Si rincorrono con una certa frequenza notizie catastrofiche sulla Chiesa e sul Pontificato di Papa Francesco. Si scrivono articoli su quotidiani; si pubblicano libri, si rilasciano interviste che hanno un solo denominatore comune: la denigrazione gratuita. I cosiddetti “titolisti” poi ci sguazzano alla grande: Il giugno nero della Chiesa - La Chiesa brucia: crisi e futuro del cristianesimo - La Chiesa appare annichilita – Nella sua solitudine il pontificato di papa Francesco precipita verso un doloroso fallimento – Questo pontificato è finito in un vicolo cieco - La vita religiosa è in stato comatoso – Devastante il bilancio della pratica liturgica domenicale – Le vocazioni ormai in caduta libera – I vescovi sono allo sbando.

Qualcuno si è spinto oltre ogni segno chiedendo, in una lettera aperta che alcuni teologi e studiosi hanno deciso di sottoscrivere e pubblicare, “come liberare la Chiesa da un Papa che cade in eresia e la mantiene?"

Sullo sfondo aleggia anche l’ultimo numero della Civiltà Cattolica che si apre con un lungo articolo di padre Antonio Spadaro, direttore della rivista, che già dal titolo fa comprendere la serietà della questione posta: “Il governo di Francesco. È ancora attiva la spinta propulsiva del pontificato?”.

Fa male leggere tutto questo: e, benché si incontrovertibile un certo disagio nella Chiesa, la diagnosi appare del tutto ingenerosa. Condizionare poi tutto questo al pontificato del Santo Padre Francesco è addirittura falso.

Qualcuno ha scritto: dove l’ignoranza con arroganza urla, il silenzio con eleganza insegna.

Mi sono preso il tempo di fare lettura del pontificato di Benedetto XVI: si formulava la medesima analisi. Forse che sono già stati dimenticati i dossiers preparati dalla commissione formata da 4 cardinali sulla situazione interna della Chiesa. E si era gridato allo sfascio più totale. Sono andato un poco più a ritroso e, benché ammantata dalla scusante della grave infermità del Pontefice, l’analisi della seconda parte del lungo pontificato di Giovanni Paolo II è sovrapponibile alla diagnosi dei nostri tempi. Nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa Giovanni Paolo II fece tremare i polsi ai ben pensanti quando scrisse, senza tentennamenti, della “apostasia dell’Europa”.

Già negli anni 70 lo storico del cristianesimo Jean Delumeau, titolò un suo libretto: “Il cristianesimo sta per morire?” E che dire di ciò che certa stampa scrisse del pontificato di San Paolo VI in genere e specialmente dopo Humanae Vitae e Sacerdotalis coelibatus? Fu l’occasione del dissenso più vasto.

Nell’incontro con la Curia Romana per lo scambio di auguri natalizi il 23 dicembre 1968 Papa Montini non esitò a denunciare: «Non possiamo tacere il dolore che Ci procura il vedere talvolta incompresi o travisati i Nostri intenti e la Nostra stessa parola; e il timore che un certo numero - fortunatamente esiguo, ma per Noi sempre troppo elevato - di Nostri Figli, e, per loro opera, di altri ancora tra i meno difesi e provveduti, abbia a discostarsi dal retto cammino».

Memorabile fu poi il discorso del 29 giugno 1972 quando Paolo VI affermò di avere la sensazione che: «Da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio». C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce».

Si dovette attendere il 7 el’8 agosto 1978 per leggere su tutta la stampa italiana: Paolo VI: «Un grande Papa». «Paolo VI, un grande Papa ecumenico». E di lui si pose in risalto come maggior titolo: «la responsabilità di aver tenuta unita la Chiesa in un mondo dilaniato»

Fare il Papa non è mai stato facile: di questi tempi sembra essere eroico. Ci sono attese “di destra” e “di sinistra”; e, ovviamente, gli interventi ritenuti “di sinistra” scontentano i fautori della destra e viceversa. In buona sostanza la stagione di bilanci per questo Papa è ritenuta deludente dai modernisti che sognavano la rivoluzione e disastrosa dai cattolici ortodossi. In ultima analisi sono molti a pensare che questo pontificato si trascinerebbe, logorando se stesso e la Chiesa.

