di Ruggero Morghen
Patrick Urru, il presidente dell’associazione professionale che raggruppa i bibliotecari trentini e, vabbé, altoatesini, ha preso carta e penna – scrivendo all’assessore all’istruzione, cultura, per i giovani e per le pari opportunità, Francesca Gerosa e, già che c’era, all’assessora alle politiche sociali, casa e partecipazione, Giulia Casonato - per protestare contro la ventilata chiusura della biblioteca della Fondazione intitolata all’indimenticato professor Franco Demarchi. Presidiata da Rolando Iiriti, la biblioteca ha sede a Trento nella centralissima piazza di Santa Maria Maggiore, ricca di ricordi storici, architettonici ed ecclesiali (il Concilio di Trento, i Focolarini col battesimo della Lubich...), ma oggi sfregiata – anche in questi giorni - dall’incuria e dal disordine urbano.
“La chiusura di una biblioteca – afferma con decisione Urru - rappresenta sempre una perdita per la comunità scientifica e per il territorio. Le biblioteche infatti non sono soltanto depositi di libri, ma presìdi culturali e strumenti di formazione permanente. In un momento storico in cui la conoscenza e l’accesso alle risorse informative sono cruciali, riteniamo necessario – Urru parla a nome dell’AIB - avviare un confronto con le istituzioni per garantire che il patrimonio bibliografico venga tutelato e valorizzato, evitando dispersioni e promuovendo forme di cooperazione con il Sistema bibliotecario trentino”. A preoccupare sarebbe specialmente l’ipotesi di una “distribuzione” dei fondi senza un piano condiviso, come pure l’idea di destinare parte delle raccolte alla biblioteca della casa circondariale. “Ma queste collezioni – si afferma - rispondono a bisogni specifici dell’utenza detenuta e non possono sostituire l’accesso scientifico e professionale che fondi specialistici come quelli della Fondazione assicurano alla comunità accademica e agli operatori del territorio”.
Contro la chiusura s’è schierato con una lettera aperta pubblicata dalla stampa locale anche l’amico Stefano Tomasino, un bibliotecario appartato ma di grande cultura (nel campo della critica letteraria, per dire, si ritiene vicino alle posizioni della Scuola di Ginevra), mentre l’ex senatore Renzo Gubert, padre nobile e forse dominus della piccola ma tenace DC trentina, non ha fatto mancare la propria voce sul tema.
Eccola. Non si parla mica di pizza e fichi, ma della biblioteca forse più ricca e completa in materia in Italia. “È pur vero che la formazione dell’assistente sociale è stata integrata in quella universitaria, ma non ha perso la sua specificità, che la distingue da sociologia, e non solo nella configurazione assunta a Trento. Una biblioteca specializzata e aggiornata, partendo dagli alti livelli già raggiunti, è un arricchimento che pare poco saggio disperdere. La Fondazione ha compiti di educazione permanente e di ricerca in campo sociale: la presenza di una biblioteca che mantenga il suo alto livello nel campo del servizio sociale, di rilievo anche per i corsi universitari, è uno stimolo per mantenere alto anche il livello dell'educazione permanente e della ricerca sul lavoro sociale”.
Del resto il sociologo trentino don Franco Demarchi (1921-2004), autore di “Paradigmatica ed assiomatica in sociologia” (1975) e “Società e spazio” (1969), che ricordiamo anche per la sua collaborazione al “Popolo” negli anni Settanta, ha sempre coniugato formazione sociale dei trentini e ricerca sul campo e non è un caso se professori del suo gruppo sono stati e sono tuttora impegnati nelle attività della Fondazione che porta il suo nome.



























