di Ruggero Morghen

 

 

Falìva” (scintilla o fiocco di neve). Chissà se qualche gardonese o fasanese ricorda questo libro scritto da Maria Cecilia Merzari, conosciuta soprattutto come Cocchina. Nata a Fasano del Garda, fu insegnante, traduttrice e bibliotecaria, autrice inoltre di testi teatrali, dialettali e per bambini. L’amico Massimilano Colonetti ne ricorda lo stile unico e le radici popolari, nonché la sua viva attenzione alle tradizioni. “Nei racconti – spiega - Cocchina si avvale della metafora del viaggio come mezzo di indagine alla ricerca giovanile di ideali e valori”.

Cinzia Maffei la ricorda come una donna meravigliosa, Marco Zuanelli come una bella persona. Per Barbara Gallo, che ne rievoca lo sguardo acuto e la risata, Maria Cecilia era dotata di un’intelligenza non comune. Per il pronipote Vladimiro Ortodossi, che nella sua casa crebbe, “era una fonte inestimabile di aneddoti e ricordi storici”. Claudio Maffei, dal canto suo, la frequentò per molti anni “come fosse una zia”. “In realtà – aggiunge - è stata per molto tempo la mia migliore amica”.

Nelle vecchie scuole ormai dismesse di Fasano – informa ancora Maffei - creò con caparbietà la biblioteca, che sarebbe stata la prima biblioteca comunale della provincia, aperta al pubblico con la modalità del prestito gratuito dei libri e che ben presto divenne un vero e proprio punto d’incontro per chiunque amasse la cultura. Come regista, diede vita ad “epiche rappresentazioni a sfondo religioso che videro come attori protagonisti gli abitanti, la gente semplice per le strade del borgo”. Maffei la ritiene inoltre l’ultima penna, dopo Gabriele d'Annunzio, che “con Attilio Mazza e Piercarlo Belotti ha caratterizzato la cultura del Novecento gardonese”.

Autrice con Luigi Campanini di “Chèle dèla Riviera”, traccia per un vocabolario della riviera bresciana e del suo entroterra, la Merzari è autrice anche de “Il porto dei gabbiani” (Fasano, 1983) e di “Faliva: una saga della riviera bresciana” (Arco, 1994). Si deve a lei, inoltre, “Il sottile incantesimo del Garda”, nel volume “Cari saluti da Gardone Riviera: catalogo della mostra di cartoline d’epoca (1895-1950)”, edito dalla bresciana Grafo nel 1984.

Qui Cocchina ricorda la Villa delle Rose di Fasano, che nel nome riecheggiava il precedente Hotel Rosenhof e divenne così nota da attirare per anni una numerosissima clientela, ben diversa da quella giunta sulla scia dei pionieri tedeschi, ma altrettanto desiderosa di vivere - o sopravvivere - il meglio possibile. “Imperversavano allora – precisa - le malattie di petto, che il prof. Gino Silvano, direttore del Sanatorio, e prima di lui suo padre, medico condotto a Toscolano, ebbero fama di saper curare da maestri. Il prof. Silvano era un assertore convinto della bontà e dell’importanza del clima locale nel processo di guarigione”.

 “Il padre Emilio, e anche il fratello del prof. Silvano, Carlo – commenta nel suo italiano creativo Colonetti -, è da ricordare anche lui dottore per le malattie del cuore”. In conseguenza di ciò si formò intorno a Villa delle Rose un alone di clienti invernali costituito in gran parte da ex pazienti e dalla loro parentela, che si spargeva negli alberghi e nelle circostanti pensioni.