Sul concetto di pace e il suo uso disinvolto consentitemi di sgombrare subito il campo da un equivoco di fondo che pervade da tempo tutto il dibattito nazionale. 

La Pace è un valore supremo. 

Ed è la condizione indispensabile per lo sviluppo della vita, delle relazioni e del benessere di ogni comunità sociale. 

Vederla, oggi, così impudentemente strumentalizzata nella quotidianità del dibattito politico e parlamentare, fino ad essere piegata a coprire ambigue simpatie per leader autocratici, ci provoca grande sofferenza. 

1) GLI IDEALI E I VALORI CHE GUIDANO L’AZIONE POLITICA DEI CATTOLICI

I Cristiani impegnati in politica e tra essi la Democrazia Cristiana di Roma, davanti ai tanti teatri di guerra, primo fra tutti il devastante conflitto in terra Ucraina, causato da una ingiustificata invasione di quei territori sovrani, e i segnali di un conflitto atomico che le non molto velate dichiarazioni da parte di una superpotenza come la Russia di Putin, in possesso di migliaia di testate nucleari, fanno presagire, come evento verosimile nel mondo, ritengono indifferibile ed immediato un nuovo progetto di pace globale e di convivenza tra i popoli, non disgiunto da un serio e concreto riavvio del programma globale di Disarmo nucleare. 

Richieste che traggono linfa da quella cultura ed esperienza politica dei cattolici che seppero guidare l’Italia del secondo dopoguerra e co-fondato l’Unione Europea per debellare altre guerre fratricide dal nostro Continente, sancendo il ripudio della guerra come principio fondante della nostra comunità e vincolante per le nostre Istituzioni. 

In particolare poi la crisi bellica provocata dall’invasione dell'armata russa in terra Ucraina e le decisioni che si stanno susseguendo in questi giorni di primavera da parte della Ue, e autonomamente da ciascun paese aderente e da parte della Nato, tra sanzioni e aiuti umanitari e militari, pongono pressanti ed urgenti interrogativi. 

Non solo con riferimento alla giusta potenzialità ed efficacia di queste misure nell’intaccare le capacità economiche della potenza occupante, ma soprattutto per l’atteggiamento da assumere in un crescendo di coinvolgimento - cosiddetto indiretto - ossia con l’apporto di mezzi difensivi e non di uomini, sul teatro di guerra. 

2) UN FERMENTO PROPOSITIVO PERVADE IL MONDO CATTOLICO

E non ci pare di poco conto, in questi frangenti così cruciali della storia politica dell’Italia, la particolare attenzione che diversi ambienti a noi vicini stanno mostrando. Non è un caso che notisti di rango come Marcello Sorgi sulla Stampa, del 10 marzo 2022, affacciano la tesi che qualcosa di serio pare stia avvenendo negli ambienti della gerarchia sull’impegno civile dei cattolici. 

Ripercorrendo alcuni passaggi di una “lectio” all’Angelicum del Cardinale Parolin, nella quale affronta il problema se non sia preoccupante “l’arretramento” della presenza cattolici in politica.

E il punto di domanda che più di ogni altra questione emerge è “il tema di recupero di valori e di confronto con una società sempre più avviata sulla strada della secolarizzazione” ove temi importanti come la famiglia, l’identità sessuale e l’eutanasia, per fare alcuni esempi, sono affrontati non già come espressione identitaria ma in una chiave di mera propaganda sufficiente con l’annuncio e le prime schernaglie nel gioco parlamentare a lasciare un segno più di apparenza che di sostanza. 

O in un quadro in cui la competizione finisce per essere funzionale all’occupazione di spazi di potere. 

Lasciando poi impantanare le questioni perché manca una vera cultura della mediazione capace di trovare le giuste soluzioni nella multiformità delle aspettative, salvaguardando quei comuni valori espressi dalla nostra Carta Costituzionale in cui tutti ci riconosciamo. 

Mentre non è difficile, sostiene ancora Sorgi, leggere un incoraggiamento ai cattolici laici ad impegnarsi e contribuire nel circuito della formazione all’emersione di una nuova classe dirigente. 

3) IL CAMBIO DI PASSO DEL GOVERNO ITALIANO SULL’INVIO DI ARMI ALL’UCRAINA

È di qualche settimana fa la decisione delle forze Nato, come annunciato da Stoltenberg di allargare le dotazioni da inviare, comprendendo armi anticarro e droni e di alzare il livello di allerta generale, come peraltro sottolineato dal premier olandese Mark Rutte, al vertice dei paesi dell’Alleanza atlantica a Bruxelles:”Dobbiamo pensare a tutte le opzioni possibili". Dallo stesso summit è poi trapelato che ci si prepara a rischi per un possibile uso delle armi chimiche e biologiche, non escluse anche quelle a potenziale nucleare, da parte della Russia in Ucraina, sempre che non si allarghi il conflitto. 

