Le considerazioni svolte nei precedenti capitoli ci consentono di sostenere che, ai nostri giorni, la contrapposizione fra le dottrine giusnaturalistiche e giuspositivistiche non ha più ragione di esistere. Osserviamo infatti che la storia delle comunità umane, sia pure con un percorso non del tutto concluso, ha condotto a questo risultato: il diritto naturale è stato recepito nel diritto positivo, ossia negli ordinamenti giuridici vigenti nella quasi totalità degli stati del nostro pianeta.

Esporremo ora una concisa rassegna degli eventi storici che hanno portato all’esito di cui sopra a partire dal secolo XVIII.

1776 Dichiarazione di indipendenza degli Stati uniti d’America che si dichiara fondata sul riconoscimento del diritto naturale di tutti gli uomini alla vita, alla libertà, alla ricerca della felicità.

1789 Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: Rivoluzione francese, l’Assemblea nazionale costituente riconosce come diritti naturali: la libertà personale; l’uguaglianza di fronte alla legge, la sovranità popolare.

Molto brevemente ricorderemo che, a seguito degli eventi sopra ricordati, si è sviluppato, durante i secoli XIX e XX, il movimento storico - di pensiero e di azione – tendente a rivendicare in ogni Stato l’adozione di Carte costituzionali nelle quali fossero riconosciuti gli stessi Principi sopra richiamati: sovranità popolare, libertà personale, libertà di pensiero, uguaglianza di fronte alla legge.

Dopo le due guerre mondiali la necessità del recepimento del diritto naturale nel diritto positivo ha trovato una motivazione storica ben precisa. Gli ordinamenti giuridici che avevano dettato norme di diritto positivo contrastanti col diritto naturale avevano prodotto le tragedie del totalitarismo e della guerra.

Ecco dunque che, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il 10 dicembre 1948, ha proclamato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che all’Art. 1 recita:

«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.»

Una segnalazione particolare a questo proposito merita un evento che riguarda l’Italia. Il 1° gennaio1948 è entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana.

Ad avviso di molti studiosi si tratta della carta costituzionale che ha disegnato un ordinamento giuridico che primeggia nel mondo per aver recepito le norme del diritto naturale con particolare chiarezza e coerenza.

A titolo di esempio accenneremo soltanto al contenuto dei seguenti articoli.

L’ Articolo 1 che afferma il principio della sovranità popolare e dichiara che il “lavoro”  è il valore primario della convivenza civile.

L’ Articolo 2 che recita: la Repubblica riconosce e garantisce “i diritti inviolabili” dell’uomo,  e richiede l’adempimento dei “doveri inderogabili” di solidarietà, politica, economica e sociale.

L’Articolo 3 nel quale si legge: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese.

Vanno poi ricordati i seguenti atti normativi che hanno recepito il diritto naturale mediante accordi fra stati dando così vita ad ordinamenti giuridici di Diritto internazionale.

La CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI (firmata a Roma il 4 novembre 1950. Governi firmatari, i membri del Consiglio dell’Europa. La quale al Titolo II istituisce la Commissione europea dei diritti dell’uomo e la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU)

Il PATTO INTERNAZIONALE RELATIVO AI DIRITTI CIVILI E POLITICI (firmato a New York il 16 dicembre 1966). Art. 6: il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita. Art. 7 nessuno può essere sottoposto alla tortura o punizioni o a trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Art. 9 chiunque sia stato vittima di arresto o di detenzione illegali ha diritto a un indennizzo.

Oggi, considerati i fatti sopra esposti, i giusnaturalisti possono affermare che il diritto naturale è stato nei riconosciuto storicamente come “fonte primaria, costitutiva di ogni diritto positivo” in tutti gli Stati del mondo.

I giuspositivisti, da parte loro, possono continuare ad affermare che il problema del riconoscimento del diritto naturale non sussiste in quanto l’unico diritto vigente resta comunque quello dettato da un determinato ordinamento giuridico positivo, capace di far riconoscere le proprie norme nella “gerarchia delle fonti” istituita dalle diverse Costituzioni o dai testi del Diritto positivo internazionale che stabiliscono in ogni caso “positivamente” quali norme siano o meno vigenti in ogni ordinamento.

Chi scrive si permette ora di osservare che l’idoneità della teoria del minimo etico a comporre l’antitesi fra dottrine giusnaturalistiche e giuspositivistiche appare dimostrata sia dagli argomenti “logici” sopra esposti sia dal concreto procedere della storia.

Per la realtà odierna resta ovviamente aperto un problema tutt’altro che trascurabile: come ottenere che il principio “uguale libertà e uguale responsabilità”, possa trovare effettiva attuazione: a) negli ordinamenti positivi che non lo hanno ancora recepito; b) in quelli che, pur avendolo formalmente recepito, non lo osservano coerentemente nel loro concreto operare.

Non è questa la sede per un’indagine su tale enorme problema.

Ci limiteremo pertanto a concludere sul tema in esame ripetendo che gli uomini del nostro tempo hanno il dovere di obbedire al diritto naturale in forza del diritto positivo. E ciò costituisce un’innegabile conquista della civiltà umana. Una conquista che è in grado di garantire rapporti di convivenza sempre più soddisfacenti sia per i singoli che per le comunità in cui essi vivono.

La storia tuttavia ci ha mostrato che le conquiste civili non si conservano per forza intrinseca e possono essere perdute quando la consapevolezza della loro importanza viene perduta. Detta consapevolezza, a sua volta, potrà essere ottenuta mediante un’educazione continua delle persone che vivono nelle comunità organizzate nei vari ordinamenti giuridici oggi presenti nel mondo.

A sommesso avviso del sottoscritto i cittadini italiani sono avvantaggiati nell’acquisire e nel promuovere detta educazione. Essi infatti come prescrive loro l’articolo 54: hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. Essi pertanto, adempiendo a questo dovere, ottengono nello stesso tempo l’educazione necessaria per comprendere che la conquista di civiltà sopra descritta deve essere conservata e consolidata per il bene dei singoli e della comunità nazionale.

(Il tema qui in esame non ci permette di affrontare il discorso sul se e sul come gli italiani abbiano effettivamente osservato la disposizione di detto articolo)

 

Giorgio Pizzol