di Stelio W. Venceslai



Il viaggio di Trump in Malesia, Giappone e Corea del Sud mette a soqquadro anche questa parte del mondo.

Sappiamo che Trump è imprevedibile, ma l’attesa per l’incontro con Xi Jinping, il leader cinese, fa sperare in un progressivo assetto diverso.

Trump ha firmato l’ennesimo accordo di pace fra Thailandia e Cambogia, una guerra che si trascina a più riprese dal 1941. Ha ballato con le malesi, ha ricordato a tutti che Xi Jinping è un amico, ha detto che gli piacerebbe incontrare anche Kim, il leader nord coreano. Un’abbuffata di incontri il cui esito si potrà valutare solo in avvenire.

Cosa si propone, in realtà, l’America di Trump?

I rapporti con la Cina, fino a poco fa pessimi, ora sembrano volgere al rosa. Quanto durerà?  Sembra profilarsi un accordo per ridurre i dazi: soia contro terre rare. Di Taiwan non si parla neppure.

L’incontro, però, avverrà in Giappone, nemico secolare della Cina. Anche questo è un fatto nuovo: il Giappone sta riarmando e Il suo nuovo leader è una donna, la prima a ricoprire tale carica nel suo Paese. Una persona piuttosto determinata nello schierarsi a fianco del cosiddetto fronte occidentale.

C’è, però, da segnalare un’apertura interessante del Giappone e della Corea del Sud nei confronti della Cina e viceversa. I buoni rapporti fra questi Paesi mettono in ombra la Corea del Nord che si agita per essere riconosciuta da Trump come potenza sovrana ed entrare nelle Nazioni Unite. Inoltre si vanta di possedere l’arma nucleare.

È un cucciolo fastidioso che crea imbarazzo anche a Pechino. Il fatto, poi, che si sia schierata al fianco di Putin, inviando armi e truppe in Ucraina, a differenza della Cina, molto più cauta sul conflitto, lo mette in cattiva luce.

Trump, che all’inizio del suo mandato pensava ad un’intesa con la Russia, staccandola dalla Cina, si è reso conto, pare, che Putin lo sta prendendo in giro. A questo punto è meglio trattare direttamente con Pechino, specie se può dargli una mano a sospendere il conflitto ucraino. In fondo, le due vere potenze mondiali che decidono per tutti sono la Cina e gli Stati Uniti. La Russia è solo il parente povero. Fa la faccia feroce, ma è tutto lì.

In questa missione turbinosa di Trump, infatti, chi è del tutto fuori gioco è Putin.

È ben vero che ogni volta che Putin e Xi Jinping s’incontrano riaffermano l’eternità della loro amicizia, ma è un’amicizia pelosa. La Russia sta diventando un Paese tributario della grande CIna. Si è messa nelle braccia di Pechino pur di uscire dall’impasse di una guerra che non riesce a vincere.

In Russia comincia a diffondersi la sensazione che Putin si sia cacciato tutto da solo in un grosso guaio, inventandosi il nazismo dove non c’è, e da cui non può uscire facendo solo la voce grossa e minacciando, al solito, l’arma nucleare. La Russia è un trombone sfiatato, con centinaia di migliaia di morti, un’economia in dissesto e il rischio della sospensione delle forniture di gas e di petrolio decisa dalla Cina.

Se le cose stanno così, solo un accordo cinese-americano che passi sopra la testa di Putin potrebbe assicurare la tregua auspicata e ridurre in un angolo le assurde pretese di Mosca di essere il regolatore del mondo. Non basta essere ortodossi e falsificare la storia, inventandosi nemici dovunque, per giustificare una costante politica di prepotenza e di aggressione all’esterno.

Il fatto vero è che la Russia parla di pace ma è strutturata su un’economia di guerra che deve alimentare solo provocando altre guerre.

La Cina, nel 1949, era un Paese dilaniato da vent’anni di guerra civile tra nazionalisti e comunisti e di guerra con i Giapponesi, un Paese poverissimo dove la gente moriva letteralmente di fame. Oggi la Cina, non facendo più guerre da allora, è al vertice della sua potenza, alla pari o quasi con gli Stati Uniti. La Russia, invece, continua a gingillarsi con i soldatini.

Questa è la brutale realtà del risultato di certi regimi autoritari e corrotti, che appena in mezzo secolo hanno portato il PIL russo al livello di quello spagnolo.

La Russia è in cerca di rivalse ma, in realtà, è in arretramento, checché ne dica la sua propaganda. Anche in Medioriente è fuori, con il suo alleato imbarazzante, l’Iran, umiliato dagli Stati Uniti e da Israele. Cerca consolazioni in Libia, ma è poca roba. Ha perso la Siria e la grande influenza che esercitava nella regione.

L’incontro fra Trump e Xi Jinping, molto probabilmente, sarà diverso dalla sceneggiata con Putin in Alaska. Potrebbe segnare una svolta importante. Una volta tanto, un punto a favore di Trump.