Oreste Paliotti è un autore tutto “focolarino”. Da giovane fece parte del complesso musicale internazionale Gen Rosso. Poi scrisse vari testi, tra cui, pubblicati dall’editrice Città Nuova: “Chiamatemi arcobaleno” (1989), “Invitiamo il paese a cena?” (1992), “È andata proprio così”(1999), “Chiara Lubich: il cielo e l’umanità” (2009), “Amici miei della strada” (2014) e “Dieci donne” (2019).

Da lui viene inoltre un contributo significativo per la comprensione della storia del movimento fondato da Chiara Lubich, in particolare per quanto riguarda il suo periodo “romano” e l’esperienza conosciuta come Paradiso ‘49. Osserva dunque Paliotti: “Se Trento è stata la culla dei Focolari, la tappa successiva, quella della presentazione al Tempio per così dire, non poteva essere che Roma.

Per la sua vocazione cosmopolita, la Città Eterna costituiva il necessario trampolino di lancio per l’espansione mondiale del Movimento; e quale centro della cristianità doveva dare il suggello della gerarchia ecclesiastica a questa nuova opera sorta in seno alla Chiesa” ed intitolata a Maria: l’Opera di Maria, appunto. “L’unica idea veramente universale che viva in Roma è il cattolicesimo”, scriveva già nel 1926 don Paolo Ardiali, che il suo editore presentava come un “dotto sacerdote molto vicino alle sfere vaticane”. E Cirillo Covi, in “Tre settimane a Roma” (Trento, 1975): “L’Urbe è ancora l’Orbe”, e a renderla universale sono la fede, anche se affievolita o strapazzata, e il diritto, per quanto ora oscurato o conculcato.

L’estate del 1949, a Tonadico nel Primiero, è invece conosciuta nel movimento come Paradiso ‘49: che allora non era un libro, ma un’esperienza vissuta e raccontata a quanti stavano attorno a Chiara, nonché il nodo della fondazione teologica dell’Opera di Maria. “Si decise di allontanarci un po’ dal movimento – dirà la Lubich il 15 agosto 2001 a Montet (CH) – e di andare in montagna per riposare”. Maurizio Gentilini, biografo di Chiara, scrive che “nel giugno 1949, reduci da un periodo di attività molto intenso, faticoso e a tratti doloroso, Chiara, Giosi Guella, Graziella De Luca e Livio Fauri partirono per un periodo di riposo in montagna”. 

La Guella partecipò dunque a quella vacanza, ma non ne scrisse se non a proposito della partenza da Roma, segnalando che “Chiara, non abituata al clima di Roma, sentì la necessità di andare un po’in montagna” e che “nelle vie di Roma, dei cartelloni pubblicitari portavano la scritta In montagna ti rapirò”. “Uno dei tanti film musicali americani - spiega Oreste Paliotti - in voga in quegli anni”. Anche Fabio Ciardi parla del “manifesto di un film intitolato In montagna ti rapirò”.

Un titolo profetico se – riferendo proprio dell’esperienza di Tonadico, Marco Tecilla afferma: “Ogni volta che da lassù si tornava a Trento, si aveva la sensazione di scendere da un’altissima montagna avvolta di luce, tanto che a malapena si riusciva a rientrare nella vita normale, quotidiana… Si viveva in una continua contemplazione”. 

“Non era tutto fiamma solo dentro di me – così ricorderà quei giorni Chiara -, ma in certo modo tutto fiamma anche fuori di me”. In questi colloqui spirituali e mistici si sperimentava, in certo modo, la visione di Dio “sotto le cose”. “Dios sostiene todo lo creado – chiosa María Inés Perrin - y todo está enamorado reciprocamente”. 

 

di Ruggero Morghen