La cosa rende il quadro più complicato anche per la brutale spietatezza che stanno assumendo gli attacchi indiscriminati, ove si fa strada il sospetto di ricorso ad armi chimiche, mentre non si attenuano gli attacchi ai civili, fino a comprendere anche ospedali e famiglie terrorizzate e in fuga dai territori sempre più devastati. 

Eppur la stessa condizione di intervento non diretto, ad opera dei paesi Nato, non ci mette, di certo, al riparo da possibili atti di provocazione in direzione di un preordinato allargamento del conflitto nei paesi confinanti. 

Nessuno può infatti escludere una possibile escalation(che di fatto innescherebbe la terza guerra mondiale con possibili esiti apocalittici)che preordinate provocazioni o casuali incidenti possono innescare nella delicata fase delle consegne dell’arsenale militare( armi che inizialmente definite a potenzialità difensiva, oggi comprendono qualsiasi tipologia, quindi anche offensive)che i paesi del Patto Atlantico stanno mettendo a disposizione, compresa l’Italia. 

E non poco deve aver pesato nella valutazione del “Piano di pace”, proposto dal ministro degli Esteri del nostro paese, la decisa posizione interventista senza condizioni. Anche se apparentemente le motivazioni della netta bocciatura da parte dell’ex presidente Medvedev e dello stesso responsabile degli Esteri Lavrov, demarcano un impietoso giudizio sugli autori di questo piano. 

4) IL TALLONE D’ACHILLE DELL’EUROPA: MARCIARE IN ORDINE SPARSO

Di certo l’Ue non sta brillando per unità di linea sulla crisi ucraina. 

Sia sulle modalità di sostenere la resistenza di quel paese; sia per le diverse declinazioni che i paesi membri stanno dando alla effettività delle sanzioni economiche da applicare.

Con la conseguenza di affievolire le credenziali per lo svolgimento credibile di un ruolo di mediazione, per arrivare, nell’immediato, ad una cessazione delle ostilità e avviare un negoziato serio e risolutivo. 

Finendo così per lasciare in mano alla Turchia, che oggi non ha certamente le migliori credenziali come paese democratico e con una grosso contenzioso aperto sul mancato rispetto dei diritti umani, questo importante ruolo. 

Non ci nascondiamo poi l’ulteriore considerazione che l’accelerazione bellica di Putin con l’idea di un nuovo blocco imperialista, nella visione di un disegno che, sulla falsariga dell’impero sovietico, che egli maschera più astutamente rispolverando un vecchio progetto degli Zar, riporti sotto l’influenza russa tutti gli stati membri dell’ex patto di Varsavia, creando una demarcazione netta con il mondo occidentale e l’esercizio democratico della sovranità statuale: in realtà una nuova Yalta, compromette tutta una visione lungimirante degli assetti geopolitici dell’Europa 

Una visione inaccettabile che l’Occidente e le sue democrazie non possono condividere ma che si trovano impotenti a contrastare mentre è in corso un'azione militare che potrebbe portare al rischio di una sconsiderata risposta nucleare, come Putin ha cinicamente minacciato di usare. 

5) OPZIONE MILITARE O DETERRENZA ECONOMICA DURA:UN DILEMMA CHE SEGNA IL PASSO 

All'opzione militare i paesi occidentali, Usa e Uk in testa, devono strenuamente affiancare una soluzione di forte deterrenza economica attraverso le sanzioni e la marginalizzazione commerciale della Russia, unico sentiero che può portare ad un tavolo negoziale della crisi. 

Un negoziato che non potrebbe fare a meno della Cina e dell’India e di rappresentanti dei paesi dell’Africa per una soluzione che abbia come cardine, in una visione d’insieme e lungimirante, la convivenza pacifica globale, senza sopraffazioni ed egemonie, nel rispetto reciproco del fondamentale principio di autodeterminazione che spetta per diritto naturale a ciascun popolo. 

Una necessità che la specifica peculiarità di questa guerra, innescata dalla proditoria aggressione da parte della Russia di Putin, pone. 

Ma che passa in primo luogo nella revisione di quelle che sono le regole minime per sicurezza dei confini e dei territori anche da sistemi di deterrenza militare ravvicinati. 

