popolare, intendono concorrere a realizzare quel centro nuovo della politica italiana, capace di saldare, come seppe sempre fare la DC, gli interessi e i valori dei ceti medi con quelli delle classi popolari.