In occasione del cinquantesimo di sacerdozio del vescovo di Trento monsignor Carlo de Ferrari, Flaminio Piccoli ne ricordò gli “anni di paternità spirituale, nel dolce segno della Grazia santificante”, alla quale – aggiunse - “ha chiamato con serena insistenza e con profonda consapevolezza il popolo cristiano”. Per l’Azione cattolica egli ebbe un’attenzione particolare, ma anche negli anni di Endrici (vescovo dal 1904 al 1940) era forte l’attività degli aderenti all’associazione. Nel 1945 essa contava nella diocesi di Trento 48.000 iscritti; nel 1957 essi giunsero a 63.000, un decimo dei battezzati e una donna su quattro.

“L’opera di AC – scrive Roberta G. Arcaini – si caratterizzava per un’intensa attività che caratterizzava le iniziative più varie, in campo sociale, educativo, formativo”. La stessa Chiara Lubich, che vi era entrata a 15 anni, ne ricoprì qualche incarico divenendo anzi ben presto dirigente giovanile diocesana, mentre da parte di taluno - così Anna Menestrina nei suoi Diari - si avvertiva un senso di insoddisfazione: forse a causa degli itinerari formativi e dell’impostazione pedagogica dell’associazione, “basati piuttosto sul sola glossa, con riferimento costante ai Dieci Comandamenti, al Catechismo di Pio X, con un contatto con le Scritture molto prudente e sempre mediato”. 

Nel 1952 presidente dell’Azione cattolica trentina venne nominato Flaminio Piccoli, per il noto Fortebraccio (al secolo Mario Melloni) “un reazionario di montagna, col pelo ruvido e i piedi prensili”, ad avviso di Giorgio Postal invece “la personalità trentina che più ha concorso al riscatto economico delle nostre popolazioni”, mentre Franco de Battaglia lo vede come una “figura costruttiva, ma anche divisiva”. Nell’Azione cattolica Piccoli fu con Mario Rossi (dimissionario nel 1954) contro Luigi Gedda, rivendicando l'esigenza di distinzione tra i compiti di formazione religiosa e spirituale dell'associazionismo cattolico e il ruolo politico e autonomo del partito.

Questa presa di posizione gli costò anche un intervento de L'Osservatore Romano e la sua rimozione dalla presidenza diocesana dell'associazione cattolica trentina. Invece Mario Rossi – spiegherà don Lorenzo Milani alla madre qualche tempo dopo (la lettera, spedita da Barbiana, è dell’11 agosto 1958) – “è quel giovane che era presidente dell’Azione cattolica pochi anni fa e che poi fu buttato fuori con la conseguenza di una immensa dimissione di dirigenti per solidarietà con lui” .

Nella sua biografia lubichiana, commissionata dal Centro Chiara Lubich e pubblicata dall’editrice Città Nuova, Maurizio Gentilini critica Gedda “per l’attenzione riservata all’azione più che alla spiritualità” e “per un atteggiamento decisamente debole nei confronti della democrazia”. Nel mirino gentiliniano finirebbero probabilmente, a maggior ragione, i “geddiani”, ossia i “seguaci e simpatizzanti di Luigi Gedda, Presidente dei Comitati civici”, come li definiva Sabbatucci nel suo “Il linguaggio dei politici. Glossario” (Armando, 1965).

Altra figura legata all’Azione cattolica trentina è quella di don Silvio Benedetti - catechista e parroco a Trento, decano a Pinè -, cui il vescovo Alessandro Maria Gottardi affidò per nove anni la guida dell’associazione nei difficili anni del dopo Concilio. “Dalla sede di via Torre Verde e in centinaia di incontri nelle valli – scrive il settimanale diocesano Vita Trentina – egli fece conoscere il messaggio del Vaticano II; un’opera proseguita anche come direttore di Villa San Nicolò, casa di preghiera e di formazione”. Il periodico ricorda poi  “l’impegno con cui seguiva anche i più piccoli gruppi parrocchiali”.

Una menzione, inoltre, per Annamaria Giacomolli di Brentonico, direttrice di una casa dell’Azione cattolica trentina a Predazzo che nel 1971 ospitò una vacanza invernale di Gioventù Studentesca, nonché – a Lizzana – per “un gruppo secondo il carisma dell’Azione cattolica, guidato inizialmente dal responsabile diocesano, don Severino Visintainer, e poi dalla presidente parrocchiale del gruppo (Giuliana Prezzi Zendri), che poi è diventata presidente diocesana dell’Azione Cattolica”.“Questo gruppo – precisa nelle sue memorie don Romano Caset – usava testi ufficiali dell’Azione cattolica diocesana”. 

Significativa, nella storia dell’associazione, anche la data del 20 novembre 1965, allorché “undici arcivescovi e vescovi provenienti da tutti i continenti, una sorta di piccolo Concilio in terra trentina… si unirono quasi in maniera fortuita all’assemblea dell’Azione cattolica, prima di partecipare in Duomo alla preghiera dei primi Vespri”.

Nella circostanza Tomasi ricorda il ruolo svolto in seno all’assemblea conciliare da mons. Gottardi e mons. Gargitter ed i “momenti di febbrile attività pastorale” che a Trento precedettero e seguirono l’evento. In Trentino, però, c’era anche la Juventus, un’organizzazione cattolica studentesca animata da don Oreste Rauti, che ci teneva a marcare l’autonomia della sua associazione dall’Azione cattolica nazionale. 

 

Ruggero Morghen