on. Vitaliano Gemelli
Un dato incontrovertibile: su quindici Segretari di Stato che compongono il gabinetto di Donald Trump, sei Segretari di Stato sono figli di famiglie americane, nove di famiglie oriunde di Paesi diversi dagli USA; Marco Rubio – cubano-americano- italiano; Kristi Neom -norvegese; Pam Bondi- italiana; Scott Bennent -ugonotto (francese protestante); Pete Hegseth- norvegese; Howard Lutnick- ebreo; Lori Chavez DeRemer- messicana; Sean Duffy- irlandese cattolico; Linda McMahon- irlandese.
Per completare l’elenco la famiglia di Trump ha origini tedesche e scozzesi; quella di J. D. Vance – vicepresidente – scozzesi irlandesi.
Gli USA, con questo governo non modificheranno la loro impostazione culturale in quella degli immigrati norvegesi, messicani, italiani, francesi, irlandesi, scozzesi, tedeschi, cubani perché essa è fissata nel DNA della Costituzione del 1787 e i suoi “Bill of Rights”, ispirandosi a Locke e Montesquieu (filosofi inglese il primo e francese il secondo).
Quindi possiamo rassicurare Trump che l’Unione Europea non affonderà per la sua capacità di accoglienza; anche Elon Musk dovrebbe stare tranquillo che la razza bianca non si estinguerà (biologicamente nella genetica non esistono le razze).
Comunque, l’UE non può continuare mantenendo l’attuale assetto istituzionale e normativo; l’assetto istituzionale dovrebbe essere modificato con la riscrittura dei Trattati per consentire la creazione di un vero governo europeo, con una propria linea politica approvata dal Parlamento e dal Consiglio e attribuendo a entrambe le istituzioni capacità legislativa; per la parte normativa sarebbe necessario sburocratizzare le procedure per rendere più veloci i percorsi attuativi. Sarebbe anche necessario stabilire quando mantenere l’unanimità nelle decisioni e in quali circostanze procedere con i Paesi assertivi per alcuni percorsi scelti.
Il vero problema da affrontare riguarda la compatibilità dell’impostazione tra la governance europea, quella statunitense, rivelata dal Security Strategy Report, peraltro ampiamente prevista da Fabio Sabatini, e quella russa.
L’Unione Europea non ritiene che i rapporti tra Stati debbano essere regolati da una logica di potenza, mentre Trump e Putin, da piani diversi, usano la logica di potenza per affermare la propria posizione, anche se è dimostrato nel corso dei secoli che qualsiasi logica di potenza darà sempre ragione al più forte, ma nel divenire quando cambiano i rapporti di forza, il più forte può divenire debole rispetto ad un nuovo incalzante e quindi potrà soccombere.
È la logica che insegna il rovesciamento delle posizioni ogni qual volta cambiano gli equilibri, quindi, l’esibizione della forza è effimera e non garantisce una stabilità di crescita ed evoluzione.
È il diritto che regola la convivenza civile sin dalla civiltà greca e romana; tale diritto si suddivide in norme fondamentali (La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) e in norme che seguono l’evoluzione dei tempi e adeguano la fruizione dei diritti sulla stregua dei bisogni delle comunità di riferimento, per adempiere all’obbligo della pari dignità, dell’uguaglianza e della libertà individuale.
Durante il percorso dell’umanità vi sono stati periodi di guerra e di pace; la guerra ha distrutto tutto quello che era funzionale alla vita civile per renderla disagevole al nemico; durante i periodi di pace, non solo si è ricostruito il distrutto, ma si sono registrati grandi avanzamenti di civiltà per l’umanità.
La deriva, anche culturale, da questi principi a causa di movimenti di pensiero negazionista, woke, terrapiattista, fondamentalista, che si registra negli USA porta i governanti – e quindi Trump – a seguire le correnti che maggiormente possono essere usate ai fini di conquista del potere, allontanandoli dai veri obiettivi che qualsiasi governo dovrebbe garantire, cioè quelli di facilitare l’evoluzione sociale, civile ed economica del popolo governato.
Tale logica ha ispirato Trump nel piano di tregua a Gaza (il progetto di una Florida del Mediterraneo), tale logica si sta seguendo per l’Ucraina, essendosi già assicurato lo sfruttamento delle terre rare e pretendendo una resa senza condizioni da parte della stessa (non parlo di Zelensky perché non ritengo che il suo regime sia democratico e penso che abbia la responsabilità di non aver rispettato gli accordi di Minsk).
Trump, come dice Thoma L. Friedman sul NYT, ha una logica da imprenditore di costruzioni e punta sempre ad avere un guadagno, sperando che nel ruolo di Presidente sia per gli USA, senza disdegnarne uno per sé stesso e il suo gruppo di imprenditori, come Steve Witkoff.
La logica di Putin è vetero-imperialista e la persegue a prescindere dalle condizioni del suo popolo con artefici e accordi con Paesi che una volta venivano definiti canaglia, come la Corea del Nord e l’Iran, ma avendo avuto la lungimiranza di creare insieme alla Cina i Brics per contrastare la sudditanza agli USA delle organizzazioni internazionali come l’IMF e la WB.
Come può la logica di potenza incontrarsi con la cultura del Diritto?
È difficile, ma bisogna fare tutti gli sforzi per evitare che prevalga la forza sul Diritto, dimostrando che con la forza del Diritto si possono risolvere le più aspre e complicate controversie, dispute, contrasti, senza che nessuna delle parti perda la dignità e nemmeno l’aspetto del vantaggio del prestigio o economico.
