Negli ultimi giorni diverse sono state le occasioni per seguire un dibattito politico sempre più indirizzato a creare un Terzo Polo o un Polo Centro. Da molte parti ci sono critiche forti al bipolarismo populista, così si sente dire, di destra e di sinistra. Da Trento a Venezia, da Napoli a Palermo. C’è anche chi con la proposta di un centro forte dispensa pareri di infantilismo e di maggiore età avanzata come manifestazione evidente delle diversità partitiche oggi più accreditate.

Non bisogna tirare la giacca a nessuno, soprattutto a Mattarella e a Draghi, non per la loro età adulta, ma soprattutto perché stanno dando un forte servizio di “unità” al Paese fondamentale per noi italiani e per l’immagine estera con tutte le problematiche enormi a cominciare da un insieme di “speculazioni” create ad hoc con la scusa della crisi (spread, farina, inflazione, tassi, imposte, gas…).

E’ evidente che l’avvicinarsi del 12 giugno ha alzato la polemica e i distinguo: tutti gli attuali attori e disattori presenti sulla scena comunicativa-politica italiana stanno tirando l’acqua al proprio mulino, nessuno escluso, sono in campagna elettorale e tutti vorrebbero dire di aver vinto e lucrare alla prossime amministrative.

Basterà un sindaco o un assessore per far dichiarare a tutti di aver vinto qualcosa. La vittoria vera, soprattutto per i partiti politici e per i candidati eletti, quella reale solida unitaria, è solamente una sola: quella di portare almeno il 70-80% degli aventi diritto a votare. Ma dubito molto che ciò accada, anche in questa estate calda anticipata. Si preferirà l’ombrellone al seggio!

Quindi ripeto che un punto fondamentale è e sarà il “modello” delle elezioni (e collegi), degli eletti e della regolamentazione in Palamento che farà la vera differenza fra un vecchio Paese attaccato alla seggiola e alle prebende di pochi (come fa la sinistra ad accettare una disparità così alta) e uno più innovativo riformista aperto e fermo sulle posizioni e principi espressi in campagna elettorale. 

Alle elezionI del 12 giugno diverse sono le liste “civiche” che si presentano, molte come apparentamento e molte come richiamo per allodole sardine cavallette e furbetti del quartierino…. ma qualcuna “autonoma” c’è che esprime un concetto diverso e chiaro da tutte le altre. Magari senza nomi altisonanti e santini che aprono tutte le porte, senza leader nazionali che presenziano e spingono, ma sono espressione evidente di un recupero di valori e di impegno politico locale “equidistante” dai populismi, dai massimalismi, dalle non-scelte, dalle non-idee di futuro.

C’è ancora in tutti i candidati dei partiti troppa contingenza, troppe risposte qualunquiste e poca strategia del domani. Non si può a 1 anno dalle future elezioni politiche nazionali pensare che Mattarella e Draghi siano ancora disponibili a chiudere tutti i buchi e fare da portatori di una massa marmellatosa indefinita pronta a fare assembramenti pur di non perdere una seggiola, cambiando idea con il soffio del vento, arroccandosi su posizioni insostenibili.

Facendo il gioco solo di chi è fuori dalla supermaggioranza. Stessa cosa vale per chi la “seggiola” parlamentare già la possiede, un po’ di qua e un po’ di là (non fatemi dire destra e sinistra che oggi non esistono più da un punto di vista di quadro o emiciclo politico), ma probabilmente spera di riaverla senza andare contro il capo o assuefacendone i comportamenti oppure non pensa minimamente alla sua “funzione” reale di rappresentante eletto di migliaia di cittadini che vanno ancora a votare!

Stanno uscendo allo scoperto sui media voci fra le più note (cito solo alcuni): Calenda, sicuramente non un politico navigato ma che ha imparato subito il mestiere soprattutto come comunicare, quella del mai sopito Mastella, sicuramente un erede più geografico che politico di De Mita, sta muovendosi sotto traccia per vedere se trova aderenti fra gli ex maggiorenti sparpagliati, oppure Renzi o De Luca che sono sempre più cavalli anche di razza passata e imprevedibili.

Tutte voci all’indirizzo di un “costituente” terzo polo… (anche una Margherita 4.0) da costituire non solo per una ipotesi di governo del paese o di ago della bilancia (come si affrettano a dire alcuni) …ma soprattutto per una progettualità concreta, reale, pragmatica, forte, chiara, decisa con delle priorità che toccano direttamente in tasca ma anche nel cervello e nell’animo etico e morale di noi italiani sia cristiani che laici. Il salario minimo (al posto in parte di un reddito di cittadinanza con buchi neri) come la applicazione della Laudato Si di Francesco rivolta (per me valida e aperta) a credenti e non credenti sono fattori di scelta politica, di strategia politica nazionale, di ammodernamento del paese.

E’ evidente che dagli slogan o da proposte continenti importanti e intelligenti (tutte da prendere in considerazione) bisogna che un “polo politico terzo” sappia trasferire e stendere un piano-programma di azioni pratiche per il singolo cittadino e per singole filiere produttive e per categorie sociali e civili agiate e vulnerabili.

L’ennesimo politichese e frasi inutili con i congiuntivi al posto giusto o sbagliato come spesso capita di assistere anche nei giorni scorsi con le dichiarazioni pubbliche di ministri del Governo Draghi, non aiutano a far tornare a votare e sono la dimostrazione lampante che “uno” può fare molto, ma il “gruppo” può fare molto di più sia in positivo che in danni.

Per questo che “correre da solo” (come qualcuno dei “più noti” sopracitati dice quasi creando un ulteriore baratro verso gli altri) non vuol dire superare il 3%, inteso non tanto come peso partitico, quanto piuttosto un peso programmatico. Andare da solo dubito che serva al Bel Paese. 

Giampietro Comolli