Il rapporto tra la fede e la creazione sono alla base di questo secondo capitolo in cui il Papa afferma che "nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio” (63).

Il Pontefice, infatti, è persuaso che “le convinzioni di fede offrano ai cristiani, e in parte anche ad altri credenti, motivazioni alte per prendersi cura della natura e dei fratelli e sorelle più fragili” (64).

E per affrontare il problema illustrato nel capitolo precedente Papa Francisco rilegge la Sacra Scrittura, offre una panoramica che proviene dalla tradizione giudaico-cristiana e richiama la "tremenda responsabilità" (90) dell'essere umano per quanto riguarda la creazione, l'intimo legame tra tutte le creature, e il fatto che "l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti" (95).

Nella Bibbia "il Dio che libera e salva è lo stesso che ha creato l’universo, e questi due modi di agire divini sono intimamente e indissolubilmente legati" (73). I racconti della creazione sono fondamentali per riflettere sul rapporto tra l'uomo e le altre creature, e su come il peccato rompe l'equilibrio di tutta la creazione nel suo complesso. "Questi racconti suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato."(66).

Pertanto, anche se "è vero che qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature" (67). L'essere umano è responsabile di «coltivare e custodire» il giardino del mondo” (cfr Gen 2,15)" (67), sapendo che "lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio" (83).

Che l'uomo non sia padrone dell'universo non significa "togliere all’essere umano quel valore peculiare” che “comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità” (90). In questa prospettiva "ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura  è contrario alla dignità umana”.  (92), ma "non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani"(91). La coscienza di una comunione universale perché creati dallo stesso Padre deve farci consapevoli che “noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile"(89).

Il Santo Padre Francesco conclude il capitolo additando il cuore e la certezza della rivelazione cristiana: il Gesù Terreno con la "sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo" è "risorto e glorioso, ed presente in tutto il creato con la sua signoria universale" (100).

Teofilo