Il Ministro Crosetto ha dichiarato che la NATO potrebbe essere uno strumento al servizio dell’ONU; per dovere di cronaca è giusto ricordare che Berlusconi, a Pratica di Mare, aveva ipotizzato una uguale soluzione con Putin come osservatore per un possibile coinvolgimento della Russia; il Parlamento Europeo, attraverso la Commissione AFET organizzò un incontro a Saariselkä , nella Lapponia Finlandese, con una rappresentanza di Diplomatici e Generali Russi per predisporre un documento di base, che fu redatto; ero componente della Delegazione del PE; poi il progetto si arenò.
Probabilmente bisognerebbe partire da qual punto, anche se vi sono condizioni avverse rappresentate da due Commissari della UE, non solo da loro, l’Alta Rappresentante e Vice Presidente per la politica estera e il Commissario alla Difesa, che venendo da Paesi che hanno avuto la dominazione sovietica fino al 1990, e avendo subito necessariamente (lo dico con cognizione di causa avendo fatto parte della delegazione che ha visitato Kaunas per verificare le condizioni della centrale nucleare gemella di quella di Cernobyl) la menomazione territoriale con Kaliningrad per l’adesione all’UE, temono per l’indipendenza del loro Paese, anche se una iniziativa improbabile russa significherebbe una dichiarazione di guerra all’UE.
Bisognerebbe valutare nel Consiglio Generale NATO una apertura verso tale ipotesi per verificare le intenzioni con la reazione russa e continuare con i canali diplomatici a sollecitare la Russia ad una trattativa per la pace in Ucraina.
Non faccio parte della schiera di quelli che sollecitano armamenti, ma bisogna ammettere che, mancando la Comunità Europea di Difesa, affossata da un voto del Parlamento francese il 30 agosto del 1954, oggi è assai difficoltoso riprendere le fila e ricostruire un settore che è gelosamente nazionale, né è utile acquistare armi e materiale strategico dagli USA, che perseguono l’obiettivo di incrementare il loro mercato; sarebbe più giusto incentivare la produzione europea con un ritorno economico rilevante, anche per tutto quello che attiene al settore digitale e dell’AI.
La strategia europea, comunque, non può fondarsi soltanto sugli armamenti, né sulla teoria dei “volenterosi”, ma nel riprendere un filo di contatto con la dirigenza russa e con Putin, anche attraverso mediazioni di Paesi terzi, per ribadire che “l’operazione militare speciale” non sarebbe dovuta partire e sarebbe stato più proficuo sollecitare l’OCSE e la stessa UE, che avevano patrocinato gli accordi di Minsk, a rinegoziare gli stessi accordi con richieste più determinate per il rispetto delle popolazioni del Donbass e la normalizzazione della situazione della Crimea, con il governo ucraino richiamato al rispetto dei patti.
Probabilmente ancora questo si può fare, perché il congelamento dei fondi russi e le sanzioni comminate dall’UE possono essere un motivo per rinegoziare anche l’aspetto economico, ristabilendo un clima dialogante, anche per la capacità economica europea, che ha il terzo pil mondiale.
Diventa più naturale un possibile accordo UE-Russia che Russia USA, anche perché tra i due Paesi vi sono problemi aperti di difficile soluzione, che riguardano la gestione dell’Artico e lo stretto di Bering, dove si affacciano la Russia con la penisola di Chukotka e gli Usa col l’Alaska, con al centro le isole Diomede Grande russa e Diomede piccola americana.
Inoltre, la Russia ha dimostrato l’intenzione di sostituire il dollaro come moneta di scambio per indebolire gli USA e la Cina tende a valorizzare l’uso del Renminbi, entrambi i Paesi autori della creazione dei BRICS.
Si inserisce anche la posizione del Giappone, alleato USA, che rivendica la sovranità sulle isole Curili meridionali, occupate dalla Unione Sovietica alla fine del secondo conflitto mondiale; il problema e istituzionale, ma anche economico, perché il Giappone vorrebbe utilizzare le riserve di gas, che attualmente compra dalla Russia.
L’UE ha cultura sufficiente per riprendere le fila del dialogo sulla strategia mondiale, compreso il problema russo-ucraino, anche in funzione di una costruzione di un futuro immaginato teoricamente nel Progetto del Grande Reset, ma reinterpretato e ostacolato da molte parti politiche; quello che stride nel progetto è la scelta dell’iniziativa attribuita ai “portatori di interessi - stakeholders” e questo, includendo il grande capitale finanziario mondiale, esclude colpevolmente i popoli e i Paesi meno dotati finanziariamente, oltre che i PVS.
L’UE, la Cina, l’India, la Russia, l’Indonesia, il Giappone, il Brasile, la Nigeria, l’Unione Africana, i Paesi del Golfo, gli USA, il Canada, la Turchia, l’Australia e quanti altri Paesi volessero aggregarsi possono aprire un dialogo per impedire che gli scontri esistenti attualmente nel mondo si acuiscano e portino a guerre territoriali e complessivamente mondiali.
Non è plausibile la divisione del mondo in due blocchi: l’occidente contro i Brics; sarebbe la fine della civiltà.
La civiltà è sinonimo di pace, quando ci sono guerre la civiltà arretra e la barbarie avanza.
L’UE deve essere per la Pace, lo impone la sua cultura millenaria, che respinge la logica di potenza e si affida alla forza del Diritto dei popoli e dei cittadini del mondo.


























