di don Tommaso Stenico

 

 

Nell’ultima domenica di Avvento, la domenica prima del Natale, l’evangelista Matteo propone alla nostra riflessione la figura di San Giuseppe che, nel sogno, fu sollecitato dall'Angelo a prendersi cura di Maria, la quale avrebbe dato alla luce il Messia: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa … ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù».

Ma l’evangelista esprime, fin dall’inizio del suo racconto evangelico, l'intenzione di spiegare come avvenne – anche storicamente - la nascita di Gesù Cristo. Era iniziata una storia d’amore tra un giovane e una ragazza; c’era stata una promessa scambievole che sanciva la loro fiducia reciproca. Si sarebbero uniti in matrimonio e avrebbero accolto come dono di Dio i figli. Ma Maria, promessa sposa di Giuseppe, era incinta per opera dello Spirito Santo. Nel diritto matrimoniale ebraico fidanzamento e nozze, pur essendo distinguibili, non erano separabili. Secondo i costumi dell’epoca il matrimonio avveniva in due tempi. Dopo l’impegno che legava gli sposi giuridicamente, la sposa restava sotto il tetto paterno per circa un anno, fino al giorno in cui lo sposo l'avrebbe portata a casa sua per iniziare la vita comune. Durante l’anno in cui la sposa sarebbe rimasta ancora sotto la tutela del padre, non erano ammessi i rapporti sessuali, almeno in Galilea. Non si dimentichi che le ragazze venivano promesse in matrimonio tra i 12 e i 15 anni e che i ragazzi non erano molto più anziani. Giuseppe doveva essere anche lui poco più che un ragazzo.

Matteo narra come avvenne la nascita di Gesù ponendosi dal punto di vista di san Giuseppe promesso sposo di Maria, la quale, «prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo». L’uomo giusto, la cui esistenza fu sconvolta dal progetto di Dio e la cui fede conobbe un travaglio carico di angoscia, fu rassicurato dall'angelo del Signore apparsogli in sogno, il quale esortò Giuseppe a confidare nel nome del Signore che salva. Isaia profeta lo aveva annunciato 734 anni prima della nascita di Cristo. Dovettero trascorrere otto secoli tra l'annuncio e il compimento! Ma Dio è fedele e adempie le promesse. E quel "segno" profetizzato fu il Bambino nato dalla Vergine Maria; il segno eterno del vero Emmanuele nato da Maria di Nazaret.

Ma torniamo a Giuseppe; la sua aspirazione era quella comune a ogni giovane suo contemporaneo: conoscere una brava ragazza, maritarsi e avere una discendenza; la ragazza l’aveva già: era Maria, una brava giovane di Nazareth. Doveva solo compiersi – secondo la legge - il tempo del fidanzamento e poi l’avrebbe sposata. Ma i progetti di Giuseppe furono sconvolti: Maria attendeva un figlio non suo. L'Evangelista Matteo mostra il dramma del giovane che, obbedendo alla legge mosaica, avrebbe dovuto denunciare pubblicamente e far condannare a una morte violenta la giovane madre.

Ma Giuseppe, «poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto». Decise, infatti, in cuor suo di allontanarsi da lei, rinunciando a ogni diritto, per lasciarla nella sua personale responsabilità. Un atto di sincera bontà e di ammirevole rispetto dimostrando di essere obbediente alla volontà di Dio nel suo primo proposito di rinviare Maria.

Invece non doveva essere così. Non così Dio aveva previsto. Dio ha sconvolto completamente la vita di Giuseppe. «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa!». La difficoltà in cui si trovava Giuseppe poteva essere risolta solo da Dio, il quale gli diede le direttive necessarie inviandogli in sogno «l’angelo del Signore» che informò Giuseppe circa l’origine del figlio di Maria: il suo concepimento era dovuto a Dio che operò in lei mediante il suo Spirito. E mentre Giuseppe era immerso in questa sofferenza, in questa ricerca di giustizia e di misericordia, ecco la rassicurazione: «Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo …». Solo dietro indicazione divina egli avrebbe potuto prendere con sé Maria insieme a questo bambino generato dallo Spirito e, di conseguenza, farlo entrare con diritto nella discendenza messianica.

Matteo conclude il racconto osservando che Giuseppe, destatosi dal sonno, «fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa». Con quel gesto egli superò le sue difficoltà e, prendendo con sé Maria come legittima moglie, adottò al tempo stesso il nascituro come suo figlio. Matteo aggiunge inoltre che Giuseppe chiamò il figlio che la moglie gli partorì con il nome Gesù. Giuseppe rinunciò al figlio “secondo la carne” e ricevette un figlio “secondo la promessa” (cf. Gal 4,23.28).

Dio ha aiutato Giuseppe ad avere occhi per ciò che immediatamente non percepiva. E Giuseppe credette. La sua grandezza fu quella di a­mare qualcuno più di se stesso. Per amore di Maria trovò spazio nel suo cuore e accolse quel bambino non suo. E divenne vero padre di Gesù, anche se non ne fu il ge­nitore introducendo in tal modo legalmente il Bambino di Nazaret nella stirpe di Davide. Suo fu, infatti, il compito di dare il nome al Figlio: Gesù, che significa: Dio salva.