6) LE CAUSE APPARENTI E LE REALI RAGIONI DEL CONFLITTO UCRAINO 

Ricordiamo ancora la crisi di Cuba e la forte determinazione del presidente J.F. Kennedy, che fece tremare il mondo negli anni sessanta del secolo scorso. 

Innescata proprio dalla presenza di basi militari dell’Urss nell’isola caraibica, ad un tiro di schioppo dagli Stati Uniti. 

Certo non medesime appaiono le cause del conflitto in Ucraina. 

Ascrivibili, come apparentemente motivato da Putin, ad esigenze di “denazificazione” di quel territorio sovrano. 

Sembrerebbe non aver nulla a che fare con la minaccia di missili nucleari puntati verso il territorio russo, cosa che peraltro è incontrovertibilmente reciproca. 

In realtà sotto la pretesa tutela della popolazione russofona sembra incunearsi l’ambizioso obiettivo di impossessarsi dei territori ricchi di risorse minerarie del Donbass, chiudere, definitivamente, la questione dell’annessione della Crimea, e interdire all'Ucraina ogni sbocco sul Mar d’Azov, oltre a un possibile congiungimento territoriale con la Transnistria.

Ma resta sullo sfondo il problema che una convivenza pacifica se non sorretta dal rispetto di comuni regole di sicurezza dei territori sovrani, non può mai favorire alcun accordo globale. Mentre il versante delle democrazie occidentali è sempre più esposto al riaffacciarsi prepotente di un neocolonialismo di marca Eurasiatica, nella radicata idea che la Democrazia è una dottrina al crepuscolo. 

Un crinale che ha palesemente bandito i principi internazionali a presidio della sicurezza dei territori e del rispetto delle scelte dei popoli. 

Ed è proprio in questi momenti, nei quali la Storia è costretta a scrivere le pagine peggiori, che ci tocca fronteggiare con il massimo dell’acume e della intelligenza, simili aberrazioni. In troppi c’eravamo illusi e, anche stupiti, che fossero passate bellamente ben più di settant’anni senza che si intravedesse la concreta minaccia di un terzo conflitto mondiale. Un errore di valutazione o forse una lettura sbagliata dei contesti geopolitici che man mano si sono andati consolidando nei quadranti più caldi dei nostri continenti? 

7) LA PROFEZIA DI HENRY KISSINGER 

A giudizio di non pochi commentatori politici la questione Ucraina è stata senz’altro, e per troppo tempo, sottovalutata dalle superpotenze. 

Eppure non è mancato chi, come il decano dei diplomatici, Henry Kissinger, già nel 2014, ci aveva messo in guardia della singolare situazione dell’Ucraina, divisa tra mire imperialiste della Russia di Putin e voglia di Europa di gran parte del suo popolo. 

La piccola rivoluzione del 2014 era stato il segnale più evidente dello scontro di civiltà che in quel territorio, al confine con la Russia, si stava giocando nella logica di una nuova demarcazione tra democrazia e autocrazie. 

Ed ancora oggi Kissinger raccomanda a tutti i protagonisti diretti ed indiretti di questa guerra, buon senso e pragmatismo in un quadro di sicurezza internazionale. 

8) LA RESISTENZA UCRAINA E L’INSIDIA DI UNA GUERRA DI LOGORAMENTO S ENZA FINE 

Noi oggi non possiamo ignorare il legittimo diritto-dovere di difesa del popolo ucraino, che sta pagando un prezzo di sangue altissimo, soprattutto di civili, tra cui centinaia di bambini, di donne e uomini anziani. 

Però non ci sembra la strada più giusta lasciarsi attanagliare dal drammatico dilemma, solo militare, se intervenire ed in che modo, lasciando incancrenire un conflitto alle porte dell’Europa dalle conseguenze oggi incalcolabili. 

A maggior ragione se le forniture militari dovessero davvero servire per una guerra di lungo periodo. 

Come sembra non lasciare dubbi la nuova linea espressa dal ministro della difesa degli USA, Austin, nel vertice di Ramstein, e purtroppo condivisa anche dall’Italia, secondo il quale, da quel momento l’Ucraina sarà sostenuto con ogni tipo di armi, senza alcuna distinzione sulla potenzialità offensiva delle stesse, allo scopo di “indebolirne la capacità militare dell’esercito russo e piegarlo ad una vietnamizzazione dello scontro”, introducendo una palese versione, in chiave offensiva delle operazioni belliche da parte dell’esercito ucraino, mentre pone prioritariamente, per quanto riguarda l’Italia, la questione della conformità di tale scelta con il principio del ripudio della guerra .. sancito dall’art. 11 della Costituzione e anche nel combinato disposto con l’art.51 della Carta dell’Onu. 