Anche per questo motivo ritengo che coloro che si dilettano a stilare pagelle e formulare giudizi sulla carta stampata e non, trovino un po’ di pace. Non sarà certamente sparando nel mucchio che accresceranno la loro autorevolezza in campo giornalistico. Primo perché quasi sempre sono smentiti dalla realtà dei fatti; secondo perché – mi chiedo – quale competenza hanno per pronunciarsi su scelte ecclesiali di cui nulla sanno? Scrivere di Chiesa e di papato, a meno che non si voglia fare del mero pettegolezzo, non è come dar conto della cronaca di una partita di calcio. Ci mancherebbe!

Credo che una lettura obiettiva della situazione, lasciando che il Papa voluto dallo Spirito Santo faccia il Papa, tocchi ciascuno nel segreto della propria coscienza. E allora è doveroso domandarsi (operatori della comunicazione compresi):

  • Che tipo di cristiano sono? Conosco, amo seguo come discepolo Gesù Cristo?
  • A che è punto è la mia fede? La nutro con il riferimento costante alla Parola di Dio?
  • Sono sale che da sapore, o sale che ha perduto il suo sapore?
  • Nel posto che la divina Provvidenza mi ha assegnato nella vita, sono capace di dare testimonianza autentica del mio essere cristiano?

Più concretamente:

  • Prima di stupirmi delle chiese vuote, io a messa ci vado almeno di domenica?
  • Prima di stupirmi del fatto che non si celebrano più matrimoni-sacramento, come vivo il mio matrimonio celebrato in chiesa?
  • Prima di dire che il clero è diminuito e invecchiato, che cosa faccio io di concreto per la promozione delle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione? Mi ricordo almeno di pregare qualche volta perché “il Padrone della messe mandi operai nella sua messe”?
  • Prima di contestare il Papa, i suoi limiti, i suoi progetti, provo almeno di mettermi dalla sua parte? Mi ci sento figlio? Ogni tempo ha il suo Papa: i confronti sono inutili e inefficaci.

Quanto più il credente si annacquerà con lo stile del mondo (la mondanità denunciata da Papa Francesco) tanto più la Chiesa (intesa come Popolo di Dio) conoscerà l’emergere di una progressiva marginalità, indifferenza e irrilevanza.

Io sono certo e confido nella promessa di Gesù: «Io sarò con voi fino alla fine» e questo mi aiuta ad abitare in modo positivo questa ineludibile crisi (che qualcuno traduce con “l’ora del giudizio”), traendone il coraggio di liberare energie costruttive e creative, di suscitarle, di dare fiducia e sostegno a differenti realtà ecclesiali. Più che contro nemici esterni oggi la sfida da vincere è contro l’indifferenza e l’irrilevanza.

In fatto è che sempre più i battezzati perdono la relazione e l’integrazione tra vita di fede. Non si coglie più lo slancio testimoniale, come se la fede fosse un fatto personale da vivere privatamente e a piacere. E si fa sempre più palpabile la divaricazione tra vita di fede e incarnazione nella storia. Ma la fede non può essere abitudine a cui ricorrere ad libitum o per necessità …

Oggi la comunità cristiana, depositaria di una tradizione bimillenaria, ha una enorme potenzialità nei confronti della crisi del nostro tempo ricostituendo i percorsi di una formazione spirituale dei propri membri che possa irradiarsi e contribuire a risanare, a livello privato e pubblico, le ferite provocate da questa bancarotta spirituale.

Occorre che i laici battezzati tornino a stringersi attorno al Successore del Beato Pietro con convinzione che ubi Petrus ibi ecclesia. La gente non può andare ad ascoltare il Papa per fare una gita!

Occorre che i laici battezzati recuperino lo slancio culturale e intellettuale per incarnare la fede nelle vicende umane e irradiale con l’evangelii gaudium. Oggi la base dei cattolici è inerte culturalmente e incapace di fornire stimoli spirituali e culturali insieme.

È indispensabile che i laici battezzati recuperino una cultura comune che esprima delle linee di pensiero capaci di tradurre la fede e la stessa dottrina sociale della Chiesa in termini adeguati al nostro tempo per innervare al meglio proprio la società contemporanea e futura.

O torneremo a essere sale che da sapore o non saremo!

 

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