di Ruggero Morghen
Il Centro di ricerche storiche di Rovigno, con sede nella centralissima piazza Matteotti al civico 13, prosegue la propria attività culturale editando, oltre al periodico “La Ricerca” (titolo programmatico, titolo impegnativo) giunto ormai all’87esimo numero, pubblicazioni monografiche su vari temi. Si va dall’antifascismo a Rovigno e nel Rovignese ai tradizionali canti liturgici e devozionali intonati in Istria. Opera postuma, quest’ultima, di Luigi Donorà, esule di Dignano e storico collaboratore del Centro, con cui s’intende “riaffermare il valore della memoria e della continuità culturale tra il mondo degl’esuli e quello dei rimasti”.
Il volume – informa Paola Delton – raccoglie ben 222 canti registrati dalla viva voce delle fedeli dignanesi a partire dagli anni Sessanta dello scorso secolo. “Il recupero dei tradizionali canti liturgici - osserva dal canto suo Luca Rossetto Casel - è stato possibile anche grazie alle particolari condizioni sociali dell’Istria, dove nel secondo dopoguerra la manifestazione della fede poteva essere ostacolata e quindi, suo malgrado, preservata dalle novità apportate dal Concilio Vaticano II, cristallizzandole”.
Anche il libro sull’antifascismo, opera del giornalista Luciano Giuricin, rovignese pursangue di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, viene pubblicato postumo. Tra i fondatori del Centro di ricerche storiche nel lontano (e fatidico) 1968, Giuricin non era storico di formazione e tuttavia – si osserva – vantava grande competenza ed esperienza storiografica. Nei confronti del movimento resistenziale rovignese era persino critico riconoscendovi almeno alcune “debolezze”.
Tra le attività cospicue del sodalizio istriano si segnala la recente visita ufficiale del nuovo vicesindaco di Rovigno, Gianfranca Šuran, accolta per l’occasione dal direttore del Centro Raul Marsetič. Il capitolo delle nuove accessioni mette invece in evidenza, tra gli altri, i testi fiumani dello scrittore Giovanni Comisso raccolti e curati dal giornalista Alessandro Gnocchi, che per essi ha scelto il titolo – polemico e sicuramente comissiano – di “Italia ingrata”. Analogo lavoro, ma per altro editore, Gnocchi aveva fatto con Keller, il “mio Guido” di dannunziana memoria, protagonista di primo piano dell’avventura fiumana e poi del mito che ne venne e che ancora – almeno in alcuni ambienti – perdura.