9) IL PRINCIPIO PACIFISTA DELL’ART.11 DELLA NOSTRA COSTITUZIONE E LE CONTORSIONI INTERPRETATIVE

Per quanto ci riguarda, come paese che ha nella sua Costituzione un preciso e tassativo impegno pacifista, come sancito all’art.11: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”, ci è sembrato già al limite della conformità costituzionale il sostegno attraverso l’invio di armi difensive. 

Diversamente, a nostro giudizio, appare configurarsi l’invio di qualsiasi tipo di arma, senza condizioni, come scaturito dal vertice di Ramstein del mese scorso, cui anche l’Italia si è accodata. 

Non minor problema pone la risoluzione della Camera dei Deputati che ha approvato a larghissima maggioranza (391 voti favorevoli su 421 presenti, 19 voti contrari) un Ordine del giorno collegato al cosiddetto “Decreto Ucraina” proposto dalla Lega Nord con la sottoscrizione dei deputati di Pd, Fi, Iv, M5S e FdI, con cui impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2 per cento del Prodotto interno Lordo, che seppur non del tutto incompatibile con tale incontestabile principio,la citata risoluzione della Camera dei Deputati di aumento delle spese militari (peraltro riconducibile ad una direttiva Ue sul punto, che fa emergere delle questioni di compatibilità tra il diritto comunitario e il principio pacifista in Costituzione - che il nostro paese dovrebbe sollevare in queste occasioni - anche se abbiamo avuto già un precedente nei Balcani) appare assai confliggente con il diffuso sentimento dell’opinione pubblica e con l’obiettivo primario di porsi come costruttrice di pace che l’Italia deve prioritariamente perseguire. 

10) IL DISARMO NUCLEARE GLOBALE NELLA PROPOSTA DI “CIVILTÀ DELL’AMORE” 

E’ certamente un segno tangibile, importante, della grande eco della proposta di Disarmo nucleare globale e la loro conversione in energia di pace per uso civile elaborata da “Civiltà dell’Amore” di cui è presidente l’Ing. G.Rotunno, e sostenuta pienamente dalla DC di Roma e Lazio, la piena condivisione da parte di tanti Organismi impegnati a promuovere la Vita della proposta di Disarmo nucleare globale elaborata da Civiltà dell’Amore e sostenuta dalla DC di Rona e Lazio. 

L’iniziativa troverà ulteriore prosieguo a Bruxelles, ove “Civiltà dell’Amore” chiederà alla UE proposte concrete per rivitalizzare, prima possibile, un Disarmo Nucleare bilanciato tra le superpotenze , mentre nel nostro Continente, già teatro di due guerre mondiali, nel secolo appena scorso, aleggia plumbeo l’immanente rischio di una Terza Guerra Mondiale. 

11) LA MOZIONE PARLAMENTARE AL SENATO SUL DISARMO NUCLEARE 

Essa è stata altresì raccolta e tradotta in apposita mozione parlamentare al Senato da esponenti di diverse forze politiche( Atto n. 1-00470, pubblicato il 16 marzo 2022, nella seduta n. 414, 

Binetti , Gasparri , Gallone , Perosino , Rizzotti , Vono , Papatheu , Giammanco , Stabile),per l’immediata ripresa dei tavoli di confronto per un disarmo nucleare globale. E ogni cattolico democratico orientato precipuamente dai valori del dialogo, della fratellanza, della solidarietà e della pace, non può che sostenere fortemente la proposta di Civiltà dell’Amore, che ritiene “fondamentale che l’Unione Europea si faccia promotrice di una Conferenza di Pace con l’istituzione di un Tavolo permanente di Dialogo per il Disarmo, innanzitutto atomico, con la partecipazione piena dei Paesi in Via di Sviluppo, per prevenire

l’escalation nucleare e indurre tutte le Nazioni al disarmo e alla conversione delle armi nucleari in progetti di Pace, riprendendo così il successo del Piano USA-Russia “Megatons to Megawatts” che ha convertito 20.000 atomiche in energia di Pace”. 

Una iniziativa che potrebbe fortemente contribuire a sbloccare lo stallo in cui si trovano attualmente i lavori periodici della Conferenza sul Disarmo,affinché si approvi senza ritardo un nuovo piano di Disarmo bilanciato degli arsenali nucleari. 

la DC di Roma sta inoltre proponendo, assieme a “Civiltà dell’Amore” una serie di incontri con le altre forze politiche per individuare e definire un piano di iniziative comuni per contribuire a ridare impulso ad un fattivo processo di disarmo nucleare e liberare il mondo da una minaccia così devastante per l'Umanità ed il nostro pianeta. 