Di Giuseppe nel Vangelo si dice questo e poco altro: la nascita, la fuga in Egitto, la visita al tempio. Ma non viene registrata nessuna parola. Si domandò il Papa Paolo VI: "Cosa sappiamo noi di Giuseppe? Nessuna parola è registrata nel Vangelo: il suo linguaggio è il silenzio, è l'ascolto di voci angeliche che gli parlano nel sonno, è l'obbedienza pronta e generosa a lui chiesta, è il lavoro manuale espresso nelle forme più modeste e faticose, quelle che valsero a Gesù la qualifica di 'figlio del falegname': e null'altro. Si direbbe la sua vita è oscura, quella di un semplice artigiano, priva di qualsiasi accenno di personale grandezza. Il Vangelo lo definisce 'giusto': e lode più densa di virtù e più alta di merito non potrebbe essere attribuita a un uomo di umile condizione sociale”.


Cari Amici

La vicenda di Giuseppe conferma lo stretto legame della storia di Dio con quella degli uomini. Dio è l'«Emmanuele», il «Dio-con-noi» annunciato dal profeta Acaz. Nella vicenda del Falegname di Nazaret ogni cristiano può leggere il proprio cammino di fede per imparare a non temere e a lasciarsi coinvolgere dalla gratuità dell’amore di Dio. Nel cuore di ciascuno Dio è all’opera. Dio ha un progetto per ciascuno di noi; chiede solamente l’obbedienza della fede per accoglierLo nella nostra vita. Dopo il tormento di una vicenda drammatica Giuseppe ha compreso che quella vicenda rispondeva a un progetto di Dio e lui stesso vi era coinvolto. Dovremmo essere capaci e disponibili e fare nostro nella nostra quotidianità l’impegno di Giuseppe, il quale «quando si destò dal sonno … fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa».

È questo il grande suggerimento che ci dà oggi Giuseppe: fare quello che il Signore vuole. La vocazione cristiana è chiamata in qualche misura alla collaborazione con Dio che richiede a noi fede forte, disponibilità  a fidarci di Lui, generosità a collaborare là dove siamo stati posti per fare conoscere Gesù, il Salvatore, il Dio con noi. Questo vuol dire lasciare a Dio la possibilità di indicarci strade nuove. Ma, forse, molte volte noi preferiamo i compromessi; troppe volte facciamo a meno di Dio, e preferiamo agire piuttosto secondo i nostri calcoli. In sostanza non ci fidiamo di Dio! È una storia antica che puntualmente si ripete.

Il coraggio dell'amore! Ec­co che cosa ci è chiesto mentre ci stiamo rapidamente avvicinando alla grotta di Betlemme. In un modo o nell’altro siamo immersi nel clima del Natale; un clima che sempre più sembra fare a meno di Dio e tutto riduce al tripudio di luci e regali. L'uomo sembra aver dimenticato che Natale è l'evento più straordinario della storia umana. Che non capiti proprio a noi di snaturare il significato del Natale! Che non capiti proprio a noi di fare festa senza che vi sia il Festeggiato! Il vangelo di oggi ci richiama al significato autentico della Natività con la sua carica di dramma e mistero.

Chiediamo a Maria, la piena di grazia, l’obbedienza della fede. Uniamo il nostro quotidiano al fiat di Maria per essere pronti e capaci di accogliere il Signore che viene. E davanti al mistero ineffabile del Verbo fatto carne, fermiamo lo sguardo un attimo su Giuseppe per ammirare la sua fede profonda e apprendere da lui il segreto di una umile propensione a seguire le vie di Dio. Chiediamo a San Giuseppe che ci ottenga il coraggio dell’amore, soprattutto quando non riusciamo a “vedere” con chiarezza il piano di Dio nella nostra vita. Come ha fato lui, fidiamoci di Dio!

La celebrazione dell’Avvento ci invita all’accoglienza del Signore nella nostra vita. Egli si è fatto uomo per essere il Dio-con-noi, esperto del nostro vivere: della fatica, delle gioie, della sofferenza. Chi cammina così custodisce in sé il mistero della presenza di Dio e lo porta con sé sempre. La presenza di Gesù in mezzo agli uomini, cominciata a Betlemme, non finirà mai. L'Emmanuele è presente nella nostra vita di tutti i giorni; ma dobbiamo accoglierLo; accogliere nella nostra vita il Verbo della Vita che ci viene dal cielo.

Celebrare il Natale significa lasciarsi coinvolgere nella storia della salvezza, accogliendo senza timore la presenza di Dio nella propria vita. E tutta la vita cristiana non è altro che questa risposta d'amore al dono di amore che Dio ci ha fatto con il Natale.
Lasciamoci raggiungere da Cristo!

E il tempo dell'attesa si convertirà in tempo di nascita dell'Atteso: la Luce nascerà là ove la si lascerà nascere ieri, oggi e domani. Si tratta di ravvivare in noi questo sogno e di dare ospitalità in noi al sogno di Dio.

È questo il vero motivo per cui ogni anno si celebra il Natale.