Quella specie d’insurrezione che c’è stata domenica scorsa a Brasilia ha suscitato stupore e sconcerto un po’ dappertutto. Si è parlato di democrazia violata, di destre che pretendono comunque di stare al potere anche se hanno perso alle elezioni, di ritorno della tirannia e cose consimili.

La situazione politica, in Brasile, è da parecchio tempo confusa. Bolsonaro, il Trump brasiliano, chiaramente di destra, ha perso le elezioni presidenziali contro Lula, uomo di sinistra, suo tradizionale avversario. Per un punto o quasi, dopo una campagna elettorale velenosa.  

Facili le accuse di broglio e di tentativo di rimettere tutto in gioco. Però qualcuno in Brasile è anche serio e l’elezione di Lula è stata convalidata. Bolsonaro non ha ammesso la sconfitta e se ne andato in Florida per non dover passare le consegne a Lula. Come imitatore di Trump è stato perfetto.

Poi si è scatenata la rabbia dei suoi sostenitori che è sfociata nella violenta manifestazione di domenica contro i poteri istituzionali dello Stato, parte della polizia e qualche autorità locale inerte o addirittura compiacente. Come a Capitol Hill. L’esempio dell’assalto al Campidoglio a Washington è stato contagioso. Fin qui il copione è andato bene.

Ma a Capitol Hill c’era il Congresso in seduta che doveva ratificare l’elezione di Biden. A Brasilia, di domenica, non c’era nessuno.  I manifestanti hanno sfasciato e imbrattato tutto e poi, quando Lula ha chiamato la polizia federale, sono finiti in galera.

Cosa avevano intenzione di fare questi facinorosi? Cosa credevano di ottenere? Nulla. Ribaltare uno Stato di 230 milioni di abitanti con duemila persone e quaranta autobus non è più possibile.  Con quali conseguenze, poi? L’isolamento internazionale del Brasile. E perché, poi, aspettare proprio un giorno di festa perché l’indomani si va a lavorare?

Questa non è una sommossa, ma la caricatura carioca di una sommossa.

Lula assicura sanzioni severe – alcune teste sono già saltate - e fa bene. Queste buffonate pseudopolitiche (ricordate l’italo americano vestito da pellerossa con le corna vichinghe in testa che assaltava il Congresso?) sono tragiche per la pochezza di chi le fa e, soprattutto di chi le organizza. 

Se Bolsonaro è stato il non tanto occulto ispiratore di questa sceneggiata, è davvero un pover’uomo. Se non lo è stato, ma ne dubito, le sue ambigue manifestazioni di dissenso valgono poco. D’altronde, come condannare i suoi sostenitori?

I mass media condannano con severità questo fatto grave ma ridicolo. La verità è che il Brasile, un gigante sempre in bilico fra l’essere una grande potenza o un miserabile Paese latino-americano, dove si balla a Carnevale e si muore di fame negli altri giorni, oggi, è profondamente diviso.

La lacerazione politica esiste ed è reale. Potrà forse rientrare ma la tentazione del golpe è una tradizione intellettuale nell’America latina.

Lula, in questo momento, esce rafforzato, soprattutto sul piamo internazionale. Forse non sperava tanto e l’invito di Biden ad incontrarlo alla Casa Bianca segna un notevole cambiamento di rotta fra gli Stati Uniti e il Brasile che potrebbe essere molto importante.

Lula non è alle prime armi come Presidente, ma dopo un lungo intervallo di assenza forzata dal potere trova un Paese diverso e malmesso. Dopo la prima settimana di Presidenza non è ancora chiaro in quale direzione potrà procedere. Cattivi esempi non mancano, ma sarà necessario calmare le acque e gestire pacificamente il consenso. In fondo, nessuno vuole tornare indietro, ai regimi militari. È finita l’epoca del potere “verde” delle uniformi militari

Non è stata una rivoluzione. In altri casi, ormai lontani nel tempo, i Francesi presero d’assalto le Tuilieres e, in tempi più recenti, i comunisti presero d’assalto la Duma. Ma avevano capi decisi e idee chiare. Un Trump che prima incoraggia e poi condanna e un Bolsonaro che balbetta “io non c’entro” e si rifugia in ospedale, non sono uomini da rivoluzione.

I Brasiliani vennero a combattere in Italia, nell’ultimo anno di guerra, contro i Tedeschi.   Morirono di freddo sugli Appennini e un piccolo cimitero eretto Pistoia ricorda il contributo dei loro caduti. Combattevano per la libertà, quella libertà che i cialtroni urlanti di Brasilia hanno cercato di contestare.

Certo per noi, Italiani, queste cose sono difficili da capire. Noi ci battiamo sulle autostrade per il pallone.

 

Stelio W. Venceslai