Come attivati dallo stesso input sono giunte oggi due note: la prima di Giorgio Merlo, pubblicata su “Il domani d’Italia”: E se resta il maggioritario? E l’altra di Gianfranco Rotondi, con una lettera inviata ad alcuni amici della Federazione Popolare DC. Sono le realistiche prese di posizione di due amici, entrambi eredi della grande tradizione politica della sinistra politica e  sociale vissuta alla scuola di Sullo, Gerardo Bianco per Rotondi e per entrambi a quella di Forze Nuove di Carlo Donat Cattin. Merlo fiutata l’aria che tira,dopo il pronunciamento del segretario del PD, Enrico Letta, per una legge maggioritaria, quella del Mattarellum, conclude ccosì: sia che rimanga il rosatellum in vigore, sia che si adotti un’altra legge maggioritaria come quella indicata da Letta, è evidente che, salvo correre per la testimonianza agli elettori dell’area DC e popolare non resterà che verificare la compatibilità politica e programmatica con i due schieramenti che saranno probabilmente in campo. Una sfida che, a suo parere, andrebbe vissuta fino in fondo, proprio perché il ruolo di una componente terza come quella di ispirazione cattolico democratica potrebbe risultare decisiva.

Rotondi, con il realismo politico che lo contraddistingue, con la sua lettera carica di amarezza prende atto delle difficoltà sin qui incontrate per il decollo del progetto politico della Federazione Popolare DC, così come quello della formazione di un gruppo parlamentare democristiano insieme agli amici del Centro democratico di Tabacci e ai Verdi, nel segno dell’enciclica di Papa Francesco sulla difesa del creato. Scrive Rotondi: “I due progetti sono fermi. L’Udc non ha formulato alcuna proposta di un congresso straordinario di rifondazione, anzi nel corso della sfortunata degenza dell’on. Cesa il presidente di quel partito ha partecipato a tutte le riunioni del centrodestra chiudendo di fatto la strada a una scelta centrale di riaggregazione.

Per analoghi motivi di schieramento l’on. Tabacci ha rinunciato a condividere con noi la formazione di un gruppo parlamentare, ritenendo prioritario lo schieramento nel centrosinistra. Ancora una volta le alleanze prevalgono sulla identità. Io resto persuaso della possibilità di creare al centro una rinnovata presenza dei cattolici, senza escludere alleanze, ma avendo la disponibilità anzitutto interiore di poter rinunciare ad esse e correre da soli alle elezioni politiche. Ritengo che l’orizzonte ambientalista possa essere una nuova missione programmatica tale da giustificare l’azzardo di un nuovo partito espressione dei cattolici democratici. Riflettiamo assieme sulla possibilità di un nuovo esordio, sapendo peró che la strada è in salita e prima di intraprenderla dobbiamo interrogarci seriamente e serenamente sulla effettiva volontà di provarci”.

Confesso che da St Vincent del novembre scorso avevo sperato anch’io che i due progetti, quello partitico della riunificazione dei partiti della federazione democristiana sotto lo scudo crociato, attraverso un allargamento dell’UDC e quella della formazione di un gruppo parlamentare democratico cristiano e popolare andassero a buon fine. Preso atto della realtà effettuale, tuttavia, prima di gettare la spugna, credo si debba tentare di ripartire dal basso. E’ evidente che è finito il tempo per quegli amici che da 25 anni fanno giochetti personali  fuori da ogni logica politica capace di riunire tutti in unico partito. Qualcuno continua nel ruolo di paggio servente del Cavaliere e qualcun altro di reggicoda prima di Renzi, Zingaretti e ora, anche se non ancora sicuro, di Letta. 

Ecco perché si tratta di voltare pagina e di ripartire dal basso. Basta con i tentativi di recuperare Cesa, incapace di  sottrarsi ai condizionamenti pelosi di De Poli sempre al seguito di Taiani come un cagnolino di compagnia. Si tratta, invece, di verificare concretamente sui territori se esistono le condizioni per presentare liste unitarie dei democratici cristiani e popolari alle prossime elezioni amministrative.

A Torino l’amico Carmagnola molto coraggiosamente sta portando avanti la buona battaglia dei DC torinesi, come in altri comuni del Piemonte e, analogamente, dovremmo fare nelle altre grandi città: Roma, Milano, Napoli, Bologna, nella Regione Calabria e in tutti i comuni grandi e piccoli  dove sia possibile.

Dove non siamo riusciti con i vecchi leader ormai consunti e condizionati da troppi vincoli, soprattutto preoccupati della personale sopravvivenza, cerchiamo che siano le forze di una nuova leva di dirigenti locali ad assumere il testimone della nostra migliore tradizione politica e culturale. Ripartiamo dai comuni, là dove nacque e si consolidò l’esperienza politico  amministrativa dei cattolici democratici e cristiano sociali e se una classe dirigente ormai vecchia e stantia di destra e di sinistra, pensa di rifugiarsi nel maggioritario per consolidare un bipolarismo incapace di offrire reale governabilità al Paese, riparta dal basso una presenza dei cattolici per una nuova speranza nel segno della “migliore politica” (capitolo quinto dell’enciclica “Fratelli Tutti”).

 

Ettore Bonalberti