Se i nostri Padri costituenti hanno posto al primo articolo della Costituzione, ossia la Carta fondamentale dei principi e dei valori che regolano la nostra società, il lavoro a fulcro e fondamento della stessa, una sublime ragione vi doveva pur essere.

Si! Essi avevano compreso che solo con la centralità del lavoro e la cura che del raggiungimento di quest’obiettivo ne devono avere le Istituzioni se ne poteva garantire ed assicurare il rispetto della “dignità umana” ed il “pieno sviluppo della persona” e conseguentemente un autentico progresso per l’intera comunità umana.

Ma già dopo il “boom economico”, che si realizzò grazie al coraggio ed alla lungimiranza della DC, l’obiettivo della piena occupazione ebbe a subire una forte flessione, contando una crescente ed inesorabile perdita dei posti di lavoro, indotta in buona parte dal fenomeno della globalizzazione e dell’abbaglio della finanziarizzazione dell’economia.

È bastata poi la virulenza inarrestabile dell’attuale pandemia per assestare gli effetti più devastanti sul sistema economico e sull’occupazione.

Essa è oggi la sfida più impegnativa che ci attende in questi prossimi anni.

Una sfida che può essere vinta solo se si avviano coraggiosamente nuove politiche del lavoro nel segno di una nuova “rivoluzione copernicana” come auspicata, con forza, da Papa Francesco che da sempre ha mostrato, con le sue Encicliche, forte sensibilità al binomio lavoro-persona, mettendo al contempo in rilievo come il rapporto che ha per oggetto la prestazione di lavoro non tocca solo l’avere ma, in qualche modo, anche l’essere del lavoratore.

Bisogna uscire dalla logica di ridurre la persona umana a puro elemento di fenomeni economici mentre va valorizzata la natura di “relazione tra soggetti titolari di una dignità e non solo di un prezzo”.

Auspicando un mutazione dell’orizzonte esclusivamente produttivistico in una visione più umanizzante del lavoro.

A tal proposito molto illuminanti le parole del Santo Padre tratte dalla sua Lettera per l’evento “Economy of Francesco”:

“Ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo..

Oggi si sta formando e sta iniziando a studiare e praticare una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda. Un evento che ci aiuti a stare insieme e conoscerci, e ci conduca a fare un “patto” per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani...Sì, occorre “ri-animare” l’economia!..Nella Lettera Enciclica Laudato sì’ ho sottolineato come oggi più che mai tutto è intimamente connesso e la salvaguardia dell’ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali dell’economia mondiale. Occorre pertanto correggere i modelli di crescita incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente, l’accoglienza della vita, la cura della famiglia, l’equità sociale, la dignità dei lavoratori, i diritti delle generazioni future. Purtroppo resta ancora inascoltato l’appello a prendere coscienza della gravità dei problemi e soprattutto a mettere in atto un modello economico nuovo, frutto di una cultura della comunione, basato sulla fraternità e sull’equità”.

 

Luigi Rapisarda