Il 15 novembre la Chiesa celebra la memoria liturgica di Sant’Alberto Magno. Ho ritrovato tra le mie carte questi appunti inesperti e del tutto discutibili, improvvisati “naturaliter” nel 1959, dopo aver riflettuto sul motto su riportato di questo gigante del pensiero filosofico e religioso. Oso riproporli.

Naturaliter de naturalibus è uno di quei discorsi che con pochissime parole dicono davvero tante cose (multa paucis).

Gli insegnamenti che si possono trarre da questo discorso di Alberto di Colonia sono, a sommesso parere di chi scrive, i seguenti.

Dobbiamo tenere sempre ben distinte “due realtà”:

  1. la realtà naturale: la realtà di questo mondo visibile e percepibile con gli organi di senso;
  2. la realtà soprannaturale: la realtà spirituale, la realtà di Dio e dell’anima.

Stabilita questa netta distinzione l’Autore ci invita a procedere nella ricerca della conoscenza delle cose naturali con mezzi naturali.

Egli intende dire, io credo, che possiamo conoscere la “verità” intorno alle cose e ai fatti di “questo mondo” utilizzando esclusivamente: a) i sensi, l’esperienza sensoriale, la sperimentazione; b) la ragione umana “naturale”.

Più precisamente, dobbiamo cercare di conoscere la verità intorno ai fatti naturali: sperimentando, e ragionando su ciò che risulta dall’esperienza.

Credo che si possa dire che Alberto di Colonia con questa semplicissima frase ha posto le basi del metodo scientifico. Metodo che in seguito sarà ulteriormente definito e precisato da altri pensatori e scienziati, tra i quali Galileo Galilei.

il Nostro autore impartisce a tutti (anche a se stesso) questo severo ammonimento. Dobbiamo fondare la ricerca del vero intorno alle cose della natura soltanto su esperienze-ragionate: che siano state effettivamente svolte e che tutti possano svolgere; (e mai su argomenti tratti da altre fonti che non siano ragione ed esperienza e mai comunque dalla fede nel soprannaturale).

Possiamo ora osservare che il discorso in esame reca un contributo di enorme portata alla soluzione del problema del rapporto fra ragione e fede, problema che, come è noto, è stato fonte di grandi conflitti, spesso cruenti, non solo nell’epoca del nostro Autore.

Alberto di Colonia, meriterebbe di essere chiamato “magno” (grande) solo per il fatto ci ha offerto l’insegnamento di cui parliamo. Infatti chiunque decida di riflettere soltanto sul senso della frase in esame, comprende che il conflitto fra ragione e fede non solo è evitabile ma, a ben guardare, non ha nessun motivo di esistere.

Come abbiamo già osservato infatti, Alberto afferma che la ragione è pienamente legittimata ad indagare, libera da qualsiasi vincolo dell’autorità religiosa, intorno alla realtà “naturale”. Ma questa legittimazione della ragione non reca nessun pregiudizio all’autorità della Chiesa; alla quale soltanto spetta il compito di guidare gli uomini nella ricerca intorno alle verità della fede. Quindi nessun conflitto. Anzi proprio la separazione degli ambiti nella ricerca del vero può dar valore sia alla ragione sia alla fede. E anche di consentire alla ragione di essere di aiuto alla fede; e alla fede di essere di aiuto alla ragione.

Infatti la ragione progredendo nella conoscenza di questo mondo naturale accresce la capacità degli esseri umani di sviluppare la propria coscienza. E l’acquisizione di una coscienza più viva e più chiara non può che accrescere in ogni uomo la capacità di comprendere più pienamente il senso delle verità della fede.

 

Nota a margine.

Se fosse stato seguito l’insegnamento di Sant’Alberto si sarebbero evitati grandi errori e grandi sofferenze all’umanità e a singoli uomini. Un esempio per tutti. Si sarebbe evitato il processo a Galileo Galilei (che si è svolto 400 anni dopo che Alberto aveva predicato). Galilei infatti, cercava il vero “naturaliter de naturalibus”. Precisiamo che qui non vogliamo fare il processo al processo di Galilei, ma soltanto dire che ci auguriamo (e preghiamo) che almeno da oggi in avanti la luce del pensiero di Sant’Alberto illumini le nostre menti.

 

Giorgio Pizzol