Nel prendere atto che diverse associazioni e movimenti dell’area cattolica hanno sostenuto le liste della destra italiana e che il nostro amico Cuffaro in Sicilia, rovesciando l’indicazione della direzione nazionale del 9  agosto ha deciso di cambiare l’alleanza con il terzo polo, in Sicilia favorevole alla DC, per stipulare quella con la destra, ritengo sia giunto il tempo di un confronto serio in sede nazionale per discutere la linea che ci eravamo dati al XX Congresso nazionale del partito nel 2018; linea riconfermata in tutte le riunioni del CN e della direzione nazionale  successive.

So che alcuni amici del consiglio nazionale sono orientati a destra, mentre da parte mia intendo confermare la posizione storica della DC, ossia quella di un partito “ democratico, popolare e antifascista”, aperto alla collaborazione con chi intende difendere e attuare integralmente la Costituzione repubblicana.

Non appartengo alla schiera di coloro che attribuiscono all’on. Meloni il rischio di ritorni impossibili al fascismo, ma sono seriamente preoccupato per quanto prima e durante il passaggio elettorale, Fratelli d’Italia ha dichiarato sul piano delle scelte europee e sulla politica economica e finanziaria del Paese.

So che pensare di essere da soli nel mondo è il limite del sovranismo. Non solo siamo collegati, ma sono i poteri finanziari che, nell’età della globalizzazione,  dettano il tempo e fissano le condizioni, i termini e i modi all’economia reale e alla stessa politica.

Attendiamo il nuovo governo della destra all’impegno di guida del Paese e formuleremo i nostri giudizi su atti e fatti concreti. Avevamo indicato alcune proposte di riforma economiche e finanziarie, di cui non si trova traccia in nessuno dei partiti che si sono presentati alle elezioni.

Il PD paga il suo errore d’origine che, ben aveva evidenziato il prof Augusto Del Noce, ossia quello di una deriva da partito dei lavoratori a partito radicale di massa. Gravissimo l’aver dato fiato alle spinte degli Zan e delle Cirinnà, in netta alternativa al sentir medio dell’elettorato cattolico, giustamente a difesa dei valori non negoziabili. Un elettorato che, alla fine, con molte organizzazioni di area ha deciso di scegliere il voto a sostegno della destra. 

Prendiamo, però, realisticamente atto che non si tratta più di avere come interlocutore il centro destra a trazione Forza Italia, ma di una destra centro egemonizzata dal prevalere del partito di Fratelli d’Italia. La DC, come nei momenti migliori della sua storia, a mio parere dovrà essere opposizione a questa destra per concorrere al progetto di ricomposizione del centro nuovo della politica italiana, alternativo alla destra nazionalista e populista e distinto e distante dalla sinistra senza identità.

Dovremo allacciare rapporti con i pochi parlamentari eletti sia nel terzo polo, che negli altri partiti, i quali siano collegati alla nostra tradizione culturale, sociale e politica. Il terzo polo non ha raggiunto il risultato sperato e l’aspirazione azionista di Calenda si è infranta contro la realtà di un Paese nel quale quella cultura è sempre stata espressione minoritaria e di élites laico radicali.

Mi auguro che Matteo Renzi se ne sia reso conto e torni a considerare la possibilità di un incontro con la cultura democratico cristiana e popolare di cui il Paese ha bisogno. Continuiamo a ritenere, infatti, che in quel 50% di renitenti al voto che indicano la grave crisi di rappresentanza politico istituzionale italiana, un ruolo consistente sia stato esercitato da elettrici ed elettori che non trovano più risposte ai loro interessi e ai loro valori, tra i quali, molti della nostra area culturale, sociale e politica.

Dovremo riprendere i rapporti con gli amici della Federazione Popolare, di cui siamo parte integrante e attiva, a quelli  di Insieme e alle numerose associazioni e gruppi dell’area cattolico democratica e cristiano sociale che si collegano alla tradizione politica sturziana e degasperiana. Dobbiamo ritrovarci a condividere un programma dei DC e Popolari per l’Italia con il quale intendiamo inverare nella “città dell’uomo” le indicazioni della dottrina sociale della Chiesa, come scrive l’amico Gubert, nella loro “ integralità”.

Netta la nostra scelta euro atlantica, contro ogni tentativo che Salvini e gli amici della Meloni intendessero indebolirla, così come forte dovrà essere il nostro impegno per combattere le diseguaglianze intollerabili presenti nella società italiana, cause importanti del risultato elettorale.

Sappiamo che compete innanzi tutto a noi concorrere alla difesa e attuazione integrale della Costituzione, a quella della repubblica parlamentare, al ritorno alla legge elettorale proporzionale con preferenze, conditio sine qua non per la rinascita del centro, e per l’applicazione in tutti i partiti dell’art 49 della Costituzione.

Sappiamo, infine, che compito dei DC e dei Popolari, come nella migliore storia repubblicana, sia quello di impegnarsi per garantire l’equilibri tra interessi e valori dei ceti medi produttivi e delle classi popolari. Un equilibrio precario che, con le scadenze e gli impegni d’autunno, sarà messo a dura prova.

Il presidente Gubert convocherà il nostro consiglio nazionale e con gli eletti all’ultimo congresso del partito, alla luce del voto del 25 settembre, saremo chiamati a decidere se e come procedere, alla fine di questa ingloriosa Demodissea, che ha connotato la dolorosa diaspora degli ultimi trent’anni (1993-2022).

Ettore Bonalberti