di Stelio W. Venceslai



Finalmente, anche gli stolti l’hanno capito: l’America non è più il grande protettore, per poco sarà ancora alleata dell’Europa, prossimamente sarà il nuovo nemico dell’Europa.

Trump ha compiuto un netto giro di boa. Ora veleggia con Putin, uniti dallo stesso desiderio di disfacimento di quella che fu, un tempo, la fortezza Europa.

Per Trump è un fastidio costoso. Mettersi d’accordo con ventisette Paesi più l’Inghilterra? Solo i matti devono crederlo possibile. Meglio con Putin, che è uno solo e in più gli sta simpatico. Lontano, convitato di pietra, è la Cina. Sta sul fiume ad aspettare che passino i cadaveri dei suoi nemici, vicini e lontani.

E l’Europa? L’Europa non c’è.

A furia di ripeterlo, sono tutti d’accordo, da Starmer a Macron, da Orban alla Meloni. Anche Zelenski lo pensa ma non lo dice. Se perde l’appoggio europeo, tutto è perduto. L’ombra di S. Elena aleggia su di lui. Un brav’uomo, in fondo, nato in un Paese sbagliato in un momento disgraziato.

Tra poco, vista l’età, moriranno tutti, Putin e Trump, ma i loro probabili vice non danno molto a sperare. Anzi, l’alleanza russo-americana si salderà ancora di più. Che fare? Burocrazia, inerzia e miopia politica hanno dominato il continente da almeno vent’anni. Ora le cose intorno sono cambiate. O l’Europa diventa a pagamento un castello del passato, da visitare in gruppo, o l’Europa deve diventare un’altra cosa.

Le emozioni e l’irritazione per essere trattati come i parenti poveri non bastano. La spocchia del bruto offende il nostro orgoglio di Europei. Ma tutto ha un limite nella sopportazione.

La Meloni, una volta tanto, ha ragione: l’America vede nell’Europa un fardello costoso e vuole liberarsene. È il momento di far cadere i vecchi arnesi e di cambiare strada. L’Europa non può continuare a gingillarsi con i Trattati, le procedure e l’impotenza.

Ma la Meloni non esce dall’ambiguità che la contraddistingue, attaccata com’è all’idea di un’alleanza transatlantica che non c’è più. Vuole stare con Trump e aiutare Zelenski, dichiara che la soluzione del problema ucraino è solo europea, ma poi diserta le riunioni con Starmer, Macron e gli altri, promette aiuti all’Ucraina, come ha sempre fatto, nonostante la fronda filo russa di parte del suo governo. Quanto può durare questo equivoco?

Questa è un’occasione storica. Se la si perde, è finita.

Un’intesa con i Paesi più importanti è necessaria, al di fuori dei venerandi Trattati di Roma, di Londra e di Lisbona. Se l’Europa che conosciamo non è in grado di reagire, lo possono fare i suoi Paesi più importanti: Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna. Gli altri seguiranno, prima o poi.

Occorre una nuova alleanza fondata sugli interessi politici (per quelli economici c’è l’Unione europea). Quali? politica estera e difesa. Due opzioni fondamentali, troppo trascurate nell’illusione della pace permanente. Non c’è pace nel mondo.

Trump ha ragione quando dice che l’Europa sta diventando un meticcio, perdendo la propria identità storica. Lo dice male, perché è un cafone, ma dice la verità. Non ha ragione, invece, quando sostiene che qui non c’è libertà. La libertà di Trump la conosciamo da poco, e ne sanno qualcosa le etnie immigrate negli Usa. La libertà di Putin la conosciamo meglio: guerra e repressione. L’America ci si sta abituando, da un paio d’anni, la Russia c’è abituata da secoli.

L’Europa è intrattabile perché troppo complicata. È vero, ma un’altra alleanza potrebbe riscoprire gli assi nella manica dell’Europa: un popolo di quasi mezzo miliardo di anime, una posizione economica di tutto rispetto e le qualità degli uomini.

La classe dirigente europea sarà in grado di calare questi assi sul tavolo? Dov’è questa classe dirigente?

La geopolitica è un filmato a scatti che registra le variazioni di un assetto politico e si fonda sugli interessi. Nel mondo esistono tre grandi potenze militari: Usa, Cina e Russia e, in posizione “dormiente”, l’Unione europea. Si possono fare alcune immagini dei possibili e, forse, auspicabili prossimi eventi sulla scacchiera mondiale.

La prima immagine che mi viene in mente è quella di alcuni Paesi europei della Nato che decidono di stringere un patto di solidarietà reciproco ed automatico, in caso di attacchi esterni, indipendentemente dalle bizze dell’alleato USA che oggi ci sta, domani non ci sta, dopodomani chissà e, comunque, vuole essere pagato come un concessionario di servizi.

La seconda immagine è un po’ più forte: i Paesi europei della Nato escono dall’Alleanza creandone una europea, ma aperta al Canada, al Giappone e chi altro voglia farne parte. La Nato si svuota e gli Stati Uniti restano con il cerino in mano.

La terza immagine è, invece, più diplomatica: un forte rilancio della UEO, che da qualche decennio vivacchia di stupidaggini. Non disturberebbe la NATO, non sarebbe palesemente contro gli Stati Uniti e si tratterebbe di cucina di casa nostra.

Quanto ai rapporti esterni all’Europa, è evidente che l’Unione europea è stretta fra un avversario tradizionale, la Russia di Putin, e un avversario nuovo, non ancora ben definito, gli Stati Uniti di Trump, almeno apparentemente concordi nel tirare il collo a quella gallina grassa che è l’Europa. Fuori da questo contesto è la Cina, il gigante silenzioso, di cui la Russia è tributaria ma che è anche la bestia nera di Trump.

Se l’Europa cercasse alleanze per difendersi dai suoi avversari, l’unica chance sarebbe quella di raggiungere un’intesa con la Cina. La cosa irriterebbe Trump e preoccuperebbe Putin. I due, non potrebbero più fare i gradassi con l’Europa. Per la Cina l’Europa è un mercato troppo ricco ed importante, molto più della Russia.

In mezzo c’è la questione di Taiwan, è vero, ma non è dirimente. Non lo è stata per cinquant’anni, perché dovrebbe esserlo ora?

Taluno potrebbe sostenere che tutte queste immagini rappresentano delle situazioni traumatiche. Non c’è dubbio, ma alle soglie di un possibile conflitto che ci vedrebbe perdenti, qualunque misura alternativa al disastro sarebbe la benvenuta.

Da ultimo, nello specifico caso italiano, sembra che nessuno si preoccupi delle tensioni esistenti nella vicinissima Serbia. Ciò che potrebbe accadere a Belgrado c’interessa molto da vicino, se non altro per la presenza di un contingente militare italiano in Kossovo, possibile prima preda di una Serbia manovrata da Putin in nome della slavofilia.

Non so quanto la nostra classe dirigente valuti questo rischio oppure se lo ignora del tutto.

Ciò detto, che faranno i nostri attuali reggitori? Chiacchiere o decisioni? Il tempo delle decisioni incalza.