I partiti rappresentano l’architrave del sistema democratico occidentale.

Non vi è alternativa alla democrazia dei partiti pena lo scollamento tra paese reale e paese legale.

Che sia il trasformismo nel parlamento italiano dell’Ottocento od il lobbismo in quello europeo del Duemila, l’assenza o la crisi dei partiti determina il prevalere di una visione oligarchica della cosa pubblica, a tutto vantaggio dell'affarismo e di chi parte da una posizione privilegiata.

Per questo la Democrazia Cristiana intende difendere il valore dei partiti e, naturalmente, in primis, del suo: popolare e cristianamente ispirato, proteso verso la soluzione dei problemi dei tanti e dei più deboli.

Per questo siamo i primi a voler un partito efficiente, strutturato ed al passo coi tempi, sempre rispettoso, innanzitutto, della volontà degli associati, che sono gli unici titolari della sua linea e delle sue scelte.

E' necessario, in questo momento, procedere ad una revisione statutaria della Democrazia Cristiana, rendendo la carta su cui si basa la sua convivenza interna più snella ed adeguata ad una formazione politica più protesa alla ripartenza che al mantenimento di posizioni acquisite.

Lo Statuto, anche nelle dimensioni, non può essere, un dettato di regole, giuste, ma che allontanano dalla loro stessa consultazione.

Bisogna fare uno sforzo per renderlo più essenziale, proponendo innanzitutto meccanismi elettivi e non cooptativi e incentrando i compiti di conduzione sugli organi essenziali, rimandando alla regolamentazione il compito di definire nei dettagli i vari passaggi della vita interna.

Occorre rilanciare e supportare un grande progetto, non solo statutario, di decentramento regionale delle scelte, della linea e della gestione del partito.

La Democrazia Cristiana non è mai stata un'esperienza centralizzata, con un leader nazionale che sovrastava i riferimenti regionali, perché ogni realtà regionale sapeva trovare uno o più personaggi capaci di radicare la Dc tra la gente per la soluzione di problemi che mutavano e mutano tuttora da situazione a situazione.

Donat-Cattin a Torino aveva un rapporto particolare con la Cisl e il mondo del lavoro; Bisaglia proveniva dall'associazionismo agricolo veneto; Taviani rappresentava la coerenza dell'impegno democratico dei cattolici liguri a favore della libertà; Gaspari conosceva ogni aspetto necessario allo sviluppo del suo Abruzzo e ne favorì il riscatto economico; Andreotti poteva contare su un rapporto profondo con i vertici della cristianità nella sua Roma; Moro era radicato nella sua Puglia ma sapeva al tempo stesso guardare agli scenari che andavano oltre la contingenza.

Si potrebbe continuare un elenco che comprende tutte le provincie d'Italia ed è per questo che la regionalizzazione del Partito va ripresa in termini politici ed organizzativi al tempo stesso.

In questo senso l'informatizzazione, appena iniziata, col sito web nazionale, cui è agganciato Il Popolo, ed almeno quattro portali regionali (Piemonte, Liguria, Lazio, Sicilia) va continuata, collegata e resa sinergica.

Rispetto a quando Spes e Il Popolo (oltre al settimanale la Discussione) coprivano buona parte della comunicazione di partito e la Dc poteva contare su una massiccia presenza in Rai, oggi si assiste ad una segmentazione della comunicazione.

Ci sono molti social, arretrano i giornaloni e si inizia a percepire una notevole stanchezza e un diffuso disinteresse per i talk-show in mano alle oligarchie editoriali televisive.

Questo lascia spazio a iniziative, come quella della Dc, che non intendono omologarsi al sistema il quale, evidentemente, ha tutto l'interesse a eludere i problemi reali, e se il partito sarà capace di muoversi in un nuovo ambito della diffusione delle proprie idee questo favorirà il contatto con le giovani generazioni.

Siamo un partito che forse può avere qualche difficoltà a comunicare su Tik-Tok, ma altri social come Facebook o Twitter possono vederci protagonisti con le nostre idee moderate, di buon senso e capaci di offrire un contributo alla soluzione dei problemi e non allo sterile rivendicazionismo, facendo uso di un modo di rapportarci con gli interlocutori più fresco ed attuale.

Con questi presupposti potremo ritornare ad avere un peso nelle istituzioni, a cominciare dagli enti locali, i più vicini ai cittadini, per la cui corretta gestione nacque il Partito Popolare di Luigi Sturzo.

Occorre incrementare la presenza delle liste della Democrazia Cristiana e impegnare la classe dirigente locale del partito a essere sempre più presente col simbolo del partito nelle competizioni locali.

Dove c'è un campanile deve esserci una lista della Democrazia Cristiana, talvolta civica, talaltra alleata ad altre forze di centro, ma, meglio, se da sola e ben visibile, col simbolo dello scudo o del drappo crociato.

Comunicazione e presenza negli enti locali comportano un rapporto con l'associazionismo culturale libero, ma non precluso alle nostre idee di fondo, con il sindacato e con il mondo imprenditoriale.

In particolare occorre riaprire una stagione di confronto col mondo cattolico, che non può trovare stabile rappresentanza nella Destra o nel Pd della Schlein, ma che ha come naturale riferimento un centro popolare di ispirazione cristiana dove si coniugano realisticamente i principi della sussidiarietà e della solidarietà, la corretta visione dell'umanesimo cristiano e le concrete azioni proprie del bene comune.

In definitiva, la nuova sfida della Dc è quella di coniugare, anche negli strumenti operativi, la più ricca tradizione con una capacità di adeguamento alle condizioni attuali.

Mauro Carmagnola