di Ruggero Morghen

 

Il Giubileo dei giovani, recentemente celebrato, mi fa tornare alla mente il discorso che Pio XII tenne ai giovani del Movimento Avanguardia Cattolica Italiana, desiderosi di ascoltare “una parola di norma e di guida dal Padre della Cristianità”. Era il 4 gennaio del 1948. Nell’occasione papa Pacelli si soffermò sulla realtà vivente della Chiesa, che – disse - “è antica, ma anche eternamente giovane; ha una storia inesauribilmente ricca, ma non si perde nella storia; non è mai soltanto passato, ma sempre e in primo luogo presente”. E non è neppure mera teoria, ma “sempre anche verità applicata, realtà e attuazione, vita, amore, forza, adempimento”.  Nel suo discorso il pontefice spese inoltre meditate parole per la gioventù credente, ossia – precisò - la gioventù che ha alti fini, della cui realtà, potenza e valore essa è intimamente convinta”. 

Proprio ed esattamente la locuzione “gioventù credente” è stata usata in questi giorni dai giornali trentini per ricordare la figura di Giuseppe “Pino” Perini, recentemente scomparso. “Con la sua morte – si è scritto - si chiude per sempre il capitolo più luminoso (quanta luce c'è negli inizî!) della nostra gioventù credente - e orante, e cantante - che il Fatto cristiano, come lo chiamavamo allora, toglieva dalle sacrestie per restituirlo in qualche modo alla scuola, al lavoro, agli ambienti di vita, in definitiva alla storia. Il suo contributo alla fondazione e all'avvio della comunità di Cielle nell'Alto Garda trentino, a partire dal 1972 e dopo una volenterosa iniziativa di aiuto alle missioni, è ben lumeggiato nelle memorie di don Romano Caset, anch'egli presente e decisivo nella temperie ecclesiale di quegli anni. Anni vividi di iniziative e di presenza (altra parola-chiave del movimento) e funzionali alla formazione di una generazione che oggi, alle prese coi primi acciacchi, veleggia ormai sui 70. Il poeta d'Abruzzo non avrebbe difficoltà a riconoscerlo quale lavoratore silenzioso - parola concisa e volontà bene squadrata - che compiva con lene semplicità la cosa più difficile. Il suo volto di uomo impegnato con una proposta esistenziale ragionevole e comunitaria – concludeva la lettera citata -rimarrà nella nostra memoria come la parte migliore di noi stessi”. 

Figura esemplare della gioventù credente, Pino Perini è ricordato da Ilaria Polidoro come persona buona e sempre gentile, mentre Maurizio Raffaelli - che con lui lavorò 25 anni - ne sottolinea la grande umanità e il buon carattere. Antonietta Mascher lo rivede bambino giocare nel cortile dei nonni e, in bici, salutare gli amici per strada. Mauro Sirsi lo conobbe negli anni ‘80, quando lavorava alla Hurth: “Lui era il mio caporeparto, anzi era di più, era una gran persona. Mi pare impossibile non poter incontrarlo, scambiarci due parole. Ricordo che alla morte di mia madre mi restò vicino, comprendendo la mia sofferenza. Era una persona semplice, integerrima, amante del lavoro. Aveva la sua famiglia e si disinteressava delle beghe del mondo. Ora, passando dalla sua via, cercherò il suo sguardo senza trovarlo”.