Proseguono i tentativi per la ricomposizione politica dei cattolici democratici e cristiano sociali. Ora, però, serve uno scatto d’orgoglio in avanti per superare il surplace inefficiente che mantiene in vita le vecchie casematte, ognuna delle quali sopravvivono con l’ambizione/presunzione di poter accasare le altre esperienze in campo. Se non si supera questa condizione di stallo, si arriverà alla scadenza delle elezioni politiche ancora divisi e irrilevanti.

In un incontro informale di alcuni amici, l’on. Publio Fiori, ieri, ricordava come fosse prassi della DC nei momenti più difficili ricorrere alla convocazione di un’assemblea nazionale; una sorte di stati generali dai quali vennero sempre idee e soluzioni politico programmatiche importanti per il partito e per il Paese.

Nella pluralità dei linguaggi che sono stati sin qui espressi dai diversi attori, a me sembra che la proposta di Fiori potrebbe essere favorevolmente accolta, non solo dagli amici della Federazione Popolare DC, della DC guidata da Renato Grassi, di Insieme, di Rete Bianca e delle tante associazioni, movimenti e gruppi di ispirazione democristiana e popolare, ma anche da quella più vasta realtà culturale e organizzativo- sociale del mondo cattolico.

Un comitato promotore dei diversi organismi potrebbe fissare le regole organizzative di questa’assemblea nazionale sul tema della ricomposizione politica dei cattolici democratici e cristiano sociali italiani. In parallelo a questa iniziativa, nelle diverse realtà territoriali gli amici aderenti alle varie realtà associative potrebbero attivare dei comitati civico popolari di partecipazione democratica, aperti alle comunità locali, nei quali poter discutere dei principali temi di interesse dei cittadini. Comitato civico popolari che favorirebbero la partecipazione più ampia e l’emergere delle istanze locali nell’assemblea nazionale.

Se vogliamo reagire al clima dominante di relativismo morale e culturale, di anomia sociale e di nostra sostanziale irrilevanza politica, bisogna ripartire dalle realtà locali e dai concreti bisogni dei cittadini: elettrici ed elettori, che da troppo tempo alimentano la vasta platea dei renitenti al voto.

In alternativa alle velleitarie ambizioni dei soliti noti, che da molti, troppi anni, galleggiano, favorendola, sulla suicida diaspora succeduta alla fine politica della DC; personaggi non più credibili per rappresentare la fase nuova dell’impegno politico dei cattolici democratici e popolari italiani, dai comitati civico popolari territoriali e dall’assemblea nazionale emergerà la nuova classe dirigente, destinata a inverare nella città dell’uomo le politiche economiche, finanziarie e sociali ispirate dai valori della dottrina sociale cristiana. E con la selezione di una nuova classe dirigente, l’elaborazione di una proposta di programma all’altezza dei bisogni e delle attese della povera gente e dei ceti medi produttivi, unico antidoto alla crisi di rappresentanza e di partecipazione politica, che è alla base della crisi del sistema democratico italiano.

 

Ettore Bonalberti