La "questione dell'uomo" è essenziale per una comprensione corretta delle attuali evoluzioni culturali …. Promuovere un nuovo umanesimo, infatti, implica una chiara comprensione di ciò che questa "novità" incarna veramente. Lungi dall'essere frutto di un superficiale desiderio di "nuovo", l'anelito a un nuovo umanesimo deve tener seriamente conto del fatto che gli uomini e le donne d’oggi sono sempre più consapevoli della loro chiamata a impegnarsi attivamente nel plasmare la propria storia.

Si esprimeva così Benedetto XVI rivolgendosi ai Rettori delle Università dell’Europa nel giugno 2007. Tuttavia l’impegno a plasmare la propria storia reca con se una grande inquietudine, che è congenita all'esistenza umana. La grandezza dell'uomo è proprio questo diritto che egli ha di decidere il proprio destino, la propria vita. Ma questo non è e non deve essere un salto nel buio, ma una scelta in base a un valore, a un ideale: l'ideale è il senso della vita individuale e sociale.

Per por mano a questo straordinario progetto occorre aver risolto prima il problema della realtà, per cui ogni azione umana è ricerca di un Assoluto. L'uomo, infatti, è radicato nell'Assoluto e tutto conduce a una presenza sollecitante di un Assoluto nello spirito umano.

Senza questa presenza il progresso della scienza, della cultura, dell'arte sarebbe inspiegabile e impossibile.

L'esistenza dell'uomo è angoscia e inquietudine, tensione, aspirazione, ricerca, in quanto l'essenza dell'io è quella d'essere una sintesi d'infinito e di finito, di temporale e di eterno, di libertà e di necessità. Per questo ogni uomo è disperato, come dice Kierkegaard, tranne quando "orientandosi verso se medesimo, l'io si immerge, attraverso la propria trasparenza, nella potenza che l'ha posto" (La malattia mortale, Firenze, 1953, p. 217).

È questa veramente la "malattia mortale" dell'uomo moderno, "l'eterno morire senza tuttavia morire", "l'auto distruzione impotente" dell'uomo che non vuole più riconoscere il suo Dio, non vuol più porsi davanti a Dio, (ibidem), e arrivare al "trascende te ipsum" di S. Agostino.

Solo con l'accettazione dell'Assoluto, con la scelta di Dio e l'accettazione della sua legge, l'uomo e la società potranno o salvarsi scegliendo Dio (conversio ad Deum), o perdersi scegliendo l'effimero (conversio ad creaturas). Altrimenti vi sarà, per dirla ancora con Kierkegaard, "confusione su tutta la linea".

Tutte le antropologie concordano nella concezione dell'uomo come essere che deve farsi. 

Dalla visione dell'uomo come:

-    essere essenzialmente desiderabile nella filosofia greca e cristiana,

-    dell'uomo come "essere avanti a sé" (Heidegger),

-    dell'uomo come progetto (Sartre),

-    dell'uomo come speranza (Marcel),

l'uomo è stato considerato come una tensione verso ciò che ancora non è, come una radicale ricerca.

Però l'uomo si realizza nel dialogo con l'altro, con il mondo, con l'essere-oggetto, al quale appartiene certamente il suo stesso essere, ma anche gli altri esseri. L'uomo è in contaste divenire, entrando in un rapporto conoscitivo, volitivo, valorativo e pratico con gli esseri è principalmente con l’Essere. Questo rapporto con l'Essere, cioè la religio è la salvezza dell'uomo, in quanto risponde efficacemente a un'ansia umana che non può appagarsi in ciò che è terreno.

Per l’antropologia cristiana (quella che a noi interessa!) solo Dio può dare risposta ai problemi essenziali dell'uomo, alla sua finitezza e alla sua conseguente inquietudine, derivanti dalla struttura stessa del divenire essenziale, per cui l'uomo:

  1. è un essere temporale nella, continua distruzione del presente, nell'incertezza del futuro, e nell'oblio del passato;
  2. è un essere libero, ma di libertà finita, nella costante necessità di rinunciare a tutte le infinite possibilità della esistenza, eccetto ad una (ogni scelta comporta una rinuncia);
  3. inoltre è un essere minacciato a causa delle limitazioni imposte dal mondo in cui vive (basti pensare al destino, al dolore, alla morte);
  4. è un essere ansioso per l'incapacità del mondo a rispondere alle esigenze fondamentali del divenire umano.

L'uomo infatti vive nel mondo, ma tende al di là di questo mondo: è questo il paradosso dell'uomo. Salvare l'uomo significa, allora, risolvere la sua tensione, vanificare la sua estraneità rispetto all'Essere Infinito. “Una falsa dicotomia fra teismo e autentico umanesimo, spinta all'estrema conseguenza di creare un conflitto irrisolvibile fra diritto divino e libertà umana, ha condotto a una situazione in cui l'umanità, per tutti i suoi progressi economici e tecnici, si sente profondamente minacciata. Come ha affermato il mio predecessore, Papa Giovanni Paolo II, dobbiamo chiederci "se l'uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperto agli altri" (RH 15). (Benedetto XVI, 25 giugno 2007)

L'impegno del cristiano nel mondo è quello di corrispondere e cooperare con l'impegno di Dio nel mondo. Tutta la storia insegna e conferma che l'uomo senza Dio non è che la rovina di se stesso. "Il deserto - per usare una frase di Nietzsche - si fa sempre più deserto"; il principio dell'immanenza che voleva restituire l'uomo a se stesso, strappandolo all'ossequio verso Dio, l'ha proiettato fuori di sé assorbendolo nella natura, nella scienza, nella storia, nella politica. Ma senza una sana visione verticale della vita non si ha nemmeno una sana visione orizzontale.

