Il sodalizio velico rivano nasce nel 1928 da una costola della società sportiva Benacense ed ha da subito una forte impronta dannunziana. In sede peraltro è ancora gelosamente custodito, come fosse una reliquia, il guanto bianco che Gabriele d’Annunzio dimenticò in occasione della sua visita rivana nel 1937, nonché il Calice dell’Orbo veggente da lui regalato. 

Nel decennale della Fraglia, scrivendo a Mussolini d’Annunzio rivendicava di averla proprio «fondata ed addestrata». Questa corporazione di artieri della vela egli la descriveva (e voleva) “ardita e ardente”. Nel novembre del 1929 scriveva ai suoi compagni della Fraglia della vela rivana invitandoli a guardare alla sue Arche “destinate a scoperchiarsi”. Nel 1930: “Stasera tornerò per le luminarie, io che nella mia puerizia illuminavo di fiammelle in gusci di noci e in conchiglie lievi la foce della mia Pescara. “Accolgo l’onore, l’offerta, il titolo e l’Eternità” proclamava quindi nel settembre del 1937, pochi mesi prima di morire, venendo designato di quella Fraglia presidente (quale peraltro rimarrà anche quando l’Orbo veggente, il Guaritore mistico non sarà più). Nel documento di nomina si legge: “Comandante […] per il vincolo di amore che a Voi ci lega. Per la fede, l’ardire e la speranza che ci avete, in ogni ora, donato, noi tutti della Fraglia, sentiamo e vogliamo in Voi l’unico, effettivo ed eterno nostro Presidente. Questo è il nostro voto più alto, questo il nostro atto più degno. Sia benigno e grande, come sempre, il Vostro cuore”.

Il sodalizio velico rivano, di cui il poeta fu appunto nominato presidente perpetuo, riconosce che nella propria storia la figura del Vate assume un particolare rilievo, tanto che «quando del poeta si parla (alcuni, oggi, con malcelata ironia) – confessa Germano Scarpetta, che ha ricostruito la storia del sodalizio a cavallo dei due conflitti mondiali del Novecento - lo si fa a bassa voce» I padri fondatori della Fraglia furono: la SS. Benacense, il dott. Mario Bettinazzi, il cap. Achille Chincarini, Giuseppe Dalrì, Giovan Battista Guarnati, Giuseppe Luciolli, Alide Maroni, Italo Maroni, il dott. Edo Modl, l’ing. Edoardo Modl ed Ettore Righi. Soci benemeriti l’ing. Gualtiero Adami e l’arch. Gian Carlo Maroni.

Al recente convegno benacense inteso a verificare il posto di Fraglia della Vela e Spiaggia degli Olivi nel percorso storico-culturale della città di Riva del Garda, si è parlato (così il vicesindaco Betta) di un presidio non solo sportivo ma sociale, di una struttura balneare e ricreativa a carattere circolare (“Ecco la figura della rotonda” ha detto Federica Fanizza), con un teatro che l’architetto Giancarlo Maroni previde ma non potè realizzare. Si trattava, secondo Maria Luisa Crosina, di una Riva diversa da quella primigenia ma non in antitesi con essa: la Riva italiana del sole, delle spiagge, degli sport legati all’acqua. L’ambìto simbolo della vittoria, ha fatto notare dal canto suo l’atletico Gabriele Ghirotti, aveva spesso allora un valore artistico. Ecco la ragione di una mostra di trofei brevemente ospitata presso la Spiaggia degli Olivi, mentre nelle orecchie dei primi visitatori risuonava il motto – fatto dannunzianamente proprio dalla Fraglia – “Di tutto è ragione l’amore”. 

 Ruggero Morghen