di Stelio W. Venceslai
Non si può certo sostenere che la classe politica attorno alla nostra Presidente del Consiglio sia di eccellente qualità. A parte alcuni episodi clamorosi finiti sulle cronache, e ovviamente sfruttati dall’opposizione, come quello della Santanché, è evidente che il livello è molto modesto, fatte salve alcune eccezioni (Giorgetti e Nordio).
La constatazione che l’equipe governativa della Meloni, alla prova dei fatti, non sia né peggiore né migliore di quelle che l’hanno preceduta, è solo la conferma del modesto livello culturale della nostra classe politica in genere. Nel caso Meloni, poi, si aggiungono alcune particolarità.
La prima è che dopo decenni di opposizione quasi ai margini del nostro sistema politico, Fratelli d’Italia è diventato il partito di maggioranza relativa e partito di governo. In effetti, non s’improvvisa da un giorno all’altro una classe di governo. Lo abbiamo constatato con la parabola di 5Stelle, assunto ai fasti della maggioranza con Ministri tanto rampanti quanto sprovveduti, e un Presidente del Consiglio (Conte) che chiedeva ai suoi alleati se avesse esposto bene il suo programma di governo. Il disastro, anche economico, che ne è seguito, avrebbe dovuto insegnare qualcosa a Fratelli d’Italia.
La seconda particolarità è che la Meloni, cui riconosco qualità e capacità d’imporsi, anche oratorie, ha dovuto improvvisare un governo con il materiale che aveva, intellettualmente molto povero, politicamente sprovveduto, ideologicamente confuso e, alla fine, incapace di sostenere validamente un’opposizione agguerrita, piena di antica spocchia.
La terza particolarità è che il governo Meloni ha dovuto affrontare tempeste politiche internazionali insolite, direi quasi epocali. La zattera ha fatto un lungo viaggio con molti scossoni, ancorandosi, poi, su alcuni principi che hanno fatto e fanno molto discutere: la fedeltà atlantica, i rapporti con gli Stati Uniti, un dubbio europeismo di comodo. Su questo ancoraggio la Meloni ha ottenuto un’ampia visibilità internazionale, di cui le va dato il merito.
Sul piano interno, invece, emerge la necessità di occupare tutti i posti disponibili dell’Amministrazione dello Stato, cercando di consolidare il proprio potere, anche in vista delle prossime consultazioni elettorali nazionali. Nulla di diverso, in realtà, da quanto hanno fatto in passato le altre coalizioni e di quanto avrebbero fatto se fossero state al potere.
La Meloni si è presentò in Parlamento proclamando, apertis verbis, il ritorno al merito. Purtroppo ciò non è avvenuto. Le camarille attorno ai personaggi più potenti del Governo le hanno preso la mano. Le cariche attribuite sono andate a personaggi di secondo piano, oscuri e per forza di cose minori, di dubbie frequentazioni e non sempre professionalmente qualificati. L’occupazione crea una rete d’interessi di casta, dimenticando che le Istituzioni non sono appannaggio di una classe politica ma devono operare nell’interesse dello Stato e non di un partito.
La neutralità politica è delle Istituzioni è andata da tempo a farsi benedire. L’indipendenza, ad esempio, delle varie Autorithies (Agenzie) è gravemente lesa se a capo di queste c’è un rappresentante del partito o dei partiti al governo.
Queste Agenzie sono di per sé un vulnus nell’autorità centrale dello Stato, perché si parte dal presupposto che lo Stato non sia neutrale e non faccia l’interesse dei cittadini. Me se, poi, alle Autorithies viene preposto un responsabile governativo, che indipendenza è?
Se lo Stato non è in grado di sopperire alle necessità cui è preposto, invece di attrezzarsi di conseguenza ricorre alla costituzione di queste Agenzie. Purtroppo, tale tendenza è in aumento. Oggi di Agenzie di questo genere se ne contano anche troppe e di tutti i tipi, molte palesemente inutili, ma tutte con stipendi da Banca d’Italia.
