Il ridestarsi di questo eroico quotidiano nel panorama del giornalismo, sia pure nella sua nuova veste on line, non avviene in un momento qualsiasi ma nel frangente più angoscioso della nostra Italia, messa in ginocchio da una pandemia che non accenna ad attenuarsi, ma dove, al contempo, è forte il bisogno di reinventare, con progetti credibili e autorevoli, il futuro delle nostre comunità.
Noi, anche sulla spinta del prezioso patrimonio storico di ideali e valori, che consentirono nel secondo dopoguerra una articolata ricostruzione del paese, ci siamo incamminati in un progetto di aggregazione di tutte quelle forze e di quelle formazioni che condividono e sono vicini ad una visione popolare, liberale e riformista, nell’intento di agglomerare le tante energie in una identità centrista distinta e distante dalle destre sovraniste e populiste e dagli avventurismi e dal trasformismo dei grillini e dalle ambiguità della sinistra.
Un agglomerato di tendenze che in questa prima metà della legislatura hanno condizionato l’indirizzo governativo, nella spocchiosa convinzione di “scrivere la Storia in diretta”, con odiose politiche populiste e giacobine, in un mix di dottrine che hanno avuto come modello l’antiparlamentarismo, la “decrescita felice”ed il pauperismo.
E non solo!
Anche sul versante geopolitico hanno disinvoltamente perseguito un forte indebolimento del tradizionale atlantismo, favorito,da una parte, dall’ imprudente abbandono del multilateralismo americano ad opera di Donald Trump,e dall’altra, supportato da crescenti accentuazioni filocinesi, con la “trovata” della “via della seta”: un ingenuo ponte per spianare la strada all’imperialismo cinese che già sta comprando a prezzi di saldo i migliori Know how del made in Italy.
In un tale scenario nessun paese può progettare efficacemente il proprio futuro se si consegna mani e piedi alle finanze sovrane di questi paesi protesi ad affermare pervasive egemonie economiche.
Questo ci dà il segno di quanto sia ineludibile un credibile progetto centrista per riposizionare saldamente l’asse del sistema politico su una chiara visione europeista, popolare e riformista con accenti preminenti sugli assi portanti di un nuovo umanesimo integrale capace di assicurare un nuovo e più equo modello di sviluppo, un miglioramento generale della convivenza civile e sociale e un ripianamento effettivo del divario nord-sud.
E in tale processo però,mentre la Federazione dei democratici cristiani, che per questo scopo era stata costituita, lo scorso anno, nel centenario dell’Appello ai liberi e forti di Don Luigi Sturzo, segna il passo, la DC, rinata, si propone,senza indugio, a baluardo di un idea di paese che assicuri una tutela non negoziabile all’istituto della famiglia, un modello economico che non acuisca il dualismo capitale-lavoro ma che crei quella virtuosa sintesi compartecipativa che assicuri a lavoratori e imprenditori le giuste remunerazioni e la fiducia negli investimenti potendo contare su un quadro infrastrutturale adeguato a creare progresso e inclusione.
In tale prospettiva vale la pena citare quanto il Segretario politico Renato Grassi, nella sua relazione introduttiva nel corso della Direzione nazionale del 24 febbraio scorso, ha sottolineato:
”..La vera ed effettiva verifica non potrà che esser quella di un impegno comune alle prossime scadenze elettorali per confermare volontà politica, impegno e rappresentatività.
Inoltre per costruire uno spazio competitivo nell'area centrale bisogna allargare il campo e coniugare il popolarismo democratico cristiano con la carica riformatrice delle forze politiche di stampo liberal democratico.
E' questa, a mio giudizio, la scommessa sulla quale si gioca un progetto vincente che può far uscire il confronto politico dalla rigida contrapposizione destra/sinistra aprendo spazi inediti di iniziativa politica e di rappresentanza elettorale a una coalizione centrista.
La D.C. guarda avanti ed ha storicamente dimostrato di essere capace di costruire un patto sociale e politico con le culture liberal democratiche. Inoltre il filone politico culturale cattolico democratico trova nel popolarismo la capacità di adeguarsi al passo dei tempi e ai nuovi scenari che emergono dalle trasformazioni delle istituzioni e dell'economia. Abbiamo piena consapevolezza della sfida che è davanti a noi con le responsabilità da assumere e le scelte da effettuare”.
Non un solo minuto può essere allora sprecato nel confronto con le multiformità peculiari del nostro territorio, le rappresentanze delle organizzazioni sindacali e della società civile per delineare, nel modo più aderente alle aspettative e a serie prospettive di crescita equilibrata, un piano di sviluppo e di amministrazione del paese animato da quegli ideali e valori che si riconducono ancora, sia pure con lo sguardo attento ai nuovi bisogni e alle nuove istanze sociali ed economiche e ai nuovi ordinamenti che si richiedono nel campo della giustizia e della pubblica amministrazione e delle opere infrastrutturali,oltre che nella digitalizzazione e nella salvaguardia dell’ecosistema e nelle politiche del lavoro, sulla scia di un modello di sviluppo e di governo che fu della Democrazia cristiana nei suoi cinquant'anni di vita politica.
E sotto l’egida di quel simbolo e di quel nome c'è un'opinione pubblica che da tempo attende, in una continuità storica, questa nuova sfida politica affinché si recuperino e si impieghino tutte quelle potenzialità, quei filoni e quelle capacità di rappresentare i territori, i bisogni e le diverse aspirazioni dei ceti sociali, di cui fu artefice indiscussa, fino ai primi anni ‘90, la DC.
Luigi Rapisarda