di Ruggero Morghen



Pia Dusi è una ricercatrice attenta e scrupolosa che, in vari interventi pubblicati su “Garda Notizie”, si è occupata del Viaggio in Italia di Goethe, raccontando che nella cittadina di Malcesine, “prima località veneziana sulla sponda orientale del lago”, l’autore del Faust sospettato d’essere una spia giurò, per cavarsi d’impaccio, di non essere un suddito dell’imperatore in quanto cittadino della città libera di Francoforte sul Meno, dove era nato. Nel sentire il nome di quel centro tedesco – racconta la Dusi – qualcuno chiamò un certo Gregorio, che aveva lavorato per diverso tempo in quella città.

Ed eccolo davanti a Goethe quest’uomo sulla cinquantina, che gli si rivolge con fare benevolo raccontandogli d’aver prestato servizio proprio a Francoforte in casa Bolongaro e dicendosi felice di avere notizie di quella famiglia e della città, “che ricordava con piacere”. I due s’intrattengono a parlare all’ombra del castello melsineo “elegantemente posto a specchio dell’acqua”, che era stato la fonte del malinteso spionistico (Goethe lo stava disegnando), e nel loro dialogo vi è posto anche per i fratelli Bolongaro, molto probabilmente conosciuti dallo scrittore.

Ma altri fantasmi, oltre a Goethe e a mastro Gregorio, popolano la cittadina gardesana. Come quello del Picalof. Bisognava attraversarlo tutto – ricorda Massimo Casella - senza mettere i piedi a terra, appoggiando la schiena al muro e le gambe sul muro della casa di fronte. Il vicolo Picalof è indicato da taluno come la via più stretta d’Europa. Poi c’è la villa costruita dal conte Brenzoni, che per un certo periodo ospitò il signor Giarola, uno dei personaggi più influenti di Malcesine durante il ventennio fascista. E il cineteatro Marconi, inaugurato nel 1946, che attirava gente dai paesi limitrofi tanto che da Castelletto, Brenzone e persino Torri del Benaco si organizzavano delle corriere per venire agli spettacoli che vi si svolgevano. Il babbo di Flavio Romani fu il primo operatore, poi subentrò Pino Furioli detto Patata. “Quanti film ci ho visto” dice Bruna Beltrame, mentre Giuliana Bertolasio ci andava da bambina. “Eravamo giovani” rimpiange Eliana Pifferi. 

“Vi sono luoghi in paese – scrive Massimo Casella in “El nòs Paés”: un tuffo nel passato di un paese che abbiamo nel cuore. Racconti e aneddoti di Malcesine”, opuscolo stampato dalle Arti grafiche Longo – che solo ai nostri occhi aprono la strada al ricordo di una vita di paese che ci manca”. E può essere “un angolo, una casa, una panchina, oppure una voce”. L’amico Cristian De Massari, che disperatamente cerca questo opuscolo per scoprire cose della sua Malcesine che ancora non conosce e rivivere invece aspetti già noti e vissuti, mi invita a non trascurare – in questa veloce ricognizione di fantasmi melsinei – la figura di Felice Bensi, ricordata a Cassone. Medaglia d’oro dell’aviazione, Bensi fu uno dei famosi “Atlantici”, avendo partecipato nel 1931 alla prima trasvolata atlantica, quella capitanata da Italo Balbo.

Stefano Testa, poi, riporta a galla un altro nome e un’altra storia. “Quella che fino a poco fa – rivela - sembrava una figura dimenticata, una pittrice straniera che sparì all’improvviso, è oggi riconosciuta come Elli Heimann, artista e testimone silenziosa di un’epoca tragica”. Il quadro incompiuto da lei lasciato a Malcesine non è solo un’opera d’arte – fa notar Testa - ma la testimonianza viva di una fuga, di un trauma, di una storia che, grazie alla ricerca negli archivi storici, “ha finalmente ritrovato identità e voce”.