In merito alle sempre appassionanti vicende del simbolo democristiano e al perseguimento dell'obiettivo di dare all'Italia un partito di esplicita e prevalente ispirazione cristiana che continui il partito della Democrazia Cristiana - di cui pochi giorni fa è stata celebrata la vittoria del 18 aprile - mi preme far presente alcune vicende vissute sia prima da segretario provinciale DC in Trentino e poi come parlamentare PPI, CDU, UDC (e misto UPD).

Da ricostruzioni dettagliate e documentate un punto debole riguarda quanto fatto nella segreteria Martinazzoli: fu solo un cambio di nome da DC a PPI o fu una discontinuità?

Il solo cambio di nome, il mantenimento di codice fiscale e la gestione del patrimonio nelle componenti attive e passive è sufficiente?

O conta di più il fatto che, su spinta della Bindi e dei suoi amici, circa la metà dei membri dell'organo che costituì il PPI non era eletta come DC, ma solo nominata per dare credibilità al fatto che il PPI era qualcosa di diverso dalla DC, allora colpita dalla crisi gravissima di tangentopoli?

Ricordo solo che neppure io, segretario provinciale DC, ero certo se il partito PP del Trentino, creato da un'Assemblea Costituente prima del 18 gennaio 1994, fosse una continuazione della DC in Trentino con altro nome, o un partito nuovo che poi si è associato al PPI nazionale mantenendo uno stato di parziale autonomia.

Ciò che stabilisce la continuità o meno di un'associazione è il dato sul codice fiscale e la titolarità del patrimonio, o è il mantenimento o meno delle adesioni dei soci, dello Statuto e degli organi gestionali scelti dai soci?

La successiva pronuncia della Cassazione del 2010 rende chiara la situazione: la DC non è stata sciolta.

Il passaggio dalla DC al PPI non fu un solo cambio di nome e quindi il PPI non fu il nuovo nome della DC.

Nessuna delle formazioni succedute può dirsi di essere la continuazione della DC.

Da qui poi la riattivazione della residua base di soci, con l'impegno prima nel 2012 per ricostruire la base di soci e poi per convocare i soci confermanti l'iscrizione per ridare gli organi statutari.

Che ciò possa portare a ricostruire l'unità di coloro che a suo tempo erano stati democristiani non nel frattempo pentitisi è per ora irto di difficoltà, vista l'eredità di un trentennio di esperienze varie cui si è dato vita, ma penso già significativo che ci siano realtà nelle quali ciò si è realizzato in parte non trascurabile.

E il processo sta andando avanti, con un nuovo Congresso previsto nei prossimi mesi.

L'esperienza fallimentare della Federazione Popolare dei Democratici Cristiani, dovuta in primo luogo al rifiuto dell'UDC di confluire in un'unica formazione politica democratico cristiana, cui affidare anche il simbolo dello scudo crociato, per ora nella sua disponibilità, non è stata incoraggiante, ma mi chiedo se la continuità della DC che fu di Degasperi, Sturzo, Moro, Fanfani e di molti altri sia cosa di poco valore, o che sia invece talmente rilevante da poter affrontare anche la questione del simbolo dello scudo crociato.

È difficile ricostruire unità affrontando un processo civile per la titolarità del simbolo storico.

In fondo la continuità dipende dalla successione di adesioni e Statuti osservati, e nel potere degli associati vi è anche quello di cambiare simbolo o adattarlo in modo da togliere la confondibilità con quello usato dall'UDC, che, tra l'altro, nella sua storia, ha ridotto la sua denominazione a Unione di Centro, eliminando l'originario riferimento anche all'identità democratico- cristiana.

Renzo Gubert, presidente del Consiglio Nazionale DC