12) RICONDURSI A QUEI VALORI E QUEI PRINCIPI CHE GIÀ SONO STATI ARTEFICI DI PACE E SVILUPPO TRA I POPOLI 

Noi democratici cristiani, nello specifico, sentiamo forte il dovere di colmare un vuoto politico, che attualmente si rinviene tra le forze politiche in campo, affinché si recuperi tutta la pregnanza di quei principi e valori che assicurano tutte le condizioni per un quadro dinamico di convivenza pacifica e di sviluppo armonioso ed equo tra i popoli. 

Quei principi e valori consentirono, in una visione saggia e lungimirante, la creazione dI istituzioni sovranazionali come l’ONU, e poi l’Unione Europea, attraverso un graduale cammino, perché si ponessero tutte le condizioni per la salvaguardia della vita e dei diritti umani, la tutela della persona, in tutte le dimensioni del suo esistere e lo sviluppo ed il benessere di ciascuna comunità sociale. 

Questo fu il motore ideale ed etico con cui la Democrazia Cristiana seppe assicurare in tempi brevi, in un clima di cooperazione e di partecipazione, la ricostruzione del paese devastato da una guerra brutale che causò milioni di morti. 

Una cultura della cooperazione che assicurò sviluppo e progresso al continente europeo, in un quadro dinamico di convivenza pacifica, sia pure in un sistema di blocchi contrapposti, che assicuro’ una lunga stagione di sviluppo dell’Occidente, mentre i modelli comunisti trovarono la loro dissoluzione per l’incapacità del loro progetto egualitario fondato sulla soppressione delle libertà. 

13) I MONITI E GLI APPELLI ALLA PACE DI PAPA FRANCESCO 

Anche il Papa, impegnato in uno sforzo ininterrotto, si rivolge incessantemente con Appelli e parole incontrovertibili ai governanti, pronunciate all’Angelus del 27 marzo u.s. e poi ribadite all’Angelus del 22 maggio scorso: 

“La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire di una società…dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego! La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. 

Parole, quelle del Papa, che toccano il cuore e il sentimento di umanità che costantemente alberga dentro di noi. 

Certo che la posizione assunta dall’Italia, che pure inizialmente si era limitata a fornire solo mezzi militari leggeri, mutata nel vertice di Ramstein, dove si è schierata senza alcun

distinguo con la decisione di inviare armi, senza condizione, ha, in qualche modo compromesso ogni eventuale pretesa di terzieta’. 

Eppure per la strategica collocazione nel cuore del mediterraneo, dovrebbe invece ambire ad assumere, pur in una salda visione atlantista, e con un solido supporto della Ue, un ruolo più dinamico e propositivo tra i paesi di quest’area. 

Diversamente si corre il rischio di travisare tutta quella parte della tensione morale ed etica di cui sono intrisi i principi fondanti della nostra Repubblica 

E questo non in nome di ideologie che pretendono obbligatoriamente un solo comune habitus mentale nel quale lo Stato si arroga il diritto di educare il proprio popolo ad un pensiero che non tollera dissenso( e qui non è solo la Russia, ma anche la Cina e tutti i regimi confessionali). 

Ma nel pieno e aderente rispetto dello Stato di diritto e del suo Ordinamento generale come trasfusi nella Carta costituzionale. 

14) “VISIONI” NEO IMPERIALISTE MINACCIANO LE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI 

Assai distante appare quella visione cinica e spregiudicata della vita e del mondo dei tanti despoti imprevedibili, versata a riproporre quelle condizioni pre-giuridiche che furono oggetto, con “Il Leviatano”, delle speculazioni di Thomas Hobbes. 

Scrive, in occasione del 25 aprile scorso, il direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda: “La “desertificazione” delle emozioni ha prodotto un uomo squilibrato, armato solo della fredda razionalità, ma che ha perso il cuore dell’umanità”. 

Una mutazione antropologica che affonda le radici già nella speculazione filosofica espressa con grande acume da Baruch Spinoza, con cui, nel tentativo di convincere i governanti a porre fine alla follia di una guerra interminabile, che in quei secoli insanguinava l’Europa, il filosofo olandese esortava con la famosa frase a leggere le “cose umane”, e che il direttore dell’Osservatore Romano ci ricorda: «Non ridere, non lugere neque detestari sed intelligere», ossia «Non ridere, non piangere né detestare ma (cerca solo di) capire». 

