di Erttore Bonalberti
Ho letto con attenzione l’intervista di Massimo Cacciari a cura di Daniela Preziosi, pubblicata su Il Domani, e l’articolo di Mariangela Fogliardi di ieri su Il Domani d’Italia: Il centro sinistra in Veneto e la voce (silenziosa) dei cattolici democratici sulla situazione politica regionale del Veneto. Ho tratto da queste letture alcune riflessioni, in parte, ben evidenziate nel mio libro di prossima pubblicazione sul ruolo dei DC e Popolari nel Veneto.
Nella nostra regione stiamo vivendo un momento molto delicato, specie nel partito, la Lega che, dal 2010, ha assunto la guida del governo regionale, dopo che, esaurito il terzo mandato del presidente Zaia, si è aperta la trattativa a destra per la sua successione, che non si annuncia indolore. Credo vada fatta una seria riflessione sulla Lega Veneta, considerato che i cinquantacinque anni della vita regionale sono contrassegnati dai venticinque di egemonia della DC (1970-1995), con l’intervallo della giunta Pupillo ( 1993-94); il quindicennio infausto di Galan (1995-2010) (quello del: “Il Nordest sono io”), e i quindici anni ( 2010-2025) del presidente Zaia, tuttora in atto.
Sarebbe utile un seminario sulla vicenda politica veneta dopo oltre cinquant’anni dall’istituzione regionale: dall’egemonia DC a quella leghista, oggi insidiata dalla destra e con una partecipazione elettorale passata dal 94,6 % degli anni ’70 al 66,4 % degli anni’90 a poco più del 50% oggi. Partiamo da una prima considerazione: il Veneto era bianco finché la società civile era bianca, dominata dalla cultura delle parrocchie. Mutamento nel contesto socioculturale religioso dei veneti e mutamento politico elettorale. Dalla religione di senso comune all’autonomia del credere….
Primo studio della DC veneta sul fenomeno leghista
Una commissione di studio da me coordinata, formata dai proff. Nicola Berti, storico, Ulderico Bernardi, sociologo, e Ferruccio Bresolin, economista, fu organizzata dalla DC veneta a metà degli anni ’80, al verificarsi dei primi smottamenti elettorali verso la Lega, specie nell’area pedemontana del Veneto. Partiva dalla realtà artigiana, contadina e commerciale quel disimpegno dal voto alla DC, identificata come responsabile di “ Roma ladrona”.
La Lega, che assume l’egemonia-dominio dal 2010 in poi, non riesce tuttavia a imporre un proprio modello culturale incentrato sulla primigenia idea della “veneticità”: il basso continuo, in senso metaforico, rappresentato dal cattolicesimo, nonostante i colpi subiti a causa della secolarizzazione, esercita ancora una discreta influenza, mentre invece “il venetismo” della Lega si limita a mettere il cappello ( ideologico) sulla vitalità linguistica e dei costumi popolari che la società veneta continua ad esprimere.
Erano gli obiettivi primigeni della Liga Veneta di Tramarin e Rocchetta, con i quali svolsi un incontro nella sede regionale della DC agli albori della loro esperienza politica. I caratteri derivati dalla formazione ricevuta di molti degli attuali leader leghisti veneti dalle loro famiglie, in larga parte di area democratico cristiana, sono rimasti intatti, come abbiamo potuto constatare nella battaglia condotta insieme ai leghisti nel referendum per il NO alla deforma costituzionale renziana, largamente vincente nella nostra regione.
Certo, quindici anni ininterrotti di egemonia-dominio nel governo veneto della Lega, caratterizzati da una gestione che, come ha giustamente rilevato Cacciari, è in larga parte derivata dall’esperienza DC, partito-stato in Italia come nel Veneto, sente il peso e le contraddizioni risultanti dalla nuova battaglia emersa tra le ”volpi e i leoni” (teoria paretiana) della Lega storica con i nuovi esponenti dei partiti del centro-destra, Fratelli d’Italia e Forza Italia, che hanno condotto una dura gara per la conquista della candidatura alla leadership regionale, dopo che Zaia non è più ricandidabile alla presidenza di giunta.
Per quanto riguarda la DC, è dal 1995 che non sono più stati eletti esponenti dello scudo crociato nel consiglio regionale, esattamente gli anni della lunga e suicida diaspora democratico cristiana, esplosa nel Veneto come nel resto dell’Italia.
Sarebbe, però, riduttivo considerare “silenziosa” la voce dei cattolici democratici nel Veneto.
Qui, come nel resto del Paese, la complessa realtà politica dell’area cattolica si esprime nelle diverse culture di ispirazione democratica, con orientamento a sinistra; liberal moderata, che ha sostenuto, prima Forza Italia, e, adesso, una parte significativa anche Fratelli d’Italia, e quella dei cristiano sociali, oggi presenti in Iniziativa Popolare, determinati a concorrere alla ricomposizione politica dell’area cattolica, nelle sue diverse articolazioni sociali e culturali. Ricomposizione necessaria per concorrere alla costruzione di un centro della politica italiana con le altre culture di ispirazione democratico costituzionali.
La sinistra è sempre stata minoritaria nel Veneto e senza il collegamento con un centro forte ricomposto, molto difficilmente riuscirà a spuntarla su una destra oggi, anche nel Veneto, a forte dominanza del partito meloniano. Tra i più significativi momenti di esistenza in vita dei reduci DC ricordiamo: il tentativo compiuto a Monte Berico nel 2014 con gli amici Domenico Menorello e Luciano Finesso della Federazione dei Popolari veneti e la nostra battaglia per la macroregione del Nord-Est, che non fu raccolta dagli amici della Lega.
Da qualche mese, infine, è avviato il tentativo coraggioso dei Popolari per il Veneto, presidente del movimento allo statu nascenti, il prof Scanagatta, sostenuto dall’ex consigliere regionale democratico cristiano, Iles Braghetto, i quali hanno redatto un manifesto politico e alcune linee di programma ispirati dai valori della migliore tradizione cristiano sociale e popolare. Incontri sono stati avviati nelle province di Padova, Treviso e Venezia e proseguiranno nelle altre quattro (Verona, Vicenza, Rovigo e Belluno), al fine di predisporre una lista di area DC e popolare per le prossime elezioni regionali.