Le note di tanti amici mi spingono a intervenire anticipando sinteticamente qualche valutazione che avrei voluto esplicitare più ampiamente nella Direzione della D.C. che si riunirà, Covid permettendo, a breve.

Ripeto, pur rischiando la monotonia, che da due anni (dopo il XIX congresso nazionale della D.C.) continuo a sostenere che la ricostituzione organizzativa del partito è solo la premessa per recuperare e rivitalizzare un filone politico culturale che deve trovare una dimensione più ampia in un progetto politico mirato all'unità per quanto possibile dei cattolici democratici.

La federazione dei democratici cristiani e dei popolari è stata pensata come primo passo verso questo obiettivo recuperando una parte consistente della diaspora democristiana e coinvolgendo alcune esperienze associative cristianamente ispirate.

Un esperimento, forse frettolosamente trasferito in una struttura rigidamente tradotta in norme statutarie formalmente vincolanti ma politicamente inefficaci.

La prima verifica alle elezioni regionali e amministrative si è rivelata disastrosa, nella assenza di una presenza politica identitaria della Federazione e nella applicazione di una sorta di "patto leonino" imposto dall'U.D.C con motivazioni di puro interesse partitico.

Il progetto iniziale resta valido, ma occorre una riflessione su tempi e modalità.
Esclusa la confluenza nell'U.D.C. attraverso l'improbabile assemblaggio verticistico proposto, ritengo anche difficilmente percorribile, allo stato, la costituzione di un nuovo soggetto politico senza Rotondi e Cesa.

I nuovi soggetti politici specie nell'area di centro sembra crescano come i funghi, rischiando di caratterizzarsi per l'irrilevanza politica ed elettorale tipica del proliferare in una passata stagione politica dei cosiddetti " gruppuscoli" nell'area della sinistra parlamentare ed extra parlamentare.

Il nostro progetto politico si salva e si valorizza se, con pazienza e operosità, recupereremo le ragioni e gli obiettivi dell'impegno comune, cominciando dalle sfide che ci attendono nella prossima primavera per la ricostituzione delle Amministrazioni nelle più grandi città italiane.

Partiamo dalle identità originarie per rilanciare lo strumento della Federazione non attraverso rigide norme statutarie, che alla fine non vincolano nessuno, ma attraverso scelte condivise e gestite da una struttura di coordinamento di carattere nazionale che operi per la progressiva aggregazione delle rappresentanze territoriali sui temi politico-programmatici e le scelte elettorali conseguenti.

E' un impegno di "work in progress" che, attento alle evoluzioni dello scenario politico e parlamentare, deve guardare con interesse e disponibilità a quanto di nuovo si muove positivamente verso l'impegno politico in un mondo associativo cristianamente ispirato e alle possibili interlocuzioni e alleanze con i partiti liberal democratici.

Diamo, su queste basi, sostanza programmatica e obiettivi politici al nostro progetto, per costruire a livello nazionale una strategia di ampio respiro, che guardi lontano e ci consenta di ripartire e operare con convinzione e concretezza.

 

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Anche il Presidente del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, ha espresso il suo pensiero in merito alla Federazione dei Democratici Cristiani e Popolari e all'ipotesi del "nuovo soggetto politico" in una lettera al suo Presidente. E' bene che i DC conoscano anche l'opinione del Presidente in vista della prossima riunione della Federazione.

 

Caro Presidente on. Gargani,

…. Non so se sono annoverato tra i "cattivi", cui fai riferimento, ma certo mi sorprende come la risposta alla non applicazione delle decisioni assembleari nelle recenti elezioni regionali e comunali sia la proposta di un passo in avanti di notevole impatto, senza chiarire le ragioni per le quali il ben più piccolo passo previsto per le recenti elezioni non sia stato attuato e senza che delle difficoltà che hai incontrato non sia stata data notizia alcuna ai soci, che si sono così trovati, senza sapere il perché, senza il soggetto politico, la Federazione, titolare di simbolo e responsabile centrale delle pratiche per la presentazione delle liste.

[…] Anche altrove la Federazione ha mancato ai suoi compiti. Probabilmente la responsabilità principale non è tua né del Comitato provvisorio, ma certamente del modo abborracciato con il quale la Federazione ha proposto il suo Statuto e l'Atto costitutivo, che non ha previsto specifiche modalità di adesione e di governo per i soggetti collettivi. Si aggiunga l'uso di concetti ambivalenti, come quello di "soggetto politico", che può essere sia un unico partito sia una Federazione. Lo stesso equivoco si ha con riferimento ai soci collettivi, assumendo che fosse sufficiente l'adesione dei segretari o, per la DC anche un orientamento favorevole della Direzione (o anche in via di massima, del Consiglio Nazionale) per la cessione di sovranità alla Federazione. Ancora confusione per la difficoltà di combinare l'obiettivo dell'unitarietà nella Federazione con l'autonomia politica dei soggetti collettivi (e specificamente dei partiti).

Vedo che all'odg c'è la creazione di una Commissione per la revisione dello Statuto, ed è giusto. Forse lo Statuto andava pensato meglio prima, all'atto della costituzione della Federazione.

Ma il problema principale è quello politico. O la Federazione raccoglie, oltre a soci individuali e rappresentanti di associazioni e movimenti, anche i partiti che finora hanno espresso orientamenti favorevoli alla convergenza federativa (UdC, DC, nCDU e non so di altri) oppure si traduce in un ulteriore soggetto politico accanto a questi partiti, almeno uno dei quali con lo scudo crociato. Ma tale convergenza richiede Congressi, decisione di rinunciare all'autonomia politica.

Il tesseramento può pure essere doppio, ma non il potere decisionale in materia di programmi, liste, alleanze, ecc.. O tu e il Comitato Provvisorio avete assicurazioni circa tale convergenza di UdC, DC e nCDU, oppure convocare un'assemblea per trasformare la Federazione in un unico partito politico lo giudico un azzardo, che porta più facilmente a rotture che  a risultati positivi. Non bastano gli appelli alla buona volontà e alla rinuncia a visioni particolariste. Finora, dopo le elezioni, l'unico a spingere in direzione di chiudere il proprio partito per quello nuovo è il nCDU tramite non un Congresso, ma il suo segretario l'on.Tassone, e quindi sempre con l'incognita di eventuali contestazioni di soci.

In ogni caso non vorrei sbagliarmi, ma il nCDU è il meno diffuso fra i tre partiti. Ritengo che sia sbagliato trasformare la Federazione in un partito o anche solo porre la proposta al voto in un'assemblea, prima di aver trovato l'accordo fra i tre partiti e la cosa non mi pare facile, almeno per la DC, che si appresta a un Congresso forse a gennaio prossimo. Pensi che la DC possa chiudere come partito?

Per questo in un mio scritto che credo hai letto, propendo per rivedere lo Statuto, ma mantenendo una struttura federativa con diritto di recesso, in modo che le convergenze nascano da convinzione. Strumenti coercitivi come impliciti in un unico partito (che decide a maggioranza) mi paiono inattuabili e comunque spuntati. Sarà il buon funzionamento della Federazione a porre le condizioni per una successiva unificazione in un unico partito. Ora, a novembre, non mi pare che tale buon funzionamento possa essere vantato.

Mi scuso per il lungo messaggio, ma preferisco farti sapere in anticipo, rispetto all'Assemblea, il mio punto di vista, personale.

Cordiali saluti, Renzo Gubert

Trento, 1° novembre 2020