Desidero tornare sul convegno celebrativo a 80 anni dal Codice di Camaldoli per esprimere una punta di amarezza per due ordini di motivi.

Era presente “tanta bella gente” e importante: il presidente della Repubblica, on. Sergio Mattarella, il cardinale Segretario di Stato i Sua Santità Pietro Prolin, il presidente della CEI, cardinale Matteo Maria Zuppi, il presidente della Conferenza Episcopale Toscana cardinale Giuseppe Betori.

Primo rammarico: non c’era la Democrazia Cristiana che del documento “Per la comunità cristiana. Principi dell’ordinamento sociale” - attraverso gli uomini che avrebbero dato vita al Partito - è stata l’anima: Mario Ferrari Aggradi, Guido Gonella, Giulio Andreotti, Aldo Moro, Amintore Fanfani, Paolo Emilio Taviani, Giorgio La Pira, solo per fare alcuni nomi tra i più noti.

La “regia” dell’incontro fu di quello che poi sarebbe stato il futuro Papa Paolo VI, Monsignor Giovanni Battista Montini, che in quel tempo era Sostituto della Segreteria di Stato Vaticana. 

A celebrare gli 80 del Codice di Camaldoli non è stato invitato nessun democratico cristiano.

Qualcuno dirà che la democrazia cristiana non esiste più. Sono dolente, ma vale la pena ricordar che la legge non ammette ignoranza. Solo qualche cenno: la Corte di Cassazione con sentenza N. 25999 del 23 dicembre 2010 stabilì che la Democrazia Cristiana non era mai stata sciolta per un errore di procedura.

Ma intervenne anche il giudice Guido Romano del Tribunale di Roma, che esaminò l’istanza presentata dal 10 per cento dei 1748 soci della DC che nel 2012 confermarono la loro adesione al partito di cui erano stati iscritti nel 1992-93. Essi furono riconosciuti quali naturali e legittimi continuatori della DC storica e furono autorizzati a riunirsi in assemblea per eleggere gli Organismi statutari ormai decaduti. Cosa che avvenne puntualmente.

Il secondo rammarico è dato dal fatto che è mancato un preciso destinatario della Riconsegna del Codice di Camaldoli. Né la prolusione del presidente della Conferenza Episcopale Italia, cardinale Matteo M. Zuppi, né il Cardinale Segretario di Stato di Sua Santità Pietro Parolin, né i Relatori che si sono susseguiti hanno individuato un soggetto cui riaffidare il Codice camaldolese.

E’, oggettivamente, toppo poco formulare l’invito di Tornare a Camaldoli” come “un bisogno e una chiamata alla responsabilità”. Di chi?

Orbene, la Democrazia Cristiana che allora ebbe pars magna nella elaborazione del Codice di Camaldoli, dopo 80 anni, ne accoglie la riconsegna per incarnare nell’ora-e-qui quei principi che continuano ad animare la vita politica della DC stessa che si riconosce nei valori del cristianesimo e nella Dottrina Sociale della Chiesa e che pone l’uomo e il bene comune al centro della propria attività politica.

I contenuti del Codice di Camaldoli, opportunamente incarnati nell’oggi senza snaturarli, sono l’itinerario di buon cammino della Democrazia Cristiana: la famiglia, la questione educativa, il mondo del lavoro, la vita internazionale e le grandi questioni che la connotano: pace e transizione ecologica, l’attività economica.

Bene comune e fedeltà all’uomo saranno, quindi, tradotti nell’amore per la verità, l’opzione per i più bisognosi ed esclusi dalla società, la capacità di dialogo con tutti, la ricerca della concordia e dell'unità tra i cittadini, la difesa delle diverse confessioni e minoranze sociali e il rifiuto di governare in base ai propri interessi o interessi di partito che possono trasformare la politica in un modus vivendi lontano dai problemi della società. 

In questo modo, dopo 80 anni, il Codice di Camaldoli torna nelle mani operative della Democrazia Cristiana e continuerà ad essere con il Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa stella polare e bussola di buon cammino per ”valori alti e una visione politica alta” (Papa Francesco).

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