Credo sia questa la domanda che molti amici dell’area cattolico democratica, liberale e cristiano sociale si stiano ponendo alla vigilia delle elezioni europee che si celebreranno nel 2024. Gli amici, cioè, che sono espressione e interpreti delle tre più importanti tradizioni che hanno caratterizzato la storia politica dei cattolici italiani.

La legge elettorale proporzionale, con preferenze e sbarramento al 4%, dovrebbe escludere ogni residua disponibilità a convergere in posizioni di risulta nelle liste di destra o di sinistra, se non nei casi dei soliti noti, pronti a tale “sacrificio” per il proprio particulare, ma, semmai, proprio il tentare di favorire il progetto di ricomposizione politica. Una ricomposizione che potrebbe avvenire dopo la lunga stagione della suicida diaspora post democristiana (1993-2023) tuttora in corso.

Purtroppo contro questa elementare evidenza permangono le antiche divisioni, non solo tra gli eredi della sinistra Dc: quelli della sinistra sociale e della cosiddetta sinistra politica, ma quelli di sempre tra cattolici democratici e dell’area liberal conservatrice e, ancor più forti tra i cattolici della morale e i cattolici del  sociale.

Se la frattura tra le due sinistre storiche della Dc fu consumata nel Febbraio 1980 al XIV Congresso nazionale del partito, quello nel quale Carlo Donat Cattin presentò il cosiddetto “ preambolo”, che prese il suo nome, con il quale sosteneva che “ allo stato degli atti” non era possibile la collaborazione di governo col Pci; un documento che rovesciò le alleanze congressuali e mutò il corso della politica italiana. La frattura tra i cattolici della morale e i cattolici del sociale si è ulteriormente approfondita, dopo che il PD, con la segreteria Schlein, ha assunto sino in  fondo i caratteri di quel “partito radicale di massa” profetizzati molti anni addietro da Augusto Del Noce. 

Nel 1980 la divisione nella sinistra DC era tra i fautori dell’alleanza col Pci e quelli per la ripresa dei rapporti con il PSI di Craxi e dell’area socialdemocratica e liberal- repubblicana, mentre oggi si dovrebbe tener conto tutti della nuova realtà rappresentata da un governo della destra guidata dagli eredi dei post fascisti almirantiani, con l’egemonia della premier Meloni, assai attenta al rispetto di quei valori non negoziabili su cui confidano i  cattolici della morale e molta parte dell’area liberal moderata dei vecchi elettori Dc.

A me pare che, continuare a sostenere come un mantra il vecchio insegnamento degasperiano di “una DC che guarda a sinistra” se era comprensibile negli anni in cui il fronte popolare Pci-Psi rappresentava larga parte delle realtà operaia italiana, nella sicurezza di scelte euroatlantiche che tenevano il Pci di Togliatti-Longo e sino a Berlinguer ben lontano dal ruolo di partito di governo, andrebbe diversamente declinato oggi che l’avversario è rappresentato da una destra nazionalista e sovranista, non solo pronta a cavalcare, come giustamente sta facendo necessitata la Meloni, la scelta euro atlantica, ma, insieme, la difesa dei valori non negoziabili per la quale ha raccolto molti voti dell’area cattolica e continua a mietere consensi sia a livello nazionale che locale.

Ecco perché con gli amici di Iniziativa Popolare continuiamo a sostenere che, prima delle alleanze, utilizzando la legge elettorale proporzionale e le preferenze vigente per le prossime elezioni europee, il primo obiettivo da perseguire deve essere quello della ricomposizione politica della nostra area che vuol dire, puntare a costruire una forte compagine di centro ampio e plurale, alternativa alla destra nazionalista e sovranista, distinta e distante dalla sinistra alla ricerca della propria identità.

Ciò dovrebbe valere per tutti, e, in primis, proprio per quelli amici che dalla Margherita confluirono nel Pd, per abbandonarlo dopo le tristi esperienze vissute recentemente. Per facilitare questo progetto, però, se si mette davanti la scelta preferenziale a sinistra non si riuscirà a comporre una lista unitaria insieme ai rappresentanti delle componenti moderate e dell’area dei cattolici della morale, indispensabili per puntare a un risultato positivo alle europee. Solo se uniti, ancora una volta, saremo forti e, probabilmente in grado di superare lo sbarramento del 4% previsto.

Qualora non fossimo in grado di raggiungere quel risultato, all’indomani delle europee sapremmo finalmente, in ogni caso, la nostra consistenza elettorale nazionale e in sede locale e dopo, solo dopo, in un congresso nazionale del partito, potremo decidere in libertà e sulla base di un condiviso programma politico le alleanze. 

Certo il discrimine da condividere alle europee dovrebbe essere la scelta a sostegno del Partito Popolare Europeo, l’unica famiglia politica nella quale possiamo collocarci in continuità con la scelta dei padri fondatori: De Gasperi, Adenauer, Monnet e Schuman. Guai se favorissimo, con scelte divisive e miopi, il tentativo della Meloni di collegare i conservatori e la destra europea al Ppe perché, a quel punto, di ricomposizione della nostra area politico culturale ne parleranno i nostri nipoti

 

Ettore Bonalberti