La Federazione russa intende instaurare un nuovo ordine politico ed economico nel mondo. Non è un’invenzione occidentale. È una dichiarazione di Putin che, conseguentemente, muove il gioco con i pezzi che ha a disposizione.

Arrivano in Ucraina dagli Stati Uniti aiuti e armamenti per complessivi due miliardi di dollari. Putin, dal canto suo, avvisa che ci saranno gravissime conseguenze. Attacchi aerei in territori Nato? Bombardamenti a tappeto sui territori di passaggio? Armi chimiche o biologiche? La scelta è varia e letale. Come potrebbero reagire gli Stati Uniti?

Nel frattempo, dalla Transnistria emergono eventi minacciosi. A Kaliningrad, l’enclave russa tra la Lituania e Polonia, ci sono già 64 testate nucleari puntate sull’Occidente. A quando una pseudo-provocazione moldava o lituana come spunto per una guerricciola nel Baltico o per spingersi versoi Odessa?

La situazione generale del conflitto si sta aggravando. Sono in gioco interessi strategici ben più grandi di quelli apparenti: il controllo del Baltico, dove è imbottigliata la flotta russa che naviga nelle rotte artiche e, più ancora, il confronto tra gli Usa e la Russia.

Il pianeta sta scivolando su un piano inclinato in fondo al quale c’è il baratro. Non c’è da farsi illusioni. Se l’offensiva russa nel Donbass non raggiungerà i suoi scopi finali, c’è da aspettarsi una triturazione dell’Ucraina tipo Siria.

Putin, alla tanto agognata sfilata del 9 maggio, anniversario di una terribile guerra vinta, se non potrà annunciare una qualunque vittoria, rischia di far sfilare le bare dei suoi soldati e dei suoi marinai. 

A fronte di questi problemi, i benpensanti pacifisti suggeriscono di abbassare i toni. Soprattutto, è chiaro, l’Ucraina non dovrebbe difendersi e, tanto meno, con le armi fornite dall’Occidente. Non sarebbe né corretto né cristiano. Dovrebbe aprire le porte a Putin, non rispondere a cannonate. Questo fa il gioco degli Stati Uniti, che da sempre sarebbero in agguato per umiliare la Russia.

I fautori del blocco delle forniture di armi dall’Occidente all’Ucraina hanno la memoria corta. Dimenticano le forniture di armi degli Alleati alla resistenza europea.

La vera tragedia è che qui non si tratta di un contrasto fra ideologie ma di una lotta per la supremazia mondiale. E l’Europa è fuori da queste ambizioni. Non sono in ballo solo l’indipendenza o la sovranità dell’Ucraina, ma la sopravvivenza del sistema democratico dell’intero Occidente, e questo è importante.

Una riflessione, tuttavia, è necessaria. Questa guerra che si sta combattendo è una guerra per procura sulla pelle dell’Ucraina. Quanto potrà durare?

Nessuno crede che la Russia potrà essere sconfitta. Esaurita, forse, ma non sconfitta. Quanto potrà resistere l’Ucraina? Nessuno crede che l’Ucraina potrà vincere. Anche un ritorno allo statu quo ante sembra difficile. In questa situazione il margine dei negoziati è molto ristretto, ma non è possibile rinunciare all’idea di una soluzione del conflitto.

L’ambiguità europea è una delle cause del protrarsi di questa crisi. L’Europa non ha interessi imperiali come gli Stati Uniti. Ha sposato la causa ucraina per una questione di principio. Aiuta l’Ucraina con gli armamenti e l’addestramento e, allo stesso tempo, finanzia le operazioni militari russe con i proventi del gas che acquistiamo dalla Russia. Una banale partita contabile, se non fosse che tutto l’Occidente sta pagando i danni provocati da questa guerra.

O l’Europa taglia le forniture di gas e si schiera definitivamente dalla parte dell’Ucraina e degli Stati Uniti, con tutte le conseguenze del caso, oppure, stando in bilico sul filo dell’ambiguità e delle convenienze, subisce tutti i danni di un mezzo intervento o di un non intervento, aspettando che la guerra finisca fino all’ultimo ucraino. E dopo?

La mancanza di una visione strategica è il punto dolente dell’Unione europea. La questione ucraina è importante dal punto di vista dei principi, ma davvero si è convinti che il quinto, o il sesto o il settimo pacchetto delle sanzioni siano una risposta sufficiente?

I veri comprimari sono fuori: gli Stati Uniti e la Cina (forse l’India) stanno a vedere il dissanguamento dei contendenti. Ma anche l’economia europea si sta dissanguando, senza fare nessuna guerra, ma subendone solo gli effetti.

Alla Cina può far comodo che il suo difficile vicino di Mosca si trovi in difficoltà evidenti. Agli Stati Uniti possono far comodo il ridimensionamento economico europeo e una Russia sfibrata da una guerra difficile. All’Europa non fa comodo nulla: si trova solo in una difficoltà che sembra insuperabile.

L’elezione di Macron alla guida della Francia solleva l’Europa da una preoccupazione notevole se avesse vinto Marie Le Pen. Macron ha fatto una campagna elettorale centrata sull’Europa e sulla convinzione (non per tutti i Francesi) che la Francia non è più l’ago della bilancia del mondo ma che solo in Europa e con l’Europa può esercitare una funzione importante di riequilibrio nel mondo.

Ben venga, se questo può portare a una vera politica estera europea. Come Presidente di turno dell’Unione ha fatto il possibile per negoziare con Putin e c’è da sperare che possa continuare su questa strada.

Lo stillicidio delle distruzioni e delle morti non conviene a nessuno, tantomeno alla Russia e all’Ucraina.

 

Stelio W. Venceslai