Il vocabolo “elezione” etimologicamente significa “scelta” (dal latino eligere, scegliere).

Il 25 settembre prossimo gli italiani – il popolo - sono chiamati a scegliere votando per il rinnovo dei membri delle due Camere del Parlamento della Repubblica: 400 deputati e 200 senatori.

Li sceglieranno fra candidati che sono già stati scelti dai partiti. Più precisamente dai “capi” dei partiti che sono in grado di presentare le rispettive “liste elettorali”.

Questo fatto, come chiunque comprende, costituisce un grave impedimento ad una scelta veramente libera. Il campo della scelta è molto ristretto. La candidatura è riservata a coloro che sono in particolari “relazioni di amicizia” coi capi dei partiti. E ciò vale per l’elettorato “attivo”, per i cittadini che devono scegliere, e anche per l’elettorato “passivo” per i cittadini che vorrebbero essere candidati.

In definitiva i capi dei partiti decidono, a loro insindacabile giudizio, chi andrà ad occupare i seggi del Parlamento.

Qualcuno potrebbe replicare all’obiezione sopra esposta dicendo: la scelta rimane comunque libera perché gli elettori potranno scegliere liberamente a quale partito dare il loro voto.

A questo proposito esporremo le seguenti considerazioni.

In base alla legge elettorale vigente dal 2017, giornalisticamente detta Rosatellum dal nome del suo primo proponente Ettore Rosato, l’elettore presentandosi al seggio troverà in mano una scheda leggendo la quale non sarà in grado, di capire a quale candidato andrà il suo voto.

Osserviamo.

La legge dispone che in un terzo dei seggi si voti col sistema maggioritario uninominale: il candidato che riceve anche un solo voto in più viene eletto e tutti gli altri sono eliminati.

Negli altri due terzi si vota col sistema proporzionale: ogni lista ottiene un numero di seggi in proporzione dei voti ricevuti.

Nota bene. I candidati in ciascuna lista ottengono il seggio non sulla base delle preferenze espresse dagli elettori (preferenze che la legge non prevede) ma in base all’ordine nel quale sono stati scritti i loro nomi sulla lista. Se la lista ottiene, ad esempio, 10 seggi vengono eletti i candidati in essa presenti nell’ordine da 1 a 10. Da tener presente che detto ordine è deciso dai partiti al momento della presentazione della lista stessa. (cosi detto listino bloccato). E anche sotto questo aspetto la libertà di scelta dell’elettore risulta pesantemente ridotta.

Occorre poi rilevare che la partita elettorale sarà giocata non tra liste che si presentano singolarmente ognuna col proprio nome e simbolo. La parte del leone la faranno le liste “di coalizione” dato che è più facile vincere nei collegi uninominali con più liste che indicano assieme il nome del candidato. Ottenendo così la vittoria nel seggio e nello stesso tempo aumentando il numero dei voti complessivi che poi andranno alla ripartizione nei seggi spettanti nella quota proporzionale.

Altro elemento che limita la libertà di scelta sta nel fatto che un elettore potrebbe, ad esempio, aver stima per il candidato di un collegio uninominale e lo voti volentieri senza però avere nessuna stima per uno o più degli altri candidati della medesima lista di coalizione. Oppure potrebbe avere stima per qualche altri candidati di un’altra coalizione ma non del candidato “uninominale” della stessa.

In sintesi, la legge impedisce all’elettore di scegliere i candidati per i quali ha più stima. E non mette l’elettore in condizione di sapere se il suo voto permetterà ai candidati che egli non stima di entrare in Parlamento.

Va poi tenuto presente che la legge Rosato pone una soglia di sbarramento del 3%. Quindi se per caso una lista si presentasse da sola (e non in coalizione) e non raggiungesse, anche per un solo voto, il 3% non otterrebbe nessun seggio. Quindi circa un milione e 600mila elettori rimangono potenzialmente privati dei loro diritto di voto.

Considerato quanto sopra, credo si debba concludere che il Rosatellum concede agli italiani una libertà molto ridotta nella scelta dei propri rappresentanti in Parlamento. I capi dei partiti attuali, sia di centro-destra che di centro-sinistra, hanno già scelto un bel numero di deputati e di senatori saltando la volontà dei cittadini.

A questo punto viene spontaneo ad alcune persone che hanno l’età di chi scrive (classe 1942) domandarsi: “Perché non si è continuato a votare con le leggi elettorali proporzionali, vigenti dal 1948 al 1992. Leggi che prevedevano una ripartizione dei seggi semplice semplice: ogni lista ottiene un numero di seggi in proporzione esatta al numero dei voti ricevuti? E per di più ogni elettore poteva esprimere fino a quattro preferenze sui nomi dei candidati presenti nelle singole liste? Non davano forse queste leggi una maggiore libertà di scelta agli elettori? Non erano queste leggi molto più coerenti con le norme della Costituzione? Il Rosatellum, limitando la libertà di scelta agli elettori, non è manifestamente incostituzionale?

Dopo essersi poste tali domande le stesse persone prendono atto degli effetti del Rosatellum a seguito delle elezioni che si sono svolte il 4 marzo 2018.

Queste elezioni hanno prodotto un funzionamento del Parlamento che non ha avuto nessuna corrispondenza con la volontà espressa dagli elettori (sia pure con tutte le limitazioni su illustrate).

Nessuno degli elettori infatti, per qualunque lista avesse votato, avrebbe voluto le acrobatiche alleanze per la formazione dei governi decise dai capi partito dopo il voto. Detto in estrema sintesi, nessuno degli elettori avrebbe voluto la formazione delle alleanze di governo che si sono succedute dal 2018 ad oggi: alleanze giallo-verdi, giallo-rosse, giallo-verdi-rosso-blu.

E ci fermeremo qui. Perché una narrazione delle stravaganze del Parlamento della XVIII Legislatura richiede un discorso che non può essere contenuto in un breve articolo. Un Parlamento che ha visto dominare, incontrastato e anzi incoraggiato dagli altri partiti, il MoVimento 5 Stelle. “Partito-non partito”, forte della sua maggioranza relativa del 33%. Un partito nato per demolire l’ordinamento costituzionale.

Resta in chi crede nella democrazia, la constatazione amara, che le elezioni del 25 settembre: I) non permetteranno agli elettori di scegliere liberamente i propri rappresentanti; II) il Parlamento sarà eletto in violazione della Costituzione; III) qualunque sia la coalizione che vincerà saranno i capi dei partiti attualmente in sella a decidere la formazione dei prossimi governi.

Il tutto in palese cintraddizione con quanto disposto dall’art. 48, 49, 51 della Costituzione.

 

Giorgio Pizzol