In questa chiave di lettura, ossia rimuovendo ogni rivolo di emotività può agire, senza inganni, il focus della comprensione e lo scandaglio dell’intelligenza. 

Così il razionalismo di Spinoza apriva la strada all’epoca dell’Illuminismo, culla secolare dei valori di libertà, uguaglianza e fraternità. 

Valori che in diversa declinazione erano già patrimonio della dottrina Cristiana. Certo la rivalutazione dell'emozionalità non tardò a trovare nell’Idealismo di Hegel e successivamente nel filone romantico, nel quale possiamo riconnettere, sia pure atipicamente, le iperboli metaforiche del pensiero di Nietzsche, l’esaltazione di quella parte motivazionale delle azioni umane più istintuale, e senza freni “Superuomo”, che fece da humus culturale per travolgere i limiti di quell’equilibrio di valori che il giusnaturalismo aveva già ben demarcato. 

E finì per divenire la genesi di aberranti disegni di dominio nel ‘900, con ben due conflitti mondiali combattuti sul continente europeo. 

Ancora oggi le nostre democrazie devono stare allerta affinché quelle che appaiono come marginali caratterizzazioni populiste e nazionaliste di certe forze politiche, non prendano il sopravvento. 

15) L’UNIONE EUROPEA AD UN BIVIO: RIDEFINIRE LA PROPRIA IDENTITÀ O PERDERE LA SFIDA VAGHEGGIATA DAI PADRI FONDATORI

L’imprevisto conflitto nel versante est europeo, pone anche il problema di una ridefinizione delle regole comuni, più adeguate alle molteplicità identitarie dei diversi paesi dell’Ue. Una rimodulazione capace di interpretare strategicamente un punto di equilibrio tra il fianco orientale(i paesi del patto di Visegrad) esposti alle insidie dell’espansionismo della Russia di Putin e il non meno minaccioso espansionismo turco, già presenti in diversi teatri dell’area mediorientale e nordafricana, oltre ad un incontenibile oltranzismo britannico e al rigorismo pervicace dei cosiddetti paesi frugali. 

Insomma un sentiero su cui anche l’Ue dovrebbe senza indugio inerpicarsi, a patto di una ridefinizione più incline ad esaltare e valorizzare l’originario spirito scolpito nel suo Manifesto-Dichiarazione da R. Schuman: — spirito di fraternità, fondato sulla concezione della democrazia; 

— integrazione politica, come espressione di un completamento necessario all’integrazione economica; 

— solidarietà universale,solidarista, il rispetto dei diritti umani e il dialogo permanente tra i popoli. 

Una Ue un po’ meno ancella, e più presente nei teatri di crisi dell’area mediterranea, potrebbe svolgere, in sinergia con il nostro paese, una politica più incisiva nel quadrante mediterraneo, per una più virtuosa cooperazione con i paesi del nord 

Africa, oggi divenuti assai più funzionali a nuove politiche di approvvigionamento energetico. In questo contesto, ogni decisione appare assai difficile mentre, sui tetti delle città delle diverse regioni dell’Ucraina, continuano a piovere tonnellate di bombe, con sempre più elevate perdite di vite umane tra la popolazione, composta soprattutto di donne, vecchi e bambini. 

E, non appare di certo rassicurante, che il tutto avvenga mentre si susseguono risoluzioni dell’Onu che continuano a valere solo come petizioni di principio, senza esito concreto, come senza esito è risultato l’incontro del suo segretario generale, Gutierres con Putin. 

E la stessa Ue non si distingue per grande attivismo, tra veti e contorsioni da parte di alcuni dei suoi membri. 

Mentre l’adozione di una linea di sostegno, senza condizioni, di ogni tipo di armi, non ha fatto che compromettere quel residuo carattere di terzieta’, indispensabile per un ruolo credibile di mediazione. 

Che però in questo momento non sembra trovare ingresso. 

A poco è infatti servito il particolare filo rosso che Macron ha tenuto attivo con Putin. Mentre altri sbocchi potrebbe prendere la controversia tra Russia e Ucraina se la Cina( che, a sua volta, trascina la controversia con Taiwan) decidesse di esercitare un ruolo di mediazione. 

Unica, in questo momento, capace di far ragionare Putin, in un quadro di comuni intenti con gli Usa, potrebbe dare fattiva soluzione in un tavolo negoziale per un nuovo assetto geopolitico. 

Il fatto è che al momento preferisce non coinvolgersi direttamente nella soluzione di questo conflitto. 

Ma il suo stare a guardare non fa che aggiungere nuova inquietudine sui possibili sbocchi futuri di questo conflitto. 

