di Ettore Bonalberti

 

Un bell’articolo su Avvenire di Giovedì 31 Luglio (Raiffeisen, come vincere la miseria con il credito cooperativo) ha ricordato la figura di Friedrich Wilheim Raiffeisen, politico tedesco, fondatore delle Casse cooperative di credito in Germania, un’importante iniziativa solidaristica che in Italia troverà il suo realizzatore in Leo Wollenberg, in Italia come in Germania quale strumento per superare la miseria contadina.

La lettura di questo articolo mi ha ricordato le lezioni che il compianto prof. Gino Barbieri ci impartiva a Trento, con le su tesine, tra le quali, una dedicata a San Bernardino da Feltre (Feltre, 1439 -Pavia, 1494), al secolo Martino Tomitano, inventore dei Monti dei Pietà, sorti per combattere l’usura e dai contemporanei, per questa sua opera, soprannominato “ el trombeta de Dio”. Un ricordo delle ormai antiche letture sul testo fondamentale di storia economica di Amintore Fanfani, che del prof Barbieri, fu amico e maestro, sull’origine del capitalismo.

Come è noto da tempo si discutevano le tesi di Max Weber che con “ Etica protestante e spirito del capitalismo” attribuiva proprio al protestantesimo e alla sua teoria che identificava nel lavoro come valore in sé l’essenza del capitalismo e riconduceva all’etica della religione protestante, in particolare calvinista, con il principio della predestinazione, lo spirito del capitalismo. A Weber rispose lo storico tedesco Werner Sombart ( 1863-1941) con l’opera “ Gli ebrei e la vita economica”. Sombart è stato un economista e sociologo tedesco, capocorrente della nuova scuola storica tedesca, che attribuiva agli ebrei e alle loro attività economiche, sollecitate dalle condizioni di emarginazione in cui quel popolo è stato costretto, la nascita dello spirito del capitalismo; gli ebrei, dunque, quali motori dello sviluppo economico.

Il Prof Barbieri ci ricordava invece la lezione fanfaniana che riconduceva ai mercanti imprenditori fiorentini la nascita dello spirito capitalista. Fanfani scrisse vari trattati di storia economica, importanti e assai riconosciuti a livello internazionale, tanto che gli economisti gli dedicarono una collana di studi in suo onore. Tra le opere più direttamente collegate all’idea dell’origine del capitalismo ricordiamo: Le origini dello spirito capitalistico in Italia /1933); Cattolicesimo e Protestantesimo nella formazione storica del capitalismo (1934); Un mercante del Trecento ( 1935). Quest’ultima opera mi ha ricordato la figura straordinaria di Francesco Datini da Prato (1335-1410) “il mercante di Prato”, inventore della lettera di cambio,  talora intesa come l’attuale cambiale.

In realtà, si trattava di una lettera che permetteva al possessore di ricevere, presso una banca designata sulla lettera, l’equivalente della somma indicata nella lettera stessa. In sostanza, un assegno che facilitò di molto lo scambio di beni e servizi e la sicurezza del commercio. Monti di Pietà e Casse rurali sono stati due modelli importanti anche nella storia dei popolari sturziani prima e dei Democratici Cristiani poi, se pensiamo alle molte iniziative che dalla Sicilia di don Sturzo, al Veneto del beato Giuseppe Toniolo nel Veneto, sono state avviate dai nostri avi con le prime casse rurali e le molte iniziative solidaristiche atte a sostenere le attività di artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori e per le famiglie meno abbienti.

Ricordare queste nostre origini nel tempo del turbo capitalismo dominante dove la finanza fa aggio sull’economia reale e sulla stessa politica, dovrebbe farci meditare sulla necessità di tornare al NOMA (Non Overlapping Magisteria) ossia al primato dell’etica e della politica sull’economia e la finanza, come più volte indicato dal prof Zamagni. Un ritorno che richiederebbe una semplice legge ordinaria, il ritorno alla legge bancaria del 1936, che stabiliva la netta separazione tra banche di prestito e banche di speculazione finanziaria.

Legge, che la DC, sempre impegnata con i Badioli e i tanti bravi presidenti delle Cassi Rurali e Artigiane in molti paesi dell’Italia, difese con l’autorevolezza di Guido Carli, uno dei più grandi governatori di Banca d’Italia.