Il dramma che si sta consumando tra i 5Stelle è il punto d’arrivo di una crisi iniziata molto tempo fa, in pratica da quando il Movimento si è trovato di fronte al problema della sua immaturità nel guidare il Paese.

I proclami, gli slogan, i luoghi comuni, le esternazioni più o meno farneticanti dei suoi esponenti hanno preoccupato i benpensanti e fatto ridere il mondo.  I 5Stelle si sono inseriti nel sistema politico come un corpo estraneo, con procedure e regole cervellotiche che, però, avevano almeno il pregio della novità, al  punto da suscitare l’interesse degli elettori.

La parabola politica del Movimento si riassume in una frase sola: vogliamo governare. Con la Destra o con la Sinistra, non importa, vogliamo stare al governo.  

Per fare che? Purtroppo, sciocchezze pericolose, accettate dai compagni di strada del momento di altri partiti, salvo poi far marcia indietro sui punti più qualificanti del loro “programma” iniziale.

Per  troppo tempo si è discusso di problemi assurdi, dal reddito di cittadinanza all’uno vale uno, dalla prescrizione al progetto della Torino-Lione, dalla revoca della concessione alle Autostrade al divieto del doppio mandato, dal voto elettronico con la piattaforma Rousseau ai banchi con le rotelle, concludendo poco o nulla. Ma occorreva dar loro ascolto e ragione perché in Parlamento i loro rappresentanti sono più numerosi.  Come dire: una maggioranza di cretini vale più di una minoranza di normali.  Pazienza: sono le regole della democrazia.

L’avvento di Draghi ha rimesso un po’ a posto le cose. Tutti allineati e zitti, altrimenti si vota, e lì sono dolori.

Finito l’esperimento double face di Conte, “l’avvocato del popolo”, tutti nodi sono venuti al pettine. La legislatura sta per finire. Che farà il Movimento alle elezioni? Chi sarà eletto? Con quali liste? I personaggi emersi sono tanti, in genere di qualità mediocre. Continueranno a piacere all’elettorato? Di qui, la corsa a nuovi assestamenti.

Conte, che aveva giurato che non avrebbe creato nessun partito e di non essere di 5Stelle, adesso è alla ricerca di un ruolo da leader nel Movimento. Conte non mi è simpatico, ma è una persona ben diversa dalla pletora dei grillini.  

Ovviamente, vorrebbe raddrizzare la situazione. Grillo, il nume, il profeta, il “garante” (ma di che?) gli sbarra la strada.  Conte come figurante fino ad ora gli è andato bene, ma come Segretario di un partito no.  Il Padre fondatore, perenne guitto di scena, non vuole perdere la sua creatura. Una, quella vera, suo figlio, rischia la galera. L’altra, quella politica, il Movimento, rischia la dissoluzione. A questo punto Conte, improvvisamente, diventa agli occhi di Grillo un incapace, un manager mancato, un politico senza idee. E ce lo ha ammannito per anni!

Conte ha ragione quando dice che non vuole essere il fantoccio di Grillo. Ma chi è Grillo? È il Padre Pio, il santone del Movimento. Grillo ha avuto un’intuizione straordinaria nell’interpretare il senso di stanchezza e di rivolta degli Italiani, indirizzandolo verso un movimento di contestazione democratica globale. Poi diciamolo pure, il suo ruolo vero è finito. È rimasto quello “morale”, se di morale si può parlare.

Alla prova dei fatti, il Movimento ha espresso solo poche personalità di rilievo. Il resto, numeroso e chiassoso, si è ben amalgamato con gli eletti degli altri partiti.

Ha portato alla luce uomini da un passato modesto, dalle ambizioni improvvisate e troppo grandi: Fico, Crimi, Morra, Di Maio, Toninelli, Raggi, Spatafora. Li abbiamo visti all’opera. Sarà meglio non vederli più. 

I commentatori politici esprimono falsa costernazione, rispetto ipocrita e pseudo preoccupazioni per la tenuta del governo. In realtà, tutti si fregano le mani: così come l’abbiamo conosciuto, il Movimento è finito. Se ne faranno due, uno con Conte, un vero partito, dall’incerta tenuta elettorale e, l’altro, dei fedelissimi colpiti dalla grazia di Grillo, i puri, gli indomiti, con un altrettanto incerto esito elettorale.

Rispetto? Per cosa? Per la fine di un equivoco e di carriere improbe per persone incapaci.

Il dramma del Movimento è uno pseudo dramma. Il dramma vero è se saranno rieletti, un dramma molto personale.

Il governo non sarà toccato da queste vicende. Nell’uno e nell’altro dei due futuri, probabili movimenti si guarda al PD come un’ancora di salvezza: naufraghi su una zattera di salvataggio pilotata maldestramente da Letta. Il PD è al governo. Attaccati al PD, non potranno creare problemi a Draghi.

Ecco perché il tutto non è un dramma, ma la fatale evoluzione di un non senso travestito da rivoluzione per finire nelle battute volgari di un Grillo da taverna.

 

 Stelio W. Venceslai