Ecco perché non possiamo permetterci di sottovalutare le altissime probabilità di una escalation senza fine. 

16) UNA NUOVA HELSINKI PER UNA PACE DURATURA NEL MONDO

In questa intricata cornice appare necessaria una “nuova” Helsinki, che assicuri, da una parte, una zona cuscinetto tra Russia e l’area continentale di quelli che possono essere i confini di massima espansione dell’ Unione Europea e dall’altra dare soluzione alle tante piccole guerre nei tanti angoli del mondo, oltre a chiudere con una soluzione equilibrata la questione aperta di Taiwan e la questione mediorientale. 

In questo quadro l’Unione Europea potrà risvegliare la propria anima di Promotrice di Pace nel mondo, nata per prevenire altri conflitti mondiali, ed esempio storico di civile e collaborativa convivenza di popoli in “unità nella diversità”. 

Mentre l’auspicata Conferenza sarà l’occasione ove si dispiegherà la nuova frontiera della Sicurezza, da considerare, al pari dei principi di rispetto dello Stato di Diritto, della salvaguardia delle Libertà e della Democrazia, nesso imprescindibile e simmetrico per tutte le Nazioni, per assicurare Pace e civile convivenza. 

Una Sicurezza da intendersi nella sua organicità, non solo militare, ma anche economica, alimentare, ambientale. 

Cioè una Sicurezza integrale che come Cristiani poniamo da tempo come presupposto ineludibile non solo per la sopravvivenza del mondo, ma per un futuro di vita dignitosa, oggi possibile, agli oltre otto miliardi di persone sul nostro Pianeta. 

17) LE PAROLE DEL PRESIDENTE MATTARELLA AL CONSIGLIO D’EUROPA

Densa di grande significato, in particolare, la recente proposta del Presidente Mattarella davanti all’assemblea del Consiglio d’Europa affinché sia l’Ue a prendere l’iniziativa ed indire una Conferenza di Pace con Atti come ad Helsinki nel 1975 che avvii la de-escalation nucleare e nuovi trattati di Pace e Disarmo progressivo e bilanciato delle Potenze mondiali, a cominciare da quelle presenti sul nostro Continente, secondo i Trattati internazionali vigenti. 

Eccone alcuni fondamentali passaggi: 

“..occorre prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione, sull'esempio di quella Conferenza di Helsinki che portò, nel 1975, a un Atto finale foriero di sviluppi positivi. E di cui fu figlia l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa". 

“..La guerra è un mostro vorace, mai sazio. La tentazione di moltiplicare i conflitti è sullo sfondo dell'avventura bellicista intrapresa da Mosca. La devastazione apportata alle regole della comunità internazionale potrebbe propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermare subito questa deriva. Dobbiamo saper scongiurare il pericolo dell'accrescersi di avventure belliche di cui, l'esperienza insegna, sarebbe poi difficile contenere i confini". “..Occorre fermare in ogni modo una escalation che rischia di portare drammaticamente a un terzo conflitto mondiale”. 

Va da sé che in questo scenario se l’Italia vuole svolgere un ruolo attivo e autorevole deve valorizzare al massimo grado tutte le preziose competenze della nostra diplomazia che abbiamo la fortuna di avere. 

Ma non meno importante appare l’avvio immediato di un processo di rinegoziazione identitaria dell’Unione Europea perché accentui il suo ruolo primario di promotrice di pace non solo nel quadrante geopolitico Euro-Mediterraneo, ma sul piano globale. 

È sicuramente quel passo in avanti che oggi manca per rendere più solide ed efficaci le necessarie risposte che le comunità civili e sociali e il mondo imprenditoriale, si attendono in direzione della pace nel mondo. 

Non val meno altresì l’argomento che la costruzione di uno stabile clima di dialogo e di convivenza pacifica tra i popoli, non può più fondarsi sulla deterrenza nucleare che conduce

inevitabilmente ad irrefrenabili escalations verso arsenali sempre più micidiali, i cui effetti distruttivi non trovano confini, ne’ sulla forsennata corsa al riarmo convenzionale sempre più sofisticato e distruttivo di vite umane, come stanno dimostrando i tragici eventi di questa guerra in Ucraina. 

18) LO STALLO DELLA CONFERENZA PERIODICA SUL DISARMO NUCLEARE A GINEVRA 

Questa logica del riarmo infinito sta esponendo sempre più verosimilmente l’Umanita’ alla sua definitiva distruzione. 

Ed è significativo che esso avviene mentre si consumano stancamente le sessioni della Conferenza del disarmo che siede a Ginevra con riunioni annuali dei 65 paesi membri tra cui l’Italia, così suddivisi: (”24 Stati (tra cui l'Italia) formano il Gruppo dei Paesi Occidentali (WEOG); 34 sono riuniti nel Gruppo dei Paesi non allineati (i NAM che, nella geografia della Conferenza del Disarmo, nonostante il loro numero attuale, sono qualificati come G21); e 7 fanno parte del Gruppo dei Paesi "Est-europei". La Cina, invece, non è parte di alcun gruppo. 

Pur essendo emanazione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Conferenza del Disarmo si configura come un’entità multilaterale e intergovernativa indipendente, che opera con regole e procedure proprie. I suoi lavori si articolano in tre sessioni l'anno della durata di 10 settimane (la prima) e 7 settimane le due successive”) - Dati tratti dal sito della rappresentanza permanente d’Italia, Onu - Ginevra. 

Questo scenario, di sempre più probabile rischio di guerra nucleare, si scontra palesemente con il sentimento naturale delle tante comunità statuali ove non v’è persona che voglia l’estinzione del genere umano. 

Un problema non da poco che porta a rimeditate il rapporto tra élite e popolo in molti quadranti del mondo. 

19) SI ANNUNCIA UNA CATASTROFE ALIMENTARE SU VASTA SCALA PER IL BLOCCO DELLE ESPORTAZIONI DELLE DERRATE  UCRAINE 

Non contribuisce di certo a migliorare il quadro la pesante minaccia alla sicurezza alimentare nel mondo, con prevedibili tensioni nei diversi continenti, essendo l'Ucraina uno dei maggiori produttori di grano e cereali nel pianeta. 

Senza contare che una grave crisi energetica sta investendo, soprattutto, il nostro paese Un risultato, quest’ultimo, non certo inaspettato dovuto ad una lunga e colpevole inerzia o, se si vuole, alla pervicace disattenzione mostrata dai precedenti governi di questo nuovo millennio sul versante degli investimenti, unica via per assicurarci maggiore autosufficienza energetica e con essa maggiore competitività al nostro sistema produttivo e rendere meno gravose le spese del consumo energetico di ogni famiglia. 

20) LE POLITICHE GOVERNATIVE FALLIMENTARI SULL’AUTOSUFFICIENZA ENERGETICA DEL NOSTRO PAESE 

A fronte di tanta colpevole cecità progettuale della classe politica, assistiamo, oggi, in modo sempre più gravoso, allo strangolamento della nostra economia, appesa al ricatto crescente delle manovre speculative, o connesse alle sempre più incontrollate tensioni geopolitiche, che hanno reso i prezzi delle energie insostenibili, penalizzando principalmente il nostro paese, il più vulnerabile per la quasi totale dipendenza, soprattutto da paesi del quadrante asiatico, Russia, in primis, per gas e idrocarburi e per tante materie non più semilavorate dalle nostre industrie.

Un quadro davvero inaccettabile che l’intero sistema politico, alludo alle due coalizioni, centrodestra e centrosinistra che sono stati alternativamente alla guida politica degli esecutivi di questi vent’anni, non ha saputo ricalibrare per attenuare la nostra dipendenza. 

Anzi, invece di accrescere le nostre potenzialità di estrazione nei siti nazionali, si è andati a smantellare o a depotenziare quelle cruciali infrastrutture preferendo le forniture esterne, consegnandoci così mani e piedi ad una dipendenza quasi integrale dall’estero. 

21)LA DEMOCRAZIA CRISTIANA IN PRIMA LINEA PER RESTITUIRE COMPETENZA E PRESTIGIO ALL’ITALIA 

La Democrazia Cristiana di Roma in prima linea su queste questioni, vuole dare il proprio fattivo contributo per superare questo vuoto di idee e di progetti, desiderosa di riportare quel virtuoso modo di fare politica che consentì all'Italia di ricostruirsi e di sviluppare livelli di progresso e di benessere tali da farla assurgere ai gradi più alti tra le potenze industriali nel mondo, e che le consenta di essere di nuovo insostituibile protagonista nella difesa dei valori della pace, della solidarietà e della democrazia. 

E riparte proprio dalla Pace Nucleare, condizione essenziale ed obiettivo ineludibile che l’Europa e l’Italia dovranno perseguire a garanzia di un futuro per tutti. Così la DC chiama i Cristiani, e non solo, a costruire una ormai attesa Civiltà dell'Amore anche in Politica. 

Questo sforzo richiederà per noi un impegno intenso e costante nel territorio, ed anche di progettualità generale, in vista del prossimo rinnovo delle Camere. 

 

Luigi Rapisarda