Ad esempio, esiste un’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario italiano e della ricerca, funzioni che dovrebbero invece essere svolte direttamente dal Ministero competente. Che senso ha separarle dal Ministero?
Ne esiste un’altra per assicurare la rappresentanza negoziale nella Pubblica Amministrazione-P.A., per la contrattazione collettiva dei dipendenti pubblici. Non c’era un Ministero della Funzione pubblica per questa incombenza oppure gli è stato cambiato solo nome e stipendi?
Sull’Agenzia per la la sicurezza del volo e l’attività investigativa sugli incidenti aerei non ho nulla da eccepire. È una funzione tecnica importante per la sicurezza dei cittadini in volo soprattutto per i collegamenti con analoghe Agenzie nazionali esistenti quasi dovunque.
Però esiste anche un’Agenzia che vigila sulla manutenzione e la sicurezza delle ferrovie oltre che sulla regolazione delle attività di trasporto, tutte attività che dovrebbero essere istituzionali per il Ministero dei Trasporti. Perché separarle?
Prendiamo il caso dell’Agenzia per la tutela della concorrenza (intese, accordi restrittivi della libera concorrenza, controllo sugli abusi di posizione dominante) Si tratta di un doppione dell’analoga Direzione per la concorrenza del Ministero diretto da Giorgetti, creata a suo tempo appositamente per dare a Presidente Amato una posizione di prestigio in un momento in cui il suo governo era “scoppiato”.
C’è, poi, un’Agenzia per la regolazione in materia di servizi idrici, rifiuti, energia elettrica e gas e per la concorrenza, in concorrenza parziale con l’Agenzia per la concorrenza di cui sopra. Misteri della burocrazia politica! Credo che nessuno, tranne gli addetti, ne abbia tratto un qualche beneficio.
Esiste un’Agenzia per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (?), di fondamentale importanza in un Paese che invecchia e che manca di un’Agenzia ad hoc. A quando, un’altra Agenzia per i problemi connessi alla geriatria o ai femminicidi??
Ne esiste un’altra per il controllo della corruzione nella P. A. e sugli appalti pubblici, che si sovrappone (o si sottopone) al controllo da parte della Magistratura, ed un’altra ancora per il controllo del mercato delle telecomunicazioni, la tutela del pluralismo e il diritto degli utenti. Una selva di denominazioni, funzioni e doppioni dell’amministrazione pubblica creata solo per fare posti e posizioni di prestigio.
Indipendenti? Ma se i suoi membri degli organi di gestione sono tutti o quasi nominati dal Governo, che razza d’indipendenza o di neutralità rappresentano? Indipendenza dal potere, no, neutralità neppure, anzi, non dovrebbero proprio essere neutrali, perché verrebbero meno alla funzione per cui sono state create.
Ma l’elenco di questi organi sussidiari non è finito. Si va dalla Commissione di garanzia sull'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali a quella di vigilanza sui fondi pensione, dalla Commissione per le società e la borsa al Garante dei diritti dei detenuti, per la protezione dei dati personali, per la vigilanza sulle assicurazioni, sui dati personali e così via.
Quanto costa al contribuente questo apparato’ Quanta gente ci lavora, direttamente o indirettamente? Si calcola che tra “eletti” (parlamento, regioni, province, comuni, municipi e circoscrizioni) e nominati alla presidenza di Enti ed aziende pubbliche, in Italia si raggiunge la cifra stratosferica di un milione e duecentomila persone. Solo in stipendi, all’incirca 20 miliardi l’anno.
Ecco, se la Meloni volesse effettivamente restaurare merito, responsabilità ed efficienza, invece di occupare presunti posti di potere, farebbe opera meritoria spazzando via gran parte di questi orrori burocratici. La riforma di uno Stato marcescente come il nostro passa proprio di qui, con l’eliminazione degli enti e degli organi inutili.



























