Nella lunga storia politica dei cattolici italiani, dai popolari alla DC, accanto alle tre grandi tradizioni culturali in cui si identifica l’esperienza popolare ( democratici, liberali e cristiano sociale) sin dall’Opera dei Congressi era presente la distinzione tra moderati conservatori e progressisti.

Tale divaricazione assunse una profonda divisione all’interno del Partito Popolare di don Luigi Sturzo, tra quanto il sacerdote di Caltagirone indicava come strategia del partito nettamente alternativa a ogni collaborazione col fascismo, mentre Stefano Cavazzoni rispose positivamente all’invito di Mussolini di entrare nel suo governo da costituire dopo la fine del governo Facta dopo la marcia su Roma.

E fu una collaborazione convinta quella di Cavazzoni con il governo fascista. Egli finì col rappresentare una netta linea “clerico fascista”, riponendo piena fiducia negli ideali di ordine, di patriottismo e di ossequio alla Chiesa manifestati da Mussolini. Sarà Sturzo al congresso di Torino del PPI (12-14 Aprile 1923)a riproporre la scelta netta antifascista del partito, con Cavazzoni che, al dunque, finirà col votare, contro le indicazioni dello stesso partito, anche la famigerata legge Acerbo che avrebbe garantito il potere assoluto al fascismo.

Ho ricordato quanto avvenne al tempo del Partito Popolare sturziano, a seguito di una serie di dialoghi avuti in questi mesi con alcuni amici che, probabilmente nel settembre 2022, hanno votato per il partito della Meloni e continuano a sostenerne il governo con le più nobili convinzioni etico politiche.

In questi amici si riscontra la continuazione di quella tradizione “cavazzoniana” della disponibilità di alcuni cattolici a supportare opzioni politiche di destra, nella convinzione di poterle addomesticare e riportare sui binari del moderatismo compatibile.

Sono persone che vedono ovunque responsabilità dei “cattocomunisti”, finendo con l’attribuire questa connotazione anche a quelli che, come noi del centro, “DC non pentiti”, esprimiamo netto dissenso con le posizioni culturali e politiche della destra nazionalista e sovranista del partito della presidente Meloni e della stessa sinistra.

E’ comprensibile la loro opposizione alle tesi di una sinistra ridotta, come profetizzato dal prof Del Noce, a un partito radicale di massa, sostenitrice di aborto, eutanasia, maternità surrogata et similia, ma ciò che non si comprende di questi “catto-destri”, come non riescano a valutare i riferimenti etico culturali reali di questa destra nazionalista e sovranista rivelatisi anche nei giorni scorsi come riportato dall’agenzia ANSA (https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/06/07/la-chat-antisemita-tra-diabolik-e-il-portavoce-di-lollobrigida_e488ff2e-31c4-47fd-8f52-7c0773af84fc.html ) in relazione a un eloquente scambio di opinioni tra due missini DOC, uno dei quali portavoce del ministro Lollobrigida.

A sostegno delle loro tesi pro governo Meloni ricordano quanto condiviso con qualche cardinale di Santa Romana Chiesa in occasione di alcuni incontri dei loro movimenti, dimenticando, quasi disinvoltamente, gli insegnamenti ufficiali provenienti dal magistero pontificio e dalle conclusioni delle frequenti assemblee plenarie dei Vescovi italiani della CEI.

Col massimo rispetto che si deve ad amici della nostra stessa area culturale, da parte nostra desideriamo confermare la volontà di restare fedeli agli insegnamenti dei nostri padri e maestri da Sturzo a De Gasperi, da Moro, Rumor, Zaccagnini, Marcora, De Mita, Donat Cattin, Colombo, Forlani e di quanti si sono sempre dichiarati componenti di un partito la DC: democratico, popolare e antifascista.

Nulla da spartire con i figli e i nipoti di Almirante e camerati della X MAS, e di quanti non riescono a pronunciare il termine “ antifascista”, preferendo coltivare, nemmeno con discrezione, il culto per il Duce. Nei giorni in cui con improvvida decisione è stato stampato un francobollo per ricordare un noto squadrista fascista, ci auguriamo che le cose non debbano peggiorare.

Giorgia Meloni ha voluto trasformare il voto di domani e domenica in una sorta di duello rusticano tra lei e la Schlein, ma il vero referendum si giocherà sul SI o il NO al progetto di deforma costituzionale presidenzialista. Ad ogni modo, se la Presidente del Consiglio ha puntato le sue fiches già sul banco delle europee, attendiamo con curiosità l’esito del voto.

Ettore Bonalberti