Tra la Meloni e la Lega continua la lotta sotterranea per la conquista dei voti a destra, specie in questa fase di forte contestazione del mondo agricolo. La Coldiretti è divisa tra le aspirazioni elettorali del suo presidente, Ettore Prandini e la rivolta di una base sempre più indisponibile a seguire gli equivoci connubi prandiniani con l’inadeguato ministro Lollobrigida di cui si chiedono le dimissioni.

Nella nostra area socio culturale e politica continuano le divisioni ereditate dalla longa e dolorosa diaspora post DC. Da un lato ci sono gli amici che, facenti parte del PD, intendono continuare la loro appartenenza “innaturale” al PSE; altri che hanno deciso di aderire al partito europeo Renew di Macron; altri ancora, sono quelli che intendono restare ben stretti alla propria cultura politica nel PPE e, infine, l’On Cesa con l’UDC, ancora una volta schierati a fianco della Lega, a destra in Italia e in Europa.

Assai meritoria è l’azione condotta dagli amici di Iniziativa Popolare per tentare di favorire senza riserve il progetto di ricomposizione politica dell’area cattolica: democratica, liberale e cristiano sociale.

Trattasi di un progetto difficile il cui traguardo, più che alle prossime elezioni europee, potrà e dovrà essere spostato alla scadenza delle elezioni politiche nazionali nel loro termine naturale o anticipato. La difficoltà risiede nelle divisioni delle diverse fazioni indicate, per favorire il superamento delle quali ho proposto l’idea di un confronto aperto, a tutto campo con la nostra vasta e articolata realtà culturale e sociale, in quella che ho chiamato la Camaldoli 2024.

Qualche amico ha giustamente rilevato, com’era anche a me ben evidente, che non siamo nelle condizioni storico politiche del 1943. Non abbiamo, come ho scritto, né un Demofilo/De Gasperi, né una realtà cattolica oggi assimilabile a quella dell’Italia di quel tempo.

Da molte persone si sottolinea che servirebbe un federatore capace di avviare il progetto con un’autorevolezza tale da facilitare la ricomposizione basata sulla fedeltà ad alcuni fattori portanti; l’ispirazione ai principi della dottrina sociale cristiana, la fedeltà ai valori della Costituzione repubblicana e a quelli dell’europeismo e dell’Occidente.

Come trovare questo federatore?

O si parte dalla base o si sollecita una delle personalità già in campo, disponibile ad assumersi il ruolo che seppe compiere Demofilo/De Gasperi nel Luglio 1943. Se allora il compito era quello di presentare e attivare le “ idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”, ora si tratta di redigere un manifesto per la costruzione del centro nuovo della politica italiana: democratico, popolare, liberale, riformista, euro atlantista, alternativo alla destra nazionalista e sovranista e alla sinistra lontanissima dalle sue origini.

Penso che questa personalità sia ben presente nella realtà italiana e europea. Mi riferisco a Mario Draghi, che potrebbe svolgere efficacemente il ruolo di federatore del nuovo centro della politica italiana. Un appello unitario affinché assumesse tale ruolo, di tutte le diverse componenti di area cattolica DC e popolare, sarebbe al riguardo utile e opportuno.

Ci sono momenti della nostra storia politica, nei quali l’assunzione di responsabilità dirette nell’agone politico è molto più importante di qualunque altro incarico pubblico, e quello che sta attraversando l’Italia è proprio uno di questi.

L’altra strada sarebbe quella di ripartire dalla base, organizzando in tutte le province e regioni italiane, incontri unitari tra le diverse componenti della nostra area; assemblee di DC e Popolari dalle quali fare emergere con i cahiers de doléance e le proposte dei nostri concittadini e elettori, una nuova classe dirigente in grado di assumersi la responsabilità di rappresentare nelle diverse realtà elettorali e istituzionali, gli interessi e i valori dei ceti medi e popolari dal cui equilibrio dipende la tenuta del nostro sistema sociale.

Certo la prima strada indicata sarebbe la più efficace e tempestiva, mentre la seconda necessiterebbe di tempi più lunghi, nei quali, comunque, il processo di ricomposizione politica sarebbe facilitato. Credo sia quanto mai giusto e opportuno provarle entrambe, convinti che, se rimanessimo inerti, la nostra condizione di irrilevanza si protrarrebbe ancora per lungo tempo, a tutto danno del nostro Paese.

Ettore Bonalberti