Si può dunque affermare che verità e libertà dell'uomo sono divenute una realtà molto problematica e stanno attraversando una grave crisi. Se vogliamo allora agire intelligentemente ed efficacemente su noi stessi e sul mondo, si tratterà di gettare un po’ di luce su questi eterni problemi, avere un'idea esatta sulla natura della libertà umana e della verità e sulla interferenza fra questi due valori per una sana formazione umana individuale.

Dobbiamo inoltre, dolorosamente constatare che "niente è più malato, in questo preciso momento del nostro tempo, che l'intelligenza, niente meno amato che la verità " (J. Danielou).

In un tempo apparentemente così "razionale" o " razionalista" come l’attuale nostro, chi ne fa la spesa è proprio l'intelligenza e la ragione. Ricorda ancora Papa Benedetto nel discorso citato: “Una corretta comprensione delle sfide lanciate dalla cultura contemporanea e la formulazione di risposte significative a tali sfide devono avere un approccio critico ai tentativi limitati e, in definitiva, irrazionali di restringere la sfera della ragione. Il concetto di ragione deve essere invece "ampliato" per essere in grado di esplorare e comprendere quegli aspetti della realtà che vanno oltre la dimensione meramente empirica. Ciò permetterà un approccio più fecondo e complementare al rapporto fra fede e ragione”.

Ridare agli uomini di oggi, ed in modo particolare ai giovani, la fiducia nella ragione umana nell'intelligenza, è senza dubbio un grande servizio. Le più gravi crisi hanno origine dalla perdita del senso della dignità e del fine proprio dell'uomo. Assistiamo infatti a uno stravolgimento e a un capovolgimento dei valori della vita: i mezzi economici, la produzione, le ricchezze sono considerati come fini assoluti:

  1. L'uomo è ridotto a un mezzo, è stato degradato a merce che vale più o meno a seconda dell'uso che se ne può fare e del bisogno che se ne può avere.
  2. La persona umana, considerata solo come materia e formica nella massa, seppellita come cosa tra le cose esistenti nel mondo, ha perduto il suo valore, la sua prerogativa intellettuale e spirituale, che l faceva re del creato.
  3. L'uomo, disancorato da Dio, ha smarrito la via del proprio destino spirituale e ultraterreno, ed è divenuto unicamente il produttore di utilità economiche, una macchina tra le altre macchine.

La riforma più urgente quindi è quella dell'uomo.

È stato detto che l'unico miracolo possibile nell'economia e nella politica è "quello della rapida valorizzazione dell'uomo". Valorizzare l'uomo vuol dire elevare l'uomo al sublime mondo della grazia, metterlo a contatto con Dio, fargli sentire e adorare e amare Dio nella sua onnipotenza provvida e paterna; vuol dire destare nell'uomo i grandi valori sopiti della nostra dignità e libertà; destare inquietudini costruttive per modificare a poco a poco il suo modo di pensare è di agire, e creare così gli elementi del vero progresso individua le e sociale.

Per sapere "cosa deve fare", l’uomo deve sapere prima "chi è?". Questo interrogativo assilla non tanto il singolo come persona privata, quanto lo stesso come membro della collettività umana, in cui ha responsabilità pubbliche, politiche e sociali.

E’ nell'ethos, nella morale e nella religione che tutto l'agire dell'uomo diviene tipicamente umano, poiché con esso realizza il proprio ordine, la sua dignità di persona, che in ultima analisi deriva dal suo rapporto con Dio. Anzi gli altri rapporti dell'uomo - con se stesso, con l'universo, con gli altri uomini, - devono essere regolati da questo rapporto che l'uomo ha con Dio. Ha ricordato Benedetto XVI: Un’altra “questione che deve essere indagata riguarda la natura del contributo che il cristianesimo può rendere all'umanesimo del futuro. La questione dell'uomo, e quindi della modernità sfida la Chiesa a escogitare modi efficaci di annuncio alla cultura contemporanea del "realismo" della propria fede nell'opera salvifica di Cristo. Il cristianesimo non va relegato al mondo del mito o dell'emozione, ma deve essere rispettato per il suo anelito a fare luce sulla verità sull'uomo, a essere in grado di trasformare spiritualmente gli uomini e le donne, e quindi a permettere loro di realizzare la propria vocazione nel corso della Storia”.

È giusto quindi richiamare questi principi immutabili perché il mondo non si trasformi in una società anonima, senza il minimo senso di responsabilità morale avendo dimenticato che l'uomo è il fondamento, il fine e il soggetto del mondo economico-sociale, e di conseguenza i problemi sociali sono soprattutto problemi morali e religiosi.

Non v’è dubbio: al fondo dell’odierno dramma sociale, c’è una visione errata della natura e delle finalità dell’uomo.

 

Teofilo