Chiuse le urne, analisi e commenti si moltiplicano, evidenziando questo o quel risultato: le Destre avanzano, i Verdi e i Liberali arretrano, il Centro che sostiene la von der Layen regge e addirittura cresce. Solo la Borsa ne ha sofferto e scende la quotazione dell’euro rispetto al dollaro.
A me sembra che queste elezioni abbiano dato una grossa scossa al sistema europeo. Niente di grave, ma tutti i governi nazionali sono in crisi, ad eccezione di Polonia e Italia.
Ciò fa si che il tradizionale asse franco-tedesco si sia indebolito assai.
In Francia Macron con uno scatto d’orgoglio, ha detto ai Francesi: “Preferite la La Pen a me in Europa? Vediamo se la pensate così anche per la Francia”. Scioglie il Parlamento e indice nuove elezioni. Forse ce la farà, forse no, ma in questo momento il premier francese è debole, un uccellaccio con le ali spezzate.
In Germania vincono le destre, ma Scholz non reagisce come Macron. Fa finta di niente: il governo federale è una cosa e l’Europa un’altra. Qualcuno specula sulle antiche rivalità intertedesche (Sassonia, Baviera, Paesi ex anseatici), ma il Cancelliere resta in sella. È ammaccato anche lui, come Macron, ma spera di superare questo brutto momento senza la prova d’appello delle elezioni nazionali.
Emerge la Meloni, con 14 seggi in più e saldissima al governo, come l’unico leader europeo di taglia che, al momento, veleggia sul continente europeo, forte di più di due milioni e mezzo di voti personali. Per lei è un momento storico: in Europa è l’unico grande leader che ha vinto e si accinge a presiedere il G7 che le darà una grande visibilità sul piano mondiale. Una piccola Merkel? Forse, ma è presto per dirlo. Lo vedremo nei prossimi mesi. Come diversità italiana non è male e le prospettive sono interessanti.
Certo, i successi della Meloni (e dell’Italia) sul piano internazionale non compensano una mediocre gestione, fra incertezze, debolezze ed errori, nella politica interna. La mancanza di soldi rende tutto più difficile. Chiunque fosse al governo sarebbe costretto a fare le stesse cose.
Anche l’ascesa del PD merita un commento favorevole per almeno due ragioni: l’impegno personale premiato della Schlein, che si è spesa duramente nella campagna elettorale, e la riduzione pressoché a zero del suo più pericoloso concorrente, il Movimento di 5Stelle.
Poi, il PD cresce di 5 seggi rispetto ai suoi confratelli in Europa. Anche questa è una diversità.
Ma la diversità italiana più clamorosa è sui Verdi. Quasi scompaiono in Europa (hanno perso 19 seggi!) mentre in Italia fanno un balzo fino ad oltre il 7% dei consensi. È ben vero che hanno tirato dentro le loro fila la “pasionaria” italiana incatenata a Budapest, Ilaria Salis, il che ha portato loro molti voti, ma i Verdi italiani o sono in ritardo sull’Europa o sono in anticipo, comunque controcorrente.
La polarizzazione politica si accentua. In fondo, significa chiarezza e meno ricatti. Ne hanno fatto le spese i Dioscuri della politica italiana, i gemelli nell’arroganza Renzi e Calenda. Sono rimasti al di sotto del 4%, una percentuale che, se si fossero uniti, avrebbe arricchito il panorama politico italiano. Le grandi idee hanno bisogno di consensi, non di autocertificazioni gratuite o di personalismi. Di Renzi non si fida nessuno, di Calenda non si capisce dove voglia andare.
Il Movimento 5Stelle è alle corde e rischia di tornare da dove è venuto: dal nulla. La iattanza dell’avvocato del popolo, l’ineffabile Conte, che voleva risucchiare il PD è finita al contrario. Due milioni di voti perduti pesano. La Schlein ha svuotato 5Stelle con buona pace di tutti quelli che ci hanno creduto. Non è una perdita, anzi.
Anche la Lega si è ridimensionata di molto rispetto alle precedenti elezioni europee. Ha perso ben 14 seggi e se non fosse stato per l’”indipendente” Vannacci sarebbe scesa ancora di più nei consensi. Salvini grida vittoria ma alla Lega stanno affilando i coltelli.
Bene Forza Italia per Tajani: un piccolo miracolo all’ombra del successo della Meloni.
Quello che non va bene, invece, nei negoziati confusi che stanno cominciando a Bruxelles, è l’Europa. Si profila una ripetizione del recente passato: niente voli d’aquila, forse un ripensamento sul green, nessuna idea ardita di rovesciare l’esistente per nuovi e più ambiziosi obiettivi: difesa comune, politica estera, unione fiscale e così via.
La Meloni, nella sua posizione attuale, potrebbe giocare un ruolo decisivo ma è difficile che lo faccia. Dipende da chi e da come sarà consigliata. Eppure, avrebbe la forza per imporsi.
In conclusione, tanto rumore per nulla?
I popoli europei hanno espresso tutte le loro preoccupazioni sull’avvenire. I nuovi eletti dovrebbero tenerne conto.
Stelio W. Venceslai