In Russia tutto è eccessivo: un grande popolo, una grande cultura, una grande storia.

Non è eccessiva, invece, la vittoria di Putin alle soglie del suo quinto mandato. È la logica delle dittature: partecipazione massima popolare, percentuali bulgare di consenso, al limite del 90%. Come in Cina, ma l’esempio viene da lontano.

In Occidente, dove guadagnare il 27/28% alle elezioni è già una conquista, si resta stupefatti.

In Europa, diciamolo pure, governano le minoranze. Minoranze, poi, che sono ancor più minoranze visto che vota, in media, il 50% dell’elettorato. Il sistema democratico, che in origine era per contenere il potere, adesso, è quasi ustionato. Il potere prevale sulla democrazia usando i suoi stessi strumenti. Il potere s’identifica con il popolo e con un uomo. Non è una farsa elettorale come si può superficialmente sostenere, ma una realtà con la quale bisogna convivere.

Nel mondo governi e regimi per la più gran parte sono sorretti da questo genere di elezioni. Formalmente sono tutti sistemi democratici. È un sistema sbagliato che funziona molto meglio delle democrazie occidentali.

Purtroppo, la politica non si fonda, come dovrebbe, su principi etici. Da molto se ne è allontanata. Nella nostra esperienza europea Mussolini ed Hitler sono stati democraticamente portati al potere e, poi, non ne sono più usciti se non dopo una guerra disastrosa. È la fine di tutte le dittature.

La politica è la scienza degli interessi. Se quello che proponi mi conviene, sono con te. L’opposizione, quando c’è, ha interessi contrari. Gli interessi sono la realtà, travestita in vari modi: i destini imperiali, la riforma del mondo, la verità religiosa, i diritti umani, la libertà d’espressione e così via. Ma sono tutte fandonie. L’interesse è nel potere e nel suo mantenimento. Tutto qui.

Putin ha vinto perché è espressione di un potere assoluto che ha spazzato via qualunque opposizione. Il suo potere non si basa, come ai tempi del comunismo trionfante, su un’ideologia. Il tempo delle ideologie è finito. Si base su una visione nazionalistica panrussa che lusinga l’orgoglio nazionale. La Russia vuole la sua parte del mondo e la concezione di Putin va ben oltre il mantenimento del suo potere assoluto.

La politica, in Europa, pensa a stasera o a domani. Putin si proietta almeno per il prossimo decennio. Ha il potere e il consenso. In questo senso ha ravvivato i fasti di Caterina II e di Pietro il Grande. Le tradizioni pesano sulla storia di un grande popolo. Il comunismo internazionale, auspicato da Lenin e da Trotskij è morto. Il comunismo in un solo Paese, voluto da Stalin, è scomparso con lui. Non ci sono più ideologie assassine.

Là dove c’è il consenso non serve l’opposizione. Disturba e fa venire brutte idee alla gente. Magari sognano l’Occidente, che è scristianizzato, si gingilla con i diritti umani ed è impotente, come tutti i ricchi annoiati dalle piccole miserie quotidiane.

La Russia si è svenata per dare al mondo il suo sostegno nella lotta contro il fascismo internazionale. Qualcuno, prevenuto, sostiene che il sistema instaurato da Putin in Russia è vero fascismo. Sempre qualcuno sostiene, con accuse non tanto velate, che l’opposizione non c’è perché gli oppositori muoiono come le mosche d’inverno, ai primi freddi. Sono accuse velate, ma di parte.

Muoiono in tanti modi diversi che c’è da dubitare di una mano sola: avvelenati, impiccati, saltando da una finestra, esplodendo in un aereo. Muoiono di mali incurabili, di fame, di silenzio. Purtroppo, in Russia, il clima è quello che è. Si muore facilmente, specie nelle regioni artiche.

Che importanza ha tutto questo ai fini di un diverso assetto mondiale? Se il nostro interesse coincidesse con la visione di Putin, non ne avrebbe nessuna.

Se, invece, come credo, i nostri interessi sono divergenti, allora gridiamo allo scandalo, alla democrazia violata, all’efferatezza di una dittatura personale etc. etc. Questione di punti di vista.

La Russia s’incammina sul solco di una sua tradizione secolare: la proiezione verso l’Europa occidentale. Putin, in questo momento, è la Russia. Lui è uno sportivo, cavallerizzo, cintura nera, pilota, calciatore, sciatore. Mi ricorda Mussolini a torso nudo nella campagna per il grano.

Voleva essere il simbolo maschio del Paese, come Putin. Ma Mussolini ha perso, Putin ha vinto e, poi, non è fascista, almeno a parole. Questa è la differenza.

Putin si è espressamente ricollegato alla grande tradizione storica russa di cui si proclama il grande interprete. È un vero nazionalista: Russia uber alles, cerniera fondamentale tra Oriente e Occidente. Solo gli ingenui possono dubitare di questo ruolo fondamentale che Mosca si è assegnato, anche con la minaccia nucleare.

A fronte di Putin abbiamo un’alternativa: Biden o Trump, il meglio che può offrirci l’America. C’è da tremare.

Putin vuole il riassetto del mondo che, così com’è, francamente, non piace a nessuno.

 

Stelio W. Venceslai