di Ruggero Morghen
Doni Fratta (1933-2021), una delle prime compagne di Chiara Lubich, venne mandata nell’est Europa allora governato da regimi comunisti per diffondere l’Ideale. Fece infatti parte del gruppo di medici focolarini che, accogliendo la richiesta della Chiesa, si recò oltrecortina, dapprima nella Repubblica Democratica Tedesca e poi in Polonia, “adoperandosi silenziosamente ed efficacemente – rileva Lucia Abignente, che con lei condivise parte dei suoi anni polacchi - a dar vita alla comunità dei Focolari, di cui seguirà con stupore e gratitudine a Dio il cammino e la crescita”.
Ben volentieri Doni (il cui vero nome era Anna) ricordava il primo incontro - negli anni Settanta - con l’allora cardinale Karol Wojtyla, quando il movimento in Polonia era ancora agli inizi. “Mi colpì la sua umanità – affermava Doni -, la capacità di ascolto, il rispetto verso ognuno che ti metteva subito a tuo agio. Ci ascoltò con grande interesse, raccolto in un silenzio profondo. Si intuiva che era colpito dalla grandezza del carisma alla base del movimento. Ci incoraggiò ad andare avanti”. “La grazia per portare avanti il movimento – disse - l’avete voi, il carisma è stato trasmesso a voi, non vi metto accanto un sacerdote. Noi potremmo rovinare tutto. Fate, vivete e poi mi riferite”.
“Per capire il significato di queste parole che esprimevano la sua fiducia nel carisma di Chiara Lubich – spiegava la Fratta - bisogna pensare che in Polonia, allora, era tutto guidato dalla Chiesa istituzionale: a capo di ogni gruppo c’era sempre un sacerdote. E questa fiducia non è mai venuta a mancare. Wojtyla ci ha seguito sempre con stima, rispetto e amore”.
Doni conservò sempre vivo il ricordo dell’ultimo incontro con lui, avvenuto nel settembre del 1978, poco prima che egli fosse eletto Papa. “Venne da noi – riferiva - la sera tardi. Avevamo un incontro con alcune famiglie, in un convento di suore. Erano i tempi del regime comunista e il movimento doveva muoversi con prudenza nella clandestinità. Il cardinale era visibilmente stanco, ma voleva essere tra noi. Fu colpito dall’atmosfera, dalle esperienze che alcune coppie gli raccontarono, tanto che ad un certo punto disse: “Voi avete messo al centro l’uomo con la sua dignità. Il vostro carisma affonda le sue radici nel Vangelo. Qui si sente che lo Spirito Santo è in atto”.
Quando era ancora a Cracovia, Karol Wojtyla conosceva Chiara Lubich solo attraverso i suoi scritti. Subito dopo la sua elezione egli volle incontrarla personalmente. In quei giorni Doni Fratta, che si trovava in Italia, ricevette una telefonata dal segretario del Papa, Stanislao Dziwisz, che lei conosceva molto bene. “Mi dice che il S. Padre ci invita alla sua Messa il giorno seguente alle ore 7. Partimmo quella mattina prestissimo, Chiara, Eli Folonari ed io, emozionate, si capisce. Quando arrivammo c’erano ancora tutte le impalcature per il Conclave, e dovemmo fare un lungo giro per arrivare all’appartamento del Papa. Ho ancora nell’animo quella Messa, nella piccola cappella privata del Papa. C’era un raccoglimento, un’atmosfera particolare, una presenza di Dio. C’eravamo noi tre, il Papa con don Stanislao e due o tre suore polacche”.
Dopo la Messa Giovanni Paolo II salutò Chiara. “Ricordo ancora con quanto rispetto, con quanta stima e amore si rivolse verso di lei. Le chiese di fargli avere una mappa in cui fossero segnati i posti dove eravamo. ‘Così, – disse – so dove appoggiarmi.’ Fu l’inizio di un’amicizia, di un’unità sempre più forte tra due persone chiamate da Dio a fare opere grandi, due persone a cui Dio dette un dono per la Chiesa